La maggior parte delle persone che compra casa è consapevole che dovrà ristrutturarla. Acquistare e ristrutturare è un’operazione ormai diffusa.
Infatti il patrimonio edilizio italiano è ormai abbastanza datato, oltre l’80% delle case ha più di trent’anni. E non è mai stata ristrutturata.
Ma un’operazione del genere raddoppia le difficoltà per chi la affronta.
Se devi acquistare e ristrutturare in questo articolo ti farò vedere quali sono gli aspetti su cui devi concentrarti e come non prendere degli abbagli.
Mi capita spesso di parlare con persone che stanno per acquistare una casa da ristrutturare. E sono arrivato alla conclusione che tutti affrontano questo passo senza sapere bene in cosa si stanno avventurando. Come soldati mandati al fronte allo sbaraglio.
C’è chi non ne vuole sapere di agenzie immobiliari convinto che “ma perché devo dare il 3% all’agenzia che non fa nulla”…sottostimando in modo pericoloso la complessità del mercato immobiliare.
C’è chi invece si affida ciecamente alle agenzie immobiliari, senza sapere che (purtroppo) la maggior parte delle agenzie immobiliari non svolge bene il proprio lavoro. Che come quello di noi tecnici è di tutela dei propri clienti (nel suo caso due clienti: chi vende e chi compra).
Le persone infatti pensano (giustamente) che siano le agenzie immobiliari a doversi occupare di verificare che l’immobile sia in regola prima di metterlo sul mercato.
E allo stesso modo (stavolta sbagliando) pensano che le agenzie siano anche in grado di dare le giuste indicazioni sulla ristrutturazione che dovranno fare.
Ma la realtà è che la maggior parte delle agenzie immobiliari non esegue nemmeno le più basilari verifiche urbanistiche sull’immobile, finendo per mettere in vendita immobili con gravi abusi.
E allo stesso modo non è in grado di dare corrette informazioni sulle ristrutturazioni (o preferisce non farlo).
Spesso mi viene riferito di agenti che dichiarano cifre per ristrutturare nettamente al di sotto dei reali costi di mercato.
Certo, ognuno fa il suo gioco…è più facile venderti una casa se sai che dovrai spendere pochi soldi per ristrutturarla.
Ma tu devi avere le informazioni giuste per decidere se acquistare o meno un immobile. E un costo realistico di ristrutturazione è un parametro fondamentale…
Quindi se stai per comprare una casa da ristrutturare, ecco le tre cose su cui devi focalizzare la tua attenzione:
Da chi stai acquistando (il proprietario o degli intermediari)
La conformità della casa che stai acquistando
La fattibilità e i costi dei lavori di ristrutturazione
In questo articolo ti darò delle regole chiare per aiutarti a non commettere errori. Partendo da una riflessione su come cercare gli immobili da acquistare.
DOVE TROVI UN IMMOBILE DA ACQUISTARE? AGENZIA O INTERNET
Ho appena espresso un’opinione poco lusinghiera sulle agenzie immobiliari. Ma nonostante ciò affidarsi a loro, e lasciar perdere il fai da te, in caso di compravendita è l’unica via da seguire.
Perché comunque le agenzie immobiliari fanno un lavoro prezioso, che non si limita a mettere in contatto compratori e venditori.
Invece c’è una cosa di cui puoi andare sicuro: i venditori non dicono mai tutta la verità sul proprio immobile.
Nemmeno alle agenzie immobiliari e alle volte nemmeno ai notai…
Cercano di tacere i problemi dei loro immobili a meno che non vengono messi alle strette: a partire da eventuali abusi fino a problemi “tecnici” tipo infiltrazioni, danni o lavori condominiali da pagare.
Chi fa così ignora che poi tutto quello taciuto potrebbe ritorcerglisi contro anche dopo molti anni (c’è un’ampia giurisprudenza di atti annullati o risarcimenti a carico di venditori).
Anche per questo un’agenzia immobiliare in grado di scremare le case invendibili da quelle vendibili è fondamentale.
Lo so che l’idea di risparmiarsi il 3% di commissione sul costo della casa è allettante, ma il gioco non vale la candela.
Un po’ come per le imprese “chiavi in mano”, 9 volte su 10 può andare tutto liscio…ma quella volta che va male sono dolori. E non puoi sapere se capita a te.
Il fai da te potrebbe costarti molto di più in problemi da risolvere o cause legali dopo l’acquisto.
Ad ogni modo la presenza di un’agenzia immobiliare non ti esonera dal fare tutto il possibile per tutelarti.
Vediamo quindi quali sono le verifiche che devi fare e i documenti che devi pretendere dal venditore quando decidi di acquistare una casa da ristrutturare.
COSA VA FATTO PER NON PRENDERE FREGATURE: GUIDA COMPLETA ALL’ACQUISTO E RISTRUTTURAZIONE DI UNA CASA
Come dicevamo sono due le cose su cui devi concentrati quando cerchi una casa da acquistare e ristrutturare:
la verifica della conformità urbanistica ed edilizia dell’immobile;
la fattibilità e il costo della ristrutturazione.
In realtà ce ne sarebbe anche una terza: cioè devi cercare di sapere tutto il possibile sull’immobile in cui si trova l’appartamento che ti interessa.
Spendiamo qualche parola su tutti questi aspetti.
1. Verifica urbanistica/catastale immobile
Questo è il tasto dolente della quasi totalità degli immobili italiani.
Abusi più o meno gravi sono diffusi in modo capillare.
Dalla semplice parete spostata per allargare il bagno a veri e propri ampliamenti abusivi (ad esempio le verande…).
E il problema è che spesso i proprietari di casa che hanno fatto gli abusi non ne sono consapevoli.
Recentemente mi è capitato di dover fare un progetto in una casa che era stata condonata.
I proprietari, nel lontano 1980, avevano fatto un ampliamento abusivo. E grazie al condono del 1985 sono riusciti a mettere tutto in regola.
Ero convinto fosse tutto a posto, ma quando vado a verificare gli ambienti interni scopro che la divisione era completamente diversa dalla pianta depositata in Comune.
Si trattava comunque di un abuso non grave. Ma quando l’ho detto ai proprietari sono caduti dalle nuvole: erano convinti che potessero fare tutte le modifiche che volevano dentro casa senza dover fare pratiche edilizie.
E come loro lo sono la maggior parte delle persone in Italia.
Per questo verificare la conformità edilizia e catastale dell’immobile prima di fare un’offerta è importante.
Perché se scopri degli abusi dopo che hai acquistato hai poche alternative:
Chiedi l’annullamento dell’atto in caso di abuso insanabile
Sistemi tutto a tue spese e chiedi al vecchio proprietario di rimborsarti queste spese
Sistemi tutto a tue spese e non riesci ad ottenere nessun rimborso
Ti tieni l’abuso.
È inutile che ti dica come le opzioni più diffuse sono le ultime due.
Certo, se poi ti ritrovi nel primo caso…sai che possono venire a demolirti casa, o un pezzo di casa, in qualsiasi momento.
Spero di averti spaventato abbastanza in merito all’importanza della conformità degli immobili.
Adesso vediamo in cosa consistono queste verifiche e chi le deve fare.
Verifica di conformità urbanistica
In soldoni questa verifica accerta che la casa, o l’appartamento, come è nella realtà dei fatti corrisponde a come è negli atti depositati in comune.
Questi atti sono il permesso di costruire (o licenza edilizia) e tutte le modifiche fatte nel corso degli anni con altri procedimenti edilizi (DIA, SCIA, CILA).
Ponendola in modo banale: la pianta depositata in Comune deve corrispondere alla pianta reale.
Ma considera questa affermazione un’estrema semplificazione delle cose.
Ci sarebbero mille altre cose da dire in proposito, a partire da quali atti fanno realmente fede per stabilire lo “stato legittimo” dell’immobile.
E non è una cosa di cui tu puoi pretendere di avere la competenza. E nemmeno di verificare da solo.
Anche perché le verifiche andrebbero estese anche alla conformità di strutture ed impianti.
Non è uno scherzo.
Verifica di conformità catastale
Questa è più semplice da fare rispetto alla verifica urbanistica…ed è quella di cui di solito si accontentano agenzie immobiliari e notai.
Cioè si tratta di verificare che la piantina catastale e lo stato reale della casa coincidano.
Però attenzione ad un aspetto: ciò che conta sono gli atti presenti al Comune, non quelli del catasto.
Una piantina catastale non può attestare la conformità edilizia di un immobile. In gergo si dice che le planimetrie catastali non sono probatorie. Cioè non provano nulla.
Se la piantina catastale è uguale allo stato reale della casa ma la pianta depositata in Comune è diversa…c’è un abuso.
E ti assicuro che capita spesso che la planimetria catastale sia conforme mentre non lo sia quella del Comune: in passato (e ancora oggi) molte persone pensavano fosse sufficiente cambiare la planimetria catastale come conseguenza di una ristrutturazione.
Purtroppo è falso.
