Come stiamo vivendo le nostre case in questi giorni di “quarantena”? Quali sono gli spazi che amiamo delle nostre case? Quali quelli che non avremmo proprio scelto che fossero così? Le consideriamo nostre alleate, la nostra terza pelle? O finiamo per sentirle come delle prigioni? Da qui l’idea di osservare le nostre case in questi giorni di quarantena, di studiare i diversi modi di “abitare le case”.
Tantissime riflessioni, domande e sforzi progettuali sono scaturite a partire dall’analisi di questa situazione attuale, che ci spinge a stare in casa 24h al giorno, quando prima le “abitavamo” poche ore al giorno, giusto il tempo di dormire, fare colazione e tornare la sera per mangiare (alcuni solo per dormire nuovamente).
Molti stanno affrontando da diversi punti di vista la casa, l’abitare e la quarantena e tra tutti anche il mondo dell’architettura! Da Domusweb che ha creato uno speciale ad hoc intitolato “Coronavirus e quarantena: come cambia la vita in quarantena“, alle varie testate giornalistiche, a studenti di architettura del Politecnico di Milano dove è nato il laboratorio Quarantined house-lives. A biography…di cui faccio parte come tutor (qui se volete approfondire) e poi ancora sfide di architettura come Quarantine Archi Challenge.
Modi di abitare: tre progettiste “green”
Sui modi di “abitare le case” in questi giorni di quarantena, ha iniziato a interrogarsi anche lo studio di architettura Archingreen, fondato dall’arch. Emanuela Cacopardo e ing. Roberta Tredici, che stimo molto e che ho avuto occasione di conoscere di persona visitando una casa di paglia progettata da loro (qui l’articolo).
Mi racconta Emanuela: “L’idea è nata da un gioco abbastanza spontaneo, ovvero catturare con il cellulare momenti di quotidianità in cui ci stiamo trovando a usare la casa in modi che mai avremmo immaginato (in questo i bambini sono spunti inesauribili). Però le riflessioni sono andate anche oltre: quali aspetti del nostro appartamento ci stanno aiutando a soddisfare tutte le esigenze che stanno emergendo, e quali invece rappresentano dei limiti? E quali limiti possiamo reinterpretare traducendoli in virtù?
E così ci siamo sentite (con una videochiamata a distanza!) e abbiamo pensato di affrontare questa “ricerca” e questa “osservazione” insieme. A partire dalle nostre case, piene di bambini! Ma chiedendo anche ai nostri amici, colleghi, familiari o studenti di condividere con noi i loro modi di “abitare la casa”. Le loro strategie, la loro capacità di adattarsi agli spazi della casa e la capacità della casa di adattarsi a loro.
Restiamo a casa ma “viviamo” la casa
Tutti (o quasi) a casa in questi giorni, nel pieno rispetto del celebre #iorestoacasa, stiamo facendo i conti con le caratteristiche delle nostre residenze, spesso pensate e, in alcuni casi, strapagate, per essere bellissime dimore dove tornare a casa la sera o dove ospitare gli amici durante le serate dei weekend.
Che si tratti di case recenti o di qualche decennio fa, è innegabile che siamo da sempre abituati a vivere le nostre abitazioni solo in determinate fasce orarie, mattina e sera nella media, e nonostante passiamo la maggior parte del nostro tempo chiusi all’interno di qualche edificio (80-90% delle giornate, nei Paesi definiti “sviluppati” da un punto di vista economico), generalmente non si tratta di casa nostra.
Spesso i parametri di giudizio nei confronti di una residenza si limitavano alla ricerca del bello e presentabile agli occhi degli altri. A volte abbiamo sacrificato la personalizzazione dei nostri spazi per rispondere alla domanda: cosa fa tendenza?
A questo aggiungiamo l’approccio ancora oggi estremamente funzionale di noi progettisti al disegno degli spazi abitativi. Le visioni di Le Corbusier e Walter Gropius, maestri dell’architettura del primo ‘900, hanno portato a guardare alla casa come a una macchina per abitare, pensata in termini di superfici minime abitabili e rapporti aeroilluminanti, in risposta alla normativa e agli Existenz Minimum.
Di sicuro il funzionalismo è stato un passo importante per l’architettura ma se non ci si focalizza sulle necessità dei suoi “abitanti”, c’è il rischio che la casa non sia più in funzione dell’uomo ma l’uomo in funzione della casa. Abitare non è solo un aspetto funzionale. E sta venendo fuori ora che non usiamo più le nostre case come semplici dormitori, ma le viviamo incessantemente e in modo intensivo.
Progettiste di case in quarantena
E’ giusto che noi professionisti ci facciamo delle domande e prendiamo il più possibile spunti, da questo periodo di permanenza forzata, su quali dovrebbero essere i nuovi modelli abitativi. Cos’è Casa? Cos’è abitare? In che modo casa nostra rispecchia le nostre esigenze abitative? Come abitiamo ora e come vorremmo “abitare le case” in cui viviamo?
Il benessere dell’individuo nel luogo in cui vive dovrebbe essere l’obiettivo prioritario di noi progettisti.
Con Emanuela e Roberta condividiamo alcuni obiettivi. Da qualche anno ci concentriamo sull’uso di materiali naturali nei nostri progetti, convinte che il benessere e il comfort dipendano dalla qualità dell’aria indoor e quindi dalla salubrità delle nostre abitazioni. Io principalmente nelle ristrutturazioni, loro anche in nuove costruzioni!
Quello che ci accomuna è la stessa visione rispetto a un costruire sostenibile e un confronto, avvenuto qualche giorno fa, proprio rispetto a tutti questi temi: esigenza di una sostenibilità non solo delle scelte tecnologiche ma anche del concept progettuale.
Abitare le case in quarantena
In questo momento più di altri tutte e tre vestiamo contemporaneamente i panni di progettiste, donne, madri, alle prese con famiglie chiuse in casa, e riteniamo stimolante farci delle domande su quali siano i bisogni abitativi emergenti ora, e come gli spazi a nostra disposizione possano rispondere a questi. La casa è per tutti noi diventata un set sul quale vanno in scena gli eventi più disparati, dalle lezioni online, all’educazione motoria, ai laboratori creativi. Stiamo scoprendo che le case si possono adattare alle nostre esigenze e, perché no, anche agli stati d’animo. Sta diventando un gioco individuare le molteplici possibilità che possono offrire un soggiorno o un corridoio, o gli elementi di arredo, ma per giocare dobbiamo uscire dagli schemi ai quali siamo stati da sempre abituati. Ora di sicuro non serve a nessuno che il soggiorno sia in perfetto ordine.
…
E’ nata così l’idea di catturare e condividere alcuni di questi momenti in cui la casa si trasforma in un set, perché dalla catalogazione di questi emergeranno molti spunti preziosi per ripensare le case di domani.
Non restiamo a casa, ma viviamo la casa, perché nel gioco dei set stiamo scoprendo che il tempo trascorso nelle nostre abitazioni non è solo una questione di quantità ma principalmente di qualità.
Allora rivolgiamo a tutti queste domande: La tua casa è veramente per te? Che modifiche stai attuando per renderla tua?
A cura di Chiara Baravalle con Emanuela Cacopardo e Roberta Tredici (Archingreen)
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