Quindi la piantina catastale deve essere conforme sia allo stato dei luoghi che agli atti depositati al Comune.
Chi fa la verifica urbanistico/catastale?
La verifica di conformità urbanistico-catastale è una relazione. E ti dico subito che non è una relazione obbligatoria per legge da allegare alle compravendite.
Si tratta solo di uno strumento di tutela per l’acquirente. (E in parte anche per il venditore…).
In fondo chi vorrebbe comprare una casa con degli abusi?
Detto ciò farla non è banale.
Bisogna come prima cosa fare il rilievo dell’immobile. Poi bisogna rintracciare tutte le pratiche edilizie, anche con accessi agli atti presso gli archivi comunali. E infine bisogna confrontare le cose.
Si tratta di un lavoro che può fare solo un tecnico. Anche perché interpretare le pratiche edilizie non è banale.
E naturalmente questa cosa ha un costo. Che non è irrisorio perché il tecnico che prepara la relazione assevera quello che scrive. E se assevera qualcosa di falso ne risponde personalmente e penalmente.
Una relazione di conformità urbanistica non dovrebbe mai costare meno di 1.500€. A salire a seconda della complessità del caso.
So che in giro ci sono professionisti che svendono questo servizio per poche centinaia di euro. Ognuno è libero di fare come meglio crede ma sulla veridicità di una relazione fatta per pochi euro non ci metterei la mano sul fuoco.
Chi la paga?
Questa domanda, se fossimo in uno Stato civile non avrebbe senso di esistere: naturalmente deve pagarla il venditore. Cioè l’attuale proprietario di casa.
Dovrebbe essere suo interesse non rifilare una sòla al compratore.
E poi una volta fatta vale per tutte le visite che verranno fatte all’immobile.
Però siamo in Italia e molti proprietari di casa si rifiutano di farla. Anzi, direi quasi tutti. Tanto un fesso che compra casa senza interessarsi della conformità lo trovano…
Di certo che sia la persona interessata all’acquisto a doverla pagare è assurdo: chi spenderebbe migliaia di euro per rischiare di venire a sapere che la casa a cui è interessato ha degli abusi e quindi non può comprarla?
E poi cosa dovrebbe fare questa persona interessata a comprarsi una casa: pagare una relazione di conformità per ogni immobile che visita?
Alla fine spenderebbe più di relazioni di conformità che per l’acquisto della casa…
Se fossi in te eviterei di prendere in considerazione immobili che non hanno una relazione di conformità urbanistica.
Lo so che così ti ritroverai a scartare il 90% degli immobili…però non averla è pur sempre un rischio.
2. Visura ipotecaria immobile
La visura ipotecaria di un immobile è come la sua carta di identità.
Pensa se acquisti una casa e dopo qualche anno sbuca fuori una persona che, atti alla mano, accampa diritti sulla casa che hai pagato a caro prezzo?
Sembra una situazione assurda ed inverosimile…ma non lo è.
L’atto di proprietà non è sufficiente per stabilire con certezza se l’immobile che ti interessa è di proprietà della persona che lo sta vendendo.
Lo so, sembra una supercazzola però è così.
Come sai gli immobili spesso passano di padre in figlio per questioni ereditarie. E ci potrebbero essere eredi che potrebbero vantare diritti sull’immobile che stai comprando.
Ma non solo: ci potrebbero essere ipoteche sull’immobile non chiuse, e quindi potrebbe presentarsi una banca o addirittura Equitalia a richiedere la casa che hai acquistato spendendo centinaia di migliaia di euro.
Quando acquisti una casa devi essere sicuro che il venditore abbia tutti i diritti sull’immobile e che nessun altro abbia diritti di nessun tipo sullo stesso immobile.
Questo si fa con una visura ipotecaria.
La possono fare tutti perché gli atti sugli immobili sono pubblici. Quindi puoi farla anche tu autonomamente.
Però spezziamo una lancia a favore delle Agenzie Immobiliari: su questo sono mediamente preparate.
In fondo non devono chiedere il permesso al proprietario di casa per farla e costa relativamente poco (qualche decina di euro).
Si richiede agli Uffici di pubblicità immobiliare (prima chiamate Conservatorie del registro immobiliare) e consente di conoscere, oltre al reale proprietario dell’immobile, se ci sono ad esempio contestazioni sulla proprietà dell’immobile, se ci sono ipoteche di qualsiasi natura (giudiziarie, legali o per mutui), se ci sono pignoramenti, se ci sono servitù di qualsiasi tipo (la più comune è la servitù di passaggio per i terreni senza sbocco su strada pubblica).
Tutte notizie che immagino vorresti sapere prima di comprare una casa…
3. Informati sull’edificio in cui si trova l’appartamento
Naturalmente questo vale se stai per acquistare una casa in condominio…
Sono varie le verifiche che dovrebbero essere fatte sull’edificio in cui si trova l’appartamento che ti interessa:
Verifica urbanistica
Lavori fatti/in corso d’opera/futuri
Problematiche note
Verifica urbanistica
Ti starai chiedendo “che c’entra la verifica urbanistica se ho già quella dell’appartamento?”
Hai ragione…ma dalla verifica dell’appartamento emerge se l’appartamento è in regola o meno.
Però ci possono essere abusi nell’edificio che esulano da quelli del singolo appartamento.
Ad esempio mi è capitato di trovare edifici con piani interi non presenti nei progetti depositati presso gli archivi comunali.
Oppure con torrini scale in copertura che si sono trasformati in mega attici.
Lo scopo della verifica urbanistica sull’edificio non è andare casa per casa a rompere le scatole alla gente per vedere se hanno fatto abusi.
In ogni edificio ci sono abusi di vario genere e quelli dentro le singole proprietà non ti interessano.
Quello che deve emergere dalla verifica urbanistica dell’edificio sono i macro-abusi:
Piani non dichiarati
Ampliamenti non dichiarati
Prospetti differenti
Devi conoscere queste cose non tanto perché la casa che stai per acquistare possa avere qualche tipo di problema se ci sono…ma perché prima o poi qualche ente potrebbe svegliarsi e dire al condominio “sistemate tutto”. E chiaramente saranno i condòmini a pagare…(quindi anche tu)
Oppure, se il condominio vuole fare lavori sull’edificio, devi sapere che non potete sfruttare le detrazioni fiscali perché la “conformità urbanistica” è un requisito indispensabile per accedervi.
E se decidete comunque di tentare la fortuna e chiedere le detrazioni fiscali anche in presenza di abusi…devi sapere che potrebbero venire a richiedertele con gli interessi.
Spesso le informazioni sulla conformità dell’edificio vengono inserite dentro le relazioni di conformità fatte per il singolo appartamento.
Nel caso non ci fossero…chiedi spiegazioni e non dare per scontato che sia tutto a posto.
Lavori
Il proprietario deve dirti se in passato l’edificio ha subito lavori di ristrutturazione, se sono stati già appaltati dei lavori, o se sono in corso di discussione altri lavori.
Chiaramente per i lavori passati non puoi pretendere che il proprietario sia la memoria storica del condominio, però alcune indicazioni dovrebbe essere in grado di dartele.
A te serve saperlo per avere quante più informazioni possibili sull’edificio.
Ad esempio, se hanno già fatto il cappotto non è il caso di essere informato?
Lo stesso vale per lavori in corso d’opera o già appaltati, oppure per lavori di cui si sta discutendo nelle assemblee condominiali.
In questi ultimi casi ti serve per sapere se dovrai sostenere delle spese aggiuntive in futuro.
E se il proprietario non sa darti una mano, c’è sempre l’amministratore, che dovrebbe sapere vita, morte e miracoli dell’edificio.
Problematiche ricorrenti
Scoprire le problematiche dell’edificio in cui si trova l’appartamento che ti interessa è difficile, se non abiti già al suo interno.
L’attuale proprietario potrebbe esserti di aiuto, ma difficilmente verrà a dirti cose che potrebbero farti desistere dall’acquisto.
E anche se chiami un tecnico di tua fiducia a dare un’occhiata, sarà difficile che riesca a darti una mano concreta.
Molte cose sono nascoste e si possono sapere solo vivendo dentro l’edificio.
Una situazione che mi capita spesso di riscontrare è la mancanza dello sfiato in copertura della colonna fecale e di un pozzetto sifonato alla sua base.
I problemi derivanti sono che i bagni puzzano e che dalla colonna fecale potrebbero arrivare rumori come rombi di motore.
Ma finché non vivi nel palazzo non lo puoi sapere…(a meno che non vai sul tetto a controllare…)
Questo è un esempio, ma potrebbero essercene molti altri come infiltrazioni, cantine che si allagano, etc…
Come fare a scoprirli?
Devi chiedere…al portiere, al proprietario, a qualche inquilino che incontri per le scale, all’amministratore, all’agente immobiliare…
Non è semplice, però è utile.
4. Come valutare i lavori da fare
Siamo arrivati alla parte che probabilmente ti interessa di più.
Cioè in questa casa che vuoi comprare…quanto ti costerebbe fare i lavori di ristrutturazione?
Ritengo impossibile, oltre che bugiardo, darti dei prezzi come se fossimo al mercato. Prima di arrivare alla stima dei lavori da fare sono necessari un rilievo e un progetto.
In ogni caso cerchiamo di darci alcuni criteri che possano esserti di aiuto.
La prima cosa che devi stabilire sono, a grandi linee, i lavori da fare.
Certo, durante un sopralluogo riesci a concentrarti soprattutto sull’estetica della casa…difficilmente ti metti a guardare gli impianti…anche perché immagino che tu non abbia grandi competenze in merito.
Ma siccome non credo tu sia uno sprovveduto, immagino non sarà difficile per te intuire molte cose.
Quello che devi guardare durante il sopralluogo sono:
Distribuzione interna
Bagni
Cucina
Impianto elettrico
Impianto di riscaldamento
Infissi
Cosa di queste cose non va? Cosa è da rifare secondo te?
Io ti do i miei soliti consigli alla buona. Quelli che ho ripetuto in tanti articoli.
Posto che la distribuzione interna è una cosa personale (ma raramente ho trovato case con più di vent’anni avere una distribuzione interna decente), per tutto il resto diamo una regola:
Qualsiasi impianto che abbia più di 30 anni deve essere rifatto.
La stessa cosa vale per gli infissi.
Non ti parlo di porte interne, pavimenti e pitturazioni, perché si tratta di finiture legate a gusti personali.
Potrebbero benissimo piacerti pavimenti in piastrelle coi fiori degli anni ’70, mentre a me viene l’orticaria solo a guardarle…
Certo se l’impianto del bagno è vecchio dovrai buttarle quelle vecchie piastrelle…ma questo è un altro discorso.
Detto tutto ciò, una volta individuati alla buona gli interventi da fare, quanto ti costa farli?
Se chiedi all’attuale proprietario di casa ti dirà “la casa è in ottime condizioni, non ci sono lavori da fare”.
Se chiedi all’agente immobiliare ti dirà “c’è qualche lavoretto da fare ma la casa è stata ristrutturata da poco, non ci deve spendere molto”.
Se chiedi ad un’impresa, che furbescamente hai portato al sopralluogo per farti dare un consiglio, la risposta che ti darà è standard. Senza nemmeno guardare i lavori da fare e senza chiederti le tue aspettative, moltiplicherà la superficie indicativa della casa per una cifra variabile tra 300 e 500 €/mq e ti darà la risposta.
Se invece dell’impresa ti sei portato un tecnico al sopralluogo, potrebbe darti la stessa risposta dell’impresa, o più probabilmente raddoppiare o triplicare la cifra.
A chi credere?
Se ti interessa fare una stima non dico precisa ma molto vicina alla realtà in modo autonomo, basandoti su prezzi medi di ristrutturazione a seconda della tipologia di opere da eseguire, nel mio manuale “Ristruttura la tua casa in 7 passi” trovi tutte le indicazioni necessarie per farlo.
In ogni caso ti voglio dare una indicazione di massima anche qui.
Quello che devi fare, per non trovarti in difficoltà, è metterti nell’ottica peggiore, cioè quella in cui spendi di più.
E quindi in cui devi ristrutturare tutto quanto.
(Che poi ti assicuro che è la cosa da fare per la quasi totalità delle case.)
In quest’ottica una ristrutturazione completa costa almeno 800 €/mq.
Più iva e solo di lavori. Cioè opere edili, impiantistiche e finiture (piastrelle, infissi, porte, sanitari, pitturazioni…).
A questa cifra devi aggiungere il costo del tecnico (obbligatorio in ristrutturazioni complete) e quello degli arredi.
E ti sottolineo che stiamo parlando di almeno.
Non sono cifre che mi sono inventato ma che puoi trovare anche in alcune statistiche.
E questo con buona pace di chi spaccia ristrutturazioni a 249 €/mq o a 500 €/mq.
Se ti sembra troppo e “a questo punto me la costruivo nuova la casa”, tieni presente una cosa.
Costruire una nuova casa mediamente costa, di soli lavori, 1.500€/mq.
Di questa cifra circa 1/3 sono i costi delle strutture, quindi 500€/mq.
Rimangono 1.000€/mq per tutte le altre opere edili (muri, massetti, pavimenti, infissi, etc.) e impiantistiche.
Quando ristrutturi completamente una casa, l’unica cosa che non tocchi sono appunto le strutture, che già esistono. Oltre al muro di tamponamento esterno (anche se in un appartamento mi è capitato di rifare anche buona parte di questo muro).
Quindi come costi ci troviamo. Anzi, con 800€/mq sono stato anche un po’ basso.
Naturalmente stiamo parlando di una ristrutturazione di qualità buona, sia a livello di impianti che di finiture. Di quelle che non danno problemi a partire dal giorno dopo la sua conclusione.
Lo so che ti aspettavi molto di meno e come te lo aspettano tutti.
E sei libero di credere a chi dice che con 15.000€ si ristruttura tutta casa.
Però, giusto per darti una statistica, negli ultimi due anni il 55% delle persone che ha ristrutturato casa, ha sforato il budget preventivato.
E il 30% di queste persone l’ha sforato di più del 25%.
(fonte Houzz – 2020)
Ristrutturare casa ha un costo che prescinde da quello che tu ritieni giusto.
Quindi se devi farti i conti per acquistare e ristrutturare, è meglio che te li fai bene.
TRE PRINCIPI INVIOLABILI PER CHI ACQUISTA E RISTRUTTURA CASA
L’articolo è stato lungo e spero di averti dato alcune indicazioni utili.
Sarebbe stato possibile approfondire ancora di più, ma non è questo il posto.
Vorrei chiudere riassumendo i tre principi che devono guidarti nell’acquisto di una casa da ristrutturare:
La casa deve essere in regola. Niente abusi
Valuta attentamente anche l’edificio in cui si trova l’appartamento
I costi di ristrutturazione vanno stimati per eccesso
Se sarai fermo su questi principi non avrai sorprese col tuo acquisto.
Se invece vuoi approfondire veramente come pianificare e gestire la ristrutturazione della casa che acquisterai c’è il manuale “Ristruttura la tua casa in 7 passi”.
Al suo interno trovi il processo amministrativo-edilizio corretto per ristrutturare casa.
L’unico corretto e che non trovi spiegato da nessuna parte.
La pratica di sovrapporre un nuovo pavimento su quello esistente ormai è molto diffusa nelle ristrutturazioni.
Ma questa scelta è meno banale di quello che può apparire…
In questo articolo voglio dirti quali sono i costi, gli aspetti da tenere in considerazione e i compromessi a cui dovrai scendere se installi un pavimento sovrapposto.
La sovrapposizione del pavimento è una soluzione sempre più diffusa perché i proprietari di casa sono convinti, grazie a questa soluzione, di risparmiare somme importanti sui costi di ristrutturazione.
Questa convinzione di base è vera, anche se in molti casi non è affatto così.
In compenso sovrapporre un pavimento nuovo ad uno esistente comporta alcune problematiche tecniche e pratiche di cui ogni persona che si accinge a farlo deve essere a conoscenza.
Queste problematiche sono spesso date per scontate dai professionisti del settore, quindi raramente i clienti finali vengono informati.
Nei prossimi paragrafi non ti dirò tutto quello che trovi negli altri articoli…ma ti dirò tutto quello che non ti dice nessuno:
Costi
Problematiche
Compromessi
Io stesso sono stato un professionista che per anni non ha dato le giuste informazioni in merito. Con questo articolo espio le mie colpe.
COME SI INSTALLA UN PAVIMENTO SOVRAPPOSTO?
Qualsiasi cosa ti dirò nel resto dell’articolo sarebbe incomprensibile se prima non chiarissimo quali sono le modalità di installazione di un pavimento sovrapposto. Che sono due:
Incollaggio
Posa flottante
La prima metodologia non è molto diversa da quella di posa di un normale pavimento: si incolla il nuovo pavimento su quello preesistente.
La seconda metodologia invece non prevede un fissaggio meccanico del pavimento ma semplicemente appoggiarlo sopra il pavimento esistente.
In questo caso, per fare in modo che il tutto non si muova, è necessario che il pavimento si comporti come se fosse un unico pezzo. Quindi è impossibile farlo con le piastrelle.
Pertanto questa tipologia di posa può essere usata con pavimenti in legno e in laminato (guarda la mia guida al pavimento in legno per approfondire).
IL motivo è che il legno e il laminato sono formati da assi con una “maschiatura” che consente di incastrarle tra di loro.
In questo modo si riesce a creare un piano di grosse dimensioni che si comporta come un oggetto unico. Quindi può essere semplicemente appoggiato sul pavimento sottostante.
Ci sono solo due accorgimenti da prendere per la posa flottante con laminato:
bisogna inserire un materassino sottostante, con funzione acustica, di isolamento e di ripartizione dei carichi;
su superfici molto grandi è necessario inserire dei “giunti di dilatazione”.
Questi sono dei listelli che interrompono la pavimentazione. Sono necessari poiché, proprio perché il pavimento in laminato si comporta come un “pezzo unico”, si dilata e si contrae come un pezzo unico.
Se non ci fossero questi giunti che consentono proprio tale dilatazione, il pavimento si alzerebbe in alcuni punti.
I COSTI DI UN PAVIMENTO SOVRAPPOSTO
Sono vari i motivi per cui le persone scelgono di installare un pavimento sovrapposto. I principali sono due:
Evitare opere edili invasive
Abbattere i costi
Il primo punto ha oggettivamente senso solo nel caso in cui si decida di montare un pavimento sovrapposto senza ristrutturare casa.
Infatti durante una ristrutturazione ci sono già opere edili e la casa deve essere sgombra…quindi avere opere edili invasive non è un problema.
Il secondo punto invece merita una riflessione a parte.
Spesso si crede che il costo sia solo quello di posa in opera, invece in molti casi non è così. Ci sono alcuni aspetti tecnici vanno ad influire sul costo finale di posa in opera dei pavimenti sovrapposti.
E te li voglio mostrare.
Lo faremo paragonando i costi di sostituzione di un pavimento con metodo classico, con quelli di sovrapposizione.
A tal proposito voglio chiarire un paio di punti.
Io vivo e lavoro a Salerno, quindi ho esperienza del mercato di questa zona…i costi a Milano potrebbero essere totalmente diversi (e lo sono). Lo stesso vale per le altre parti di Italia.
Quindi dai il giusto peso a quello che leggerai.
Inoltre considera che questi sono i costi di mercato, fatti da imprese che lavorano bene…non sono il cugino economico tuttofare…
Infine ipotizzeremo per fissi dei parametri che in realtà sono molto variabili:
lo spessore del pavimento+massetto esistenti supponiamo sia di circa 8cm;
le piastrelle che installiamo sono di qualità media e di dimensione indicativa 60x60cm.
Lavorazioni e costi nel caso di sostituzione della pavimentazione
Se togli il vecchio pavimento e ne metti uno nuovo hai questi costi:
Rimozione e smaltimento pavimento e massetto sottostante – circa 25 €/mq
Nuovo tappetino fonoisolante (occhio che questo non lo considera quasi nessuno ma è obbligatorio per legge…) – circa 8 €/mq
Nuovo massetto – circa 20 €/mq
Fornitura di nuovo pavimento – 35 €/mq (variabile a seconda di materiale e formato)
Posa in opera di nuovo pavimento – 35 €/mq (variabile a seconda di formato e materiale)
Totale: 123 €/mq
Lavorazioni e costi nel caso di sovrapposizione della pavimentazione con posa incollata
Se sovrapponi un pavimento in ceramica (gres porcellanato, monocottura….puoi vedere la guida al pavimento in gres per capirne di più), quindi incolli il pavimento hai i seguenti costi
Autolivellante (parziale o totale a seconda delle dimensioni della piastrella) per raccordare le differenze di quota – circa 8 €/mq
Fornitura di nuovo pavimento – 35 €/mq
Posa in opera di nuovo pavimento – 35 €/mq
Considerando che solitamente l’autolivellante è necessario su circa il 25% della superfice totale, possiamo dire che la sua incidenza reale al mq è di 2€.
Totale: 72 €/mq
Lavorazioni e costi nel caso di sovrapposizione della pavimentazione con posa flottante
Se metti un pavimento in laminato (il laminato di cui ti ho parlato nella guida al pavimento in legno) e lo sovrapponi con la posa “flottante”, hai i seguenti costi:
Tappetino di posa – 4 €/mq
Fornitura di nuovo pavimento (laminato economico) – 15 €/mq
Posa in opera di nuovo pavimento – 15 €/mq
Totale: 34 €/mq
(Nb: ci sarebbe anche il costo dei giunti di dilatazione…ma ha un’incidenza bassa sul costo finale e non lo consideriamo)
Attenzione: qui ho considerato un laminato economico…se metti un pavimento in legno prefinito puoi spendere quattro o cinque volte tanto (se non di più).
Ma posare in modo flottante un pavimento di pregio non ha senso…
Riassumendo, da una prima analisi è vero che spendi molto meno sovrapponendo un nuovo pavimento ad uno esistente.
Ma aggiungiamo alcune variabili che non vengono mai considerate.
Variabile 1 – le porte e i balconi
Se devi ristrutturare casa probabilmente cambierai anche le porte interne e magari anche i balconi (porte-finestre)…
In questo caso dovrai fare opere di muratura, sostituire i controtelai…e quindi non è un problema.
ma se invece decidi di tenere le vecchie porte e i vecchi balconi?
Probabilmente dovrai tagliare o adattare (leggi: alzare) le vecchie porte.
Questo lavoro costa almeno 40€ a porta. Tranne che per il portoncino di ingresso che può costarti fino a 200€.
Per i balconi, se sei fortunato e hanno una soglia alta, non devi fare niente (il pavimento sovrapposto va a battere contro la soglia).
Se invece sono senza soglia (cosa comune fino agli anni ’60) devi intervenire anche qui. Il costo a balcone potrebbe aggirarsi attorno agli 80€.
Variabile 2 – gli impianti
Abbiamo detto che con la sovrapposizione del pavimento non devi togliere né il pavimento né il massetto esistenti. E questo è un bel risparmio…
Ma veramente non devi togliere neanche una piccola parte del vecchio pavimento?
Se stai solo mettendo un nuovo pavimento senza ristrutturare casa può anche essere vero…ma se stai ristrutturando realmente casa (quindi sposti muri e rifai gli impianti) la situazione cambia.
Le tubazioni di impianti idrici ed elettrici solitamente passano a terra, sotto i massetti.
Quindi dovrai far eseguire quelli che vengono chiamati “tagli a sezione obbligata” nella pavimentazione. Sono delle grandi tracce in cui viene tolto pavimento e massetto proprio per alloggiare i nuovi impianti.
Solitamente, quando rifai gli impianti, questi “tagli a sezione obbligata” occupano tra il 15% e il 20% della pavimentazione della casa.
C’è un problema però: il taglio a sezione obbligata è molto più costoso della normale demolizione di pavimento e massetto.
Si utilizzano delle seghe apposite e ci vuole molto più tempo.
Quindi la demolizione e lo smaltimento con taglio a sezione obbligata ha un’incidenza superiore rispetto alla demolizione e smaltimento di un intero massetto.
In un cantiere che ho chiuso recentemente il costo di questa operazione è stato di circa 65 €/mq.
A ciò devi aggiungere il massetto per riempire queste tracce, che abbiamo visto avere un costo di circa 25 €/mq.
Totale 90 €/mq.
Però non ti spaventare…facciamo le dovute proporzioni…
…abbiamo detto che generalmente questi tagli a sezione obbligata possono incidere per circa il 20% della superficie complessiva, quindi in una sovrapposizione di pavimento l’incidenza è per circa 90/4 = 22,5 €/mq.
Quindi rifacciamo i conti. In caso di rifacimento di impianti, il costo al metro quadro di sovrapposizione del pavimento sale a:
72 + 22,5 = 94,5 €/mq se incolli un pavimento in ceramica/legno;
34 + 22,5 = 56,5 €/mq se posi un pavimento flottante.
Siamo ancora molto sotto il costo di sostituzione del pavimento. Però se nella tua ristrutturazione l’incidenza dei tagli a sezione obbligata è maggiore del 20%…considera l’opportunità di rimuovere tutto il massetto e fare una normale sostituzione di pavimento.
Purtroppo prima di iniziare i lavori si possono fare delle stime di queste quantità, ipotizzando i percorsi delle tubazioni…ma in cantiere potrebbe cambiare tutto quanto.
Solo questa possibilità mi farebbe propendere decisamente per la sostituzione del pavimento piuttosto che per la sovrapposizione.
Vorrei evidenziarti come ci sia un’alternativa per non fare i tagli a sezione obbligata: far passare gli impianti in alto, nelle murature (sconsigliato) o in controsoffitti (meglio).
Vale sia per l’impianto idrico che elettrico.
Nel 2019 ho ristrutturato completamente una casa (rimuovendo anche il massetto…) facendo passare tutti gli impianti a controsoffitto.
Chiaramente far passare gli impianti a controsoffitto ha un costo…quello del controsoffitto.
Quindi si risparmia il “taglio a sezione obbligata” ma si paga il controsoffitto.
Un controsoffitto costa circa 30 €/mq. Se hai già intenzione di fare molti controsoffitti, e hai gli spazi a disposizione, puoi valutare questa soluzione.
Però considera che vanno rispettate le altezze minime degli ambienti: 270cm in camere, soggiorni, cucine, e 240cm in bagni, corridoi, ripostigli.
E poi un impianto fatto a controsoffitto ti costerà un po’ di più (tubi più lunghi e maggiori difficoltà di esecuzione).
Variabile 3 – Massetto autolivellante su tutta la superficie
Prima ti ho detto che generalmente l’autolivellante è sufficiente su circa un quarto della superficie complessiva del pavimento esistente.
Ma questa cosa non vale sempre.
Chiariamo prima un punto: cioè cos’è e a cosa serve l’autolivellante.
L’autolivellante è un massetto cementizio a bassissimo spessore, circa 1,5mm (millimetri) che viene utilizzato per raccordare le differenze di pendenza o per stabilizzare porzioni di pavimentazione.
Infatti quasi sempre i pavimenti su cui ci si va a sovrapporre hanno questi due problemi:
Non sono perfettamente stabili
Non sono perfettamente in piano
Quando un tecnico o un posatore verrà a fare un sopralluogo saranno proprio questi due gli aspetti su cui si concentrerà.
Il pavimento è stabile?
Un problema frequente è che il pavimento su cui ci si va a sovrapporre non è stabile. Cioè le piastrelle sono in parte sollevate, in parte staccate dal fondo…e non va bene.
Se si sovrapponesse un pavimento su questo fondo, si staccherebbe subito.
In questo caso bisogna rimuovere tutte le piastrelle non stabili e riempire i buchi.
Il pavimento è in piano?
Ti rispondo senza nessun dubbio: no.
Il pavimento nelle case (soprattutto quelle realizzate fino agli anni ottanta del secolo scorso) non è mai in piano.
Non fraintendermi: non è che hai le stanze in pendenza.
Ma tra una stanza e l’altra, soprattutto vicino ai muri, dei dislivelli ci sono. Sempre.
“Cosa me ne frega?” dirai tu…
Niente fino a quando non modifichi la distribuzione interna della casa. Ma una ristrutturazione che si rispetti prevede sempre delle modifiche alla distribuzione interna.
In questo caso ti ritrovi con differenze di quota che, se va bene, sono di pochi millimetri, se va male arrivano a 2-3 cm.
In entrambi questi casi, se vuoi sovrapporre un pavimento incollandolo, serve un massetto autolivellante.
Per esperienza ti posso dire che generalmente l’autolivellante è sufficiente su circa il 25% della superficie.
Però ci sono dei casi in cui diventa indispensabile su tutta la superficie della casa.
E mi è capitato proprio recentemente.
In un cantiere in cui, nonostante le mie perplessità, il cliente aveva deciso di sovrapporre un nuovo pavimento su quello esistente, avevamo ipotizzato di installare piastrelle in gres porcellanato a basso spessore (dello spessore ne parleremo a breve) di dimensione 60x60cm.
Quando andiamo a sceglierle il cliente si innamora di piastrelle grandi il doppio: 60x120cm.
Con piastrelle così grandi, per garantire che la posa non dia problemi, il fondo deve essere non solo perfettamente stabile…ma anche uniforme.
Il rischio sarebbe che col tempo le dilatazioni di formati così grandi facciano staccare le piastrelle.
Quindi è stato necessario estendere il massetto autolivellante a tutta la superficie della casa.
Quindi gli 8€/mq di cui ti parlavo prima, non sono stati relativi solo ad un quarto della superficie.
In questo caso (cioè con incollaggio) il costo di posa in opera diventa di 78 €/mq (invece di 72).
Attenzione: in caso di posa flottante non si pone il problema perché il tappetino è già previsto per tutta la superficie.
Riassunto dei costi
Abbiamo dato tanti numeri…riepiloghiamoli.
Ti ribadisco la premessa: sono costi parametrici suscettibili ad ampie variazioni per varie cause. I prezzi sono iva esclusa e sono per la lavorazione completa di tutto.
Caso 0: rifacimento pavimentazione – costo 123 €/mq
Questo è il nostro riferimento di base.
Vediamo i costi di sovrapposizione.
Caso 1: sovrapposizione pavimentazione con incollaggio – costo 72 €/mq
Caso 2: sovrapposizione pavimentazione con incollaggio e utilizzo piastrelle grandi dimensioni – costo 78 €/mq(NB: qui aumenterà anche il costo di posa in opera e fornitura, non considerati in questa stima)
Caso 3: sovrapposizione pavimentazione con incollaggio e rifacimento impianti – 94,5 €/mq
Caso 4: sovrapposizione pavimentazione con posa flottante – costo 34 €/mq
Caso 5: sovrapposizione pavimentazione con posa flottante e rifacimento impianti – 56,5 €/mq
Una precisazione per gli ultimi due casi: il costo del pavimento è quello di un laminato economico e il costo della posa in opera è relativo a tale pavimento. Se si applicassero gli stessi materiali al caso 0 (cioè quello base di rifacimento della pavimentazione) il costo complessivo scenderebbe di 40€/mq, diventando 88€/mq.
Quindi è fuori di dubbio: sovrapporre un pavimento ad uno esistente è economicamente conveniente.
Ma abbiamo già visto alcune problematiche:
Convenienza in caso di rifacimento degli impianti
Stabilità della base
Planarità
Nel prossimo paragrafo vorrei sottolineare altre controindicazioni.
Niente di eclatante…ma è giusto che tu le conosca e che le metta sul piatto della bilancia quando fai questa scelta.
LE CONTROINDICAZIONI DI UN PAVIMENTO SOVRAPPOSTO
Le controindicazioni sono di tipo tecnico, che limitano la scelta dei materiali, e di tipo pratico, relative a condizioni che dovrai accettare.
Non tutte le piastrelle vanno bene
Se decidi di incollare una piastrella sul vecchio pavimento devi tenere in considerazione il peso e gli spessori.
Non fraintendermi: non è che una piastrella pesa talmente tanto da mettere a repentaglio la tenuta del tuo solaio.
Personalmente però non adoro caricare ulteriormente solai di cui non conosco per certo la resistenza meccanica.
Il consiglio è quindi quello di utilizzare piastrelle sottili.
Se una piastrella normale è alta circa 1,5cm, una piastrella in sovrapposizione dovrebbe essere spessa tra 0,5cm e 1 cm massimo.
Occhio anche al formato però.
Se fino a pochi anni fa 60x60cm era considerato un formato enorme…ora è la base.
Formati di 120x120cm stanno diventando la norma…
Piastrelle così grandi e sottili però hanno un problema: tendono ad ingobbirsi leggermente al centro.
Il motivo è che la cottura delle piastrelle crea delle tensioni al loro interno, e il basso spessore non riesce a controbilanciare completamente tali tensioni (occhio per i professionisti: l’ho descritta in modo molto maccheronico…).
Si tratta di una cosa quasi impercettibile, e che non ti darà problemi estetici di sorta. Ma di cui devi tenere conto in fase di scelta.
Non pretendere un pavimento perfettamente in piano
L’abbiamo detto prima: i pavimenti esistenti hanno dei piccoli dislivelli, soprattutto tra una stanza e l’altra.
Questi dislivelli si manifesteranno in modo evidente se abbatti muri.
Quindi tali dislivelli dovranno essere raccordati.
Abbiamo detto che si fa con il massetto autolivellante.
Ma in ogni caso i dislivelli non scompariranno e le piastrelle incollate (ma anche il laminato flottante) lo riporteranno fedelmente.
Mi è capitato di entrare in case in cui si sentiva sotto i piedi che il pavimento saliva e scendeva.
Però anche dove non si sente sotto i piedi, la presenza di questo dislivello può portare a delle conseguenze.
Ti faccio tre esempi presi dal cantiere in cui ho dovuto mettere l’autolivellante sotto tutta la pavimentazione.
Esempio 1: spifferi sotto la porta
Una sera il proprietario di casa mi telefona dicendomi:
“Alessandro, sotto il portoncino di ingresso c’è oltre un centimetro di spazio quando è chiuso. Com’è possibile?”
La risposta era che, poiché il pavimento è stato sovrapposto, e non era perfettamente in piano, è stato necessario sollevare leggermente la porta per evitare che, da aperta, strisciasse contro il pavimento.
“Ma allora mi devo tenere gli spifferi dal pianerottolo a vita?”
La risposta naturalmente è no: tutti i nuovi portoncini hanno uno spazzolino nella parte bassa che scende quando la porta è in posizione di chiusura. Proprio per non far passare gli spifferi. Semplicemente non era stato sbloccato.
Esempio 2: porta storta
Un altro giorno mi chiama dicendomi:
“Alessandro, la porta rasomuro mi pare storta…vedo un po’ più di spazio da un lato rispetto all’altro” (si parla di meno di mezzo millimetro in 2 metri di altezza…una cosa impercettibile)
Il motivo è lo stesso: pavimento storto e necessità di non far strisciare la porta sul pavimento. La porta sembra storta ma non lo è.
Esempio 3: controsoffitto storto
Infine, in un’altra chiamata:
“Alessandro, ho misurato il controsoffitto e c’è una differenza di mezzo centimetro tra una parte e l’altra della stanza”
(Lo so…sembra assurdo ma aveva misurato il controsoffitto…)
Indovina qual è il motivo?
Il pavimento non è perfettamente in piano a causa dei dislivelli e quindi misurando il controsoffitto da terra ci sono differenze di quota…ma il controsoffitto era perfettamente dritto…
Questo per dirti che con un pavimento sovrapposto ci possono essere a cascata piccoli difetti che in realtà difetti non sono.
La stessa cosa potrebbe dirsi anche per gli arredi.
Sempre nella stessa casa il cliente ha installato la cucina nuova e quando apriva lo sportello della lavastoviglie lo zoccolino sottostante si staccava.
L’artigiano ha detto al cliente: “eh ma la colpa è del pavimento che è storto!”
Aveva ragione (si parla di 2mm di dislivello in quel caso…) ma è bastato tagliare leggermente lo zoccolino per sistemare il problema.
Se il pavimento è flottante…occhio al giunto di dilatazione
A me non piacciono i pavimenti flottanti perché, per prevenire sollevamenti del pavimento, bisogna inserire i giunti di dilatazione.
Se il parquettista è bravo riesce a metterli sotto le porte…ma se gli spazi sono molto grandi (gli open space che si usano da parecchi decenni ormai) non c’è alternativa: avrai un bel giunto in mezzo al salone.
Non il massimo…
Inoltre questi pavimenti hanno una sorta di elasticità verticale che dà l’impressione di camminare in modo precario.
È una sensazione strana, che personalmente non mi piace. Da un pavimento pretendo stabilità e il flottante non mi da questa sensazione.
Ma a parte questo, il risultato è che alle volte questi pavimenti scricchiolano. Come nelle vecchie case.
A me non piace…a te?
LO VUOI ANCORA UN PAVIMENTO SOVRAPPOSTO?
Quello che penso io dei pavimenti sovrapposti penso che sia chiaro.
Non mi piacciono e li sconsiglio sempre.
Anche se li ho fatti installare.
Capisco che alle volte siano soluzioni scelte per motivi contingenti (pochi soldi), ma hai letto che il risparmio non è sempre così palese.
Adesso hai tutti gli strumenti necessari per farti due conti.
Certo, se devi ristrutturare casa, il pavimento rappresenta una piccola parte della spesa che dovrai sostenere.
E va pianificata insieme a tutti gli altri lavori da fare…qui hai potuto leggere alcuni spunti su come una scelta (il pavimento flottante) possa incidere su altre scelte (impianti, porte, infissi, etc.).
Tu hai una visione chiara della tua ristrutturazione e un piano di azione da seguire?
La pianificazione della ristrutturazione è una parte fondamentale in cui un proprietario di casa solitamente è solo.
Ho scritto un libro per tutti i proprietari di casa che devono ristrutturare, in cui ho messo in chiaro tutti i passi da fare e come farli per non commettere errori.
La pianificazione è uno dei passaggi fondamentali di questi passi.
Scegliere il pavimento è importante, ma solo dopo aver inserito questo passaggio in un corretto processo di ristrutturazione che parte dall’analisi dei reali problemi della casa.
Questo è pianificare e non ti spiega nessuno come farlo.
Se invece non sei interessato puoi sempre scaricare gratuitamente i capitoli 2 e 3 del libro in cui ti parlo dei problemi da evitare, che mettono in difficoltà i proprietari con la loro ristrutturazione ogni giorno.
“Architetto, per l’impianto di riscaldamento facciamo caldaia a gas e termosifoni vero?”
Questa è una delle frasi che mi sento dire più spesso dai clienti e dagli idraulici.
Ma questa non è quasi mai la soluzione migliore e più efficiente per la tua ristrutturazione.
In questo articolo scoprirai quali sono le principali tipologie di impianti di riscaldamento che puoi installare nella tua ristrutturazione. I loro pro e i loro contro.
Milioni di installazioni fatte nel corso di decenni hanno generato una delle credenze più difficili da sradicare quando si ristruttura (e si costruisce) una casa: che il binomio caldaia a gas + termosifoni sia l’unica soluzione possibile per realizzare l’impianto di riscaldamento.
Spesso chi affronta una ristrutturazione parte da una situazione in cui c’è già un impianto di questo tipo esistente. E ritiene di risparmiare magari recuperando i vecchi termosifoni o utilizzando le vecchie tubazioni (cosa che spesso in corso d’opera si rivela impossibile o non conveniente). Quindi parte già con pregiudizi difficili da scalfire.
Guai a proporre riscaldamenti a pavimento “perché costa troppo” o soluzioni elettriche perché “ma sei pazzo? E se poi salta la corrente? Chissà che bollette poi…”
La realtà è che se l’impianto caldaia+termosifoni è ancora quello più diffuso, non è detto che sia la soluzione più efficiente per rispondere alle tue esigenze di riscaldamento.
Prima di procedere come un treno devi provare a prendere in considerazione anche tutto quello che le moderne tecnologie possono offrirti.
Non sono uno di quelli che sentenziano: “caldaia a gas e termosifoni è un impianto obsoleto”.
Ma il mio scopo, quando progetto la tua ristrutturazione, è trovare la migliore soluzione impiantistica per riscaldare (e anche raffrescare) in modo efficiente, adatta al tuo immobile e che risponda alle tue esigenze di benessere.
In questo articolo voglio darti una panoramica dei sistemi di riscaldamento più diffusi e che possono essere utilizzati in modo efficace nella ristrutturazione di case e appartamenti (anche in condominio).
Non sarà un articolo pieno di tecnicismi (che poi non sarei nemmeno in grado in questo ambito). E non ti voglio convincere ad installare un impianto piuttosto che un altro.
Non è il mio lavoro e non ci guadagnerei nulla.
Il mio unico scopo è farti riflettere su una scelta così importante per la tua ristrutturazione. Non solo dal punto di vista economico ma anche della salute.
L’articolo sarà diviso in due parti:
Vedremo come è fatto un impianto di riscaldamento. Non importa la tipologia…tutti sono composti dagli stessi identici elementi di base.
Vedremo come gli elementi di un impianto si combinano per definire le principali tipologie di impianti di riscaldamento da installare in case e appartamenti.
E alla fine faremo qualche riflessione su come devi muoverti nella scelta del tuo nuovo impianto di riscaldamento.
PARTE 1: COME È FATTO UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO?
Qualche anno fa in rete girava il meme di un commento scritto in qualche gruppo facebook di complottisti che diceva più o meno così:
“oggi ho aperto la valvola di un termosifone e sapete cosa ho scoperto? Dal foro usciva acqua e non metano! Questi ci fanno pagare carissimo il metano e poi in realtà ci stanno dando acqua!”
Come progettista do per scontato quale sia il funzionamento di base di un qualsiasi impianto di riscaldamento. E commetto l’errore di dare per scontato che anche le persone con cui ne parlo lo sappiano.
Ma non è così.
Quello qui sopra è un caso limite, però penso sia utile chiarire quali sono gli elementi basilari di cui è composto un impianto di riscaldamento.
Quello che diremo vale per tutti gli impianti e ci tornerà utile nella seconda parte, quando li approfondiremo uno per uno.
L’elenco che leggerai qui sotto non pretende di essere esaustivo. Ogni impianto prevede uno o più sottosistemi obbligatori o facoltativi. Però questi quattro elementi ci sono sempre:
Il generatore di calore
Il fluido vettore
Il sistema di distribuzione
I Terminali
Riassumendo il funzionamento di un impianto-tipo di riscaldamento:
il generatore di calore (che è la caldaia) utilizza una fonte energetica (tipo il metano) per riscaldare un fluido vettore (ad esempio acqua) che viene messo in circolo attraverso un sistema di distribuzione (una rete di tubazioni) a cui sono collegati i terminali (ad esempio i termosifoni) che cedono il calore del fluido all’ambiente.
Produco caldo, sposto caldo, distribuisco caldo.
Semplice e consolidato.
Già gli antichi romani avevano inventato un sistema di riscaldamento chiamato ipocausto, ed usato principalmente nelle terme, che sfruttava questi quattro passaggi.
Da allora però la tecnologia si è evoluta e i problemi, che all’epoca erano solo non morire di freddo in inverno, sono cambiati.
Ora vogliamo regolare le temperature secondo le nostre esigenze, vogliamo una casa riscaldata uniformemente, una casa salubre.
Poi non c’è più solo l’esigenza di riscaldare in inverno ma anche di raffrescare in estate.
E poi c’è l’esigenza di non svenarsi per pagare bollette salatissime.
E poi ci sono anche esigenze sociali. Sulla terra siamo 7 miliardi e scaldare tutti gli immobili esistenti ha un costo ecologico, sia come consumo di fonti energetiche che come inquinamento. Quindi c’è l’esigenza di non sprecare inutilmente energia e di non inquinare. Si chiama efficienza, ed è un parametro reso obbligatorio dalle normative.
Per capire le tipologie e caratteristiche degli impianti di riscaldamento più diffusi, di cui parleremo nella seconda parte, devi avere prima qualche informazione sui 4 elementi di base che abbiamo appena elencato.
1. I generatori di calore
Quando parliamo di generatori di calore la prima associazione che viene automatica alla maggior parte delle persone è la classica caldaia a gas.
Ed effettivamente è la tipologia di generatore ancora più diffusa, almeno in Italia.
Il generatore è quell’elemento dell’impianto che ha lo scopo di trasformare una fonte di energia primaria in calore, con il quale scaldare il fluido termovettore diretto ai terminali.
Quindi per classificare le caldaie sono due gli elementi fondamentali da considerare:
Quale fonte di energia primaria utilizza
Quale fluido termovettore scalda
Le fonti di energia primaria usate per produrre calore
Le fonti di energia primaria utilizzate per generare calore sono principalmente tre: il gas, l’elettricità e le biomasse.
Se hai una caldaia a gas e ti arriva una bolletta stratosferica è perché la tua caldaia consuma come una piccola centrale nucleare.
Sebbene non sia strettamente necessario al nostro discorso, spendiamo due parole su queste tre fonti di energia primaria.
Gas
Con il gas da riscaldamento solitamente identifichiamo il metano, quello con la famosa fiamma blu. Ma può andar bene anche quello del bombolone che ti porta peppino col suo apecar.
Si tratta comunque di una fonte energetica che viene estratta da giacimenti nel sottosuolo e convogliata in enormi gasdotti lunghi anche decine di migliaia di chilometri, per arrivare fino a casa tua.
In Italia il metano arriva principalmente da Russia, Libia, Algeria, Grecia, Olanda e Norvegia.
Un problema di questa fonte di energia è che, come il petrolio, si va esaurendo. Certo non finirà domani, ma tra alcuni decenni sì.
L’altro problema è che inquina. Infatti per scaldare il gas deve bruciare. E ogni cosa che brucia emette dei fumi inquinanti.
E naturalmente, essendo molto infiammabile, è un potenziale pericolo per eventuali perdite che possono portare ad esplosioni. Sono rare ma ne abbiamo lette molte negli anni tra le notizie di cronaca.
Elettricità
L’elettricità al contrario è una fonte energetica potenzialmente non inquinante.
Ci sono da chiarire un paio di punti però:
Definire l’elettricità una “fonte di energia primaria” non è del tutto corretto. Non esiste elettricità in natura ma deve essere creata. Però per come arriva a noi, cioè attraverso la rete elettrica o autoprodotta con il fotovoltaico, possiamo fare la forzatura di considerarla primaria.
Se l’elettricità di per sé non rilascia inquinamento quando la usiamo, i processi attualmente usati per creare l’elettricità sono ancora in parte inquinanti.
Molta elettricità viene prodotta bruciando carbone, petrolio o derivati. Moltissima viene prodotta nelle centrali nucleari, che sicuramente inquinano di meno ma ci lasciano con il problema delle scorie radioattive da smaltire.
Ci sono poi le fonti di produzione non inquinanti: idroelettrico, geotermico, eolico, fotovoltaico.
L’obiettivo a lungo termine è produrre elettricità esclusivamente con fonti non inquinanti. Siamo in un periodo di transizione.
Ci sono due modi principali per produrre calore con l’energia elettrica:
Facendo passare una corrente elettrica dentro delle serpentine di metallo (“resistenze metalliche”). La corrente eccita gli elettroni che producono innalzamento di temperatura
Attivando un compressore che comprime un gas (fluido refrigerante).
Comprimendosi gli elettroni si eccitano e producono innalzamento di temperatura.
Il secondo processo è quello che vedremo sfruttano le pompe di calore. Ed è quello più economico ed efficiente.
In realtà la questione è molto più complessa di così…ma passami per buona questa estrema semplificazione.
Biomasse
Le biomasse utilizzate per il riscaldamento domestico nella sostanza sono il legno, i pellet e altri derivati del legno.
Per produrre calore devono bruciare.
E il loro problema è che quando bruciano producono tantissimo inquinamento. In particolare le tanto vituperate particelle PM10, cioè quel particolato di dimensioni inferiori a 10 micrometri (1 micrometro è pari ad 1 milionesimo di metro). Sostanze cancerogene che le nostre vie respiratorie non sono in grado di filtrare.
Se sei veneto come me sai benissimo tutte le polemiche che puntualmente ogni 6 di gennaio si scatenano per il picco di PM10 prodotte quando “si brucia la vecchia” la sera della befana.
Fino a pochi anni fa in ogni paese c’erano decine di falò e per i bambini era una festa. Ma negli ultimi anni sono stati vietati in molti posti proprio a causa dell’inquinamento prodotto.
Sia chiaro: come si bruciano le biomasse rappresenta un fattore discriminante in relazione all’inquinamento prodotto.
Quindi una caldaia a biomassa (ne parleremo a breve) non inquina come un falò. Ma immette comunque particelle dannose per la salute.
Fluido termovettore
Altro elemento che caratterizza un generatore di calore è il fluido termovettore che deve scaldare.
Il fluido termovettore è quell’elemento che materialmente trasporta il calore prodotto dal generatore fino ai terminali che lo cedono all’ambiente.
Possono essere di tre tipi: acqua, fluido refrigerante, aria.
L’acqua è sicuramente il fluido più comune negli impianti di riscaldamento: circola nei termosifoni, nei fan coli, o nei tubi del riscaldamento a pavimento. Gli impianti che utilizzano l’acqua come fluido termovettore sono detti idronici.
L’aria invece in ambito domestico è meno diffusa. Il motivo è che, a fronte di una disponibilità illimitata e di un basso peso specifico (meno pesa il fluido meno potenza ci vuole per farlo muovere), ha una bassa capacità di immagazzinare il calore. Quindi bisogna scaldare tanta aria per scaldare un ambiente.
E pertanto servono tubazioni molto grosse che mal si sposano con gli spazi ridotti di una casa.
In realtà alcune tipologie di impianti domestici che usano l’aria per riscaldare ci sono, li vedremo più avanti e vedremo però come l’aria sia utilizzata solo nell’ultimo tratto.
Infine i fluidi refrigeranti sono particolari sostanze che in base alla temperatura cambiano di fase (liquida-gassosa) e che sono quelli comunemente utilizzati per i condizionatori.
L’aria di cui parlavamo poche righe fa viene utilizzata in impianti con fluido refrigerante. Per ora segnati il nome VRF e ne riparleremo nella sezione 2 dedicata agli impianti.
Tipologie di generatori di calore
Finora tante parole ma non abbiamo ancora detto nulla di concreto…iniziamo parlando delle caldaie.
La principale distinzione tra i generatori di calore è data dall’energia primaria utilizzata:
Caldaia per il gas
Pompa di calore per l’elettricità
Stufa per le biomasse
Caldaia a gas: ormai è solo a condensazione
Il gas abbiamo detto essere principalmente il metano, ma anche i serbatoi a gpl che possono essere messi nei giardini, se casa tua non è raggiunta dalle linee del metano.
Le caldaie a gas in ambito domestico funzionano con fluidi termovettori ad acqua: cioè bruciando scaldano acqua.
Sono composte sostanzialmente da due elementi: un bruciatore e uno scambiatore.
Nel bruciatore il gas appunto brucia creando calore. A contatto con il bruciatore c’è lo scambiatore che trasferisce il calore all’acqua dei circuiti.
Gli scambiatori sono due (nell’immagine qui sopra ho semplificato) perché i circuiti necessari sono due: lo scambiatore primario scalda l’acqua del circuito di riscaldamento, mentre lo scambiatore secondario scalda l’acqua sanitaria, quella che usiamo per lavarci.
Perché due circuiti? Perché l’acqua dell’impianto di riscaldamento circola in un circuito chiuso. Cioè non viene costantemente presa dall’acquedotto e poi scaricata. Sarebbe un consumo inutile di acqua.
Chiaramente quest’acqua una volta scaldata se ne deve andare dalla caldaia. A noi serve che arrivi ai terminali dell’impianto. Ecco che c’è un terzo elemento: il circolatore. Che è una pompa che spinge l’acqua calda nel circuito di riscaldamento (nei rubinetti ci arriva per pressione quando li apriamo …).
Questo è il funzionamento di base di una caldaia. Però la tecnologia si è evoluta notevolmente negli anni, rendendole sempre più efficienti.
L’evoluzione tecnologica ha portato alle caldaie a condensazione.
Cosa fanno queste caldaie? Semplicemente sfruttano i fumi che vengono prodotti nel processo di combustione del gas per generare altro calore.
Questi fumi infatti sono caldi…perché sprecare questo calore?
In sostanza i fumi, invece di essere dispersi subito nell’aria, vengono riconvogliati verso lo scambiatore dove cedono ancora parte del calore che hanno. Alla fine di questo processo il fumo, che ha perso calore, condensa e si trasforma in goccioline d’acqua che vengono immesse nel sistema di scarico delle acque, mentre i restanti fumi vengono dispersi nell’aria attraverso la canna fumaria. Solo che escono ad una temperatura più bassa di circa 40° rispetto ad una caldaia normale.
Dal 2015 si possono produrre solo caldaie a condensazione, quelle normali sono fuori produzione. Quindi se qualcuno te ne propone una è un fondo di magazzino.
Le caldaie a gas riescono a produrre acqua ad alte temperature (tranquillamente fino a 80°) e sono dei generatori di calore istantanei.
Cioè ti serve acqua calda adesso e subito la producono. A differenza di altri sistemi non hanno bisogno di serbatoi di accumulo dell’acqua calda prodotta.
Pompa di calore: all’inizio erano solo condizionatori…
Se vai in un qualsiasi grande magazzino o in un portale online tipo convienesempre.it troverai una sfilza di condizionatori “a pompa di calore”.
In realtà non sono condizionatori ma climatizzatori e il motivo è proprio l’utilizzo della tecnologia “a pompa di calore”.
Sembra una supercazzola vero?
Ma non è così.
Un vecchio condizionatore ha solo la capacità di estrarre aria calda da un ambiente chiuso e cederlo all’ambiente aperto con lo scopo di raffrescare l’ambiente chiuso. Un frigorifero ti dice nulla? Funziona con questo principio.
La “pompa di calore” è un’evoluzione di questo concetto: infatti oltre a rinfrescare riscalda.
Questo in soldoni. Il funzionamento è molto più complesso e si basa sulla fisica.
Il principio base è estrarre energia termica da una fonte che può essere aria, acqua, terreno, per immetterla nell’ambiente che ci interessa alla temperatura che ci interessa.
La maggior parte delle pompe di calore in commercio estrae energia termica dall’aria esterna. E riesce a scaldare una casa anche quando la temperatura esterna è molto bassa (sicuramente inferiore a quella a cui vogliamo portare la temperatura interna)
Sembra impossibile vero?
Il principio fisico su cui si basa la pompa di calore è che, anche a basse temperature, l’aria/acqua/terreno hanno dell’energia termica da poter sfruttare.
Nel caso dell’aria ad esempio, una buona pompa di calore può funzionare anche con temperature esterne particolarmente basse (le pompe di calore più efficienti riescono a scaldare anche a temperature esterne di -20°).
Chiaramente questa “estrazione di energia” non avviene spontaneamente. Se fosse così ti basterebbe aprire la finestra in inverno e magicamente l’aria esterna gelata diventa calda quando entra in casa.
Per funzionare deve esserci qualcuno che esegue un lavoro allo scopo di estrarre il calore dall’aria e portarlo alla temperatura che ci serve. Questo qualcuno sono i compressori che si trovano nelle pompe di calore.
Il loro lavoro è comprimere un gas (il “fluido refrigerante” di cui abbiamo già parlato) a cui precedentemente abbiamo fatto assorbire l’energia termica esterna.
Hai presente che i climatizzatori hanno un’unità esterna con un grosso ventolone?
Questo ventolone spinge l’aria verso l’evaporatore. Nella sostanza dei tubi in cui passa il fluido refrigerante, che investito da questo flusso d’aria ne assorbe la temperatura.
Il fluido refrigerante a questo punto passa nel compressore. Quando comprimi qualcosa questo si scalda, ed ecco che abbiamo prodotto il calore che ci serve.
A questo punto il fluido refrigerante ormai caldo passa attraverso uno scambiatore, come quello della caldaia a condensazione, dove lo cede o all’acqua, nel caso degli impianti idronici, o all’aria nel caso di impianto ad aria.
La fonte di energia primaria la useremo soprattutto per far funzionare il compressore.
E solitamente questa energia è quella elettrica. In casi più rari il gas.
Quindi le pompe di calore possono essere idroniche (dette aria/acqua), cioè scaldano dell’acqua che gira all’interno dei circuiti (e che quindi alimenta dei termosifoni o dei fan coil).
Oppure le pompe di calore possono essere a gas refrigerante (dette aria/aria), cioè alimentano delle unità interne che immettono il calore prodotto nell’ambiente tramite delle ventole (i comuni split ad esempio).
Stufa a biomassa
Ho scritto stufa ma in realtà avrei dovuto scrivere caldaia.
Il motivo è che questo tipo di generatori fanno esattamente la stessa cosa delle caldaie a gas di cui abbiamo parlato poco fa: utilizzando una fiamma per scaldare l’acqua che circola nelle tubature dei circuiti sanitari e termici.
Solo che in queste caldaie a bruciare non è gas ma appunto biomassa.
Che, in ambito domestico, sono legno e derivati (pellet, segatura, cippato, etc.).
Non esistendo impianti di distribuzione delle biomasse a cui puoi collegare la tua casa, come per il gas e l’elettricità, devi essere tu a rifornire periodicamente di questi materiali la caldaia.
Motivo per cui generalmente è sconsigliato installare caldaie del genere in appartamenti dentro condomini. Tra l’altro potrebbero esserci problemi anche relativamente allo scarico dei fumi che devono avvenire obbligatoriamente con canna fumaria a tetto.
Detto ciò i pro di una caldaia di questo tipo sono i costi di gestione molto bassi e con ottima efficienza.
I contro invece sono il doversi rifornire di continuamente di materiale da bruciare.
In merito alla questione inquinamento non voglio addentrarmi in questioni delicate. C’è una lunga diatriba in corso tra Unione Europea e produttori di caldaie a biomassa in merito al reale inquinamento di questi sistemi.
Fatto innegabile è che producono fumi pm 2.5, quindi i peggiori per la salute. Bisogna anche dire che le moderne caldaie a pellet ne producono molto pochi.
La mia personale idea è che non siano una buona soluzione per riscaldare casa per troppe criticità che hanno.
2. Il fluido vettore
Su questo spenderemo poche parole perché ne abbiamo già ampiamente parlato nei paragrafi precedenti.
In ambito domestico il fluido vettore maggiormente utilizzato è l’acqua.
Si tratta di un ottimo vettore del calore perché riesce a portarne grandi quantità (di calore) in volumi relativamente piccoli, ed è disponibile in grande quantità.
Viene utilizzata sia con caldaie a gas, che con pompe di calore che con stufe a biomassa.
I gas refrigeranti invece sono appannaggio esclusivo delle pompe di calore: sono presenti sia nei modelli idronici che in quelli che siamo abituati a vedere frequentemente come gli split.
Nei modelli idronici abbiamo un doppio passaggio: il gas refrigerante scalda l’acqua contenuta in un serbatoio di accumulo che è collegato alle linee di riscaldamento e sanitaria.
Nei modelli ad aria il gas refrigerante va direttamente dalla pompa di calore al terminale (nel caso più banale lo split) dove cede il suo calore all’aria.
C’è infine l’aria che, in ambito domestico, viene utilizzata solo nei tratti terminali degli impianti a pompa di calorecanalizzati, dove unità a controsoffitto aspirano l’aria fredda dall’ambiente e la reimmettono calda dopo averla fatta passare attraverso uno scambiatore di calore in cui passa il fluido refrigerante. Questi impianti hanno canalizzazioni e bocchette (sono i VRF di cui parleremo più avanti).
3. Sistemi di distribuzione
I sistemi di distribuzione degli impianti di riscaldamento non sono altro che le tubature che collegano i generatori di calore con i terminali.
Queste tubature possono essere di rame o multistrato. E nei nuovi impianti presentano sempre uno strato isolante per non disperdere inutilmente calore dove non serve.
Nella maggior parte degli impianti a termosifoni o a pavimenti scaldanti, i sistemi di distribuzione sono del tipo a collettore: cioè l’acqua calda dei circuiti va ad un collettore centrale che poi lo distribuisce ai vari terminali.
Alternativa è l’anello: un tubo fa il “giro” della casa, quando arriva nei pressi di un termosifone si fa uno stacco con una mandata e un ritorno di acqua e poi il tubo torna alla caldaia con l’acqua fredda.
Questo sistema ha un inconveniente: rischia di lasciare gli ultimi terminali freddi perché l’acqua ha già ceduto la maggior parte del suo calore lungo la strada.
Nel caso di pompe di calore con liquido refrigerante, dal generatore partono tanti tubi di mandata e di ritorno quanti sono i terminali da fornire. Non ci sono collettori lungo la strada.
4. Terminali
Concludiamo l’analisi degli elementi fondamentali di un impianto di riscaldamento con i terminali, cioè quegli elementi che cedono il calore all’ambiente.
Li dobbiamo dividere in due tipologie: i terminali che cedono calore fornito dall’acqua (sistemi “idronici”) e i terminali che cedono calore fornito da liquido refrigerante (sistemi ad aria).
Tra i primi troviamo:
Radiatori (in tutte le declinazioni: termosifoni, termoarredi, scaldasalviette, etc.)
Riscaldamento a pavimento
Riscaldamento a battiscopa
Fan coil (ventilconvettori)
Tra i secondi:
Split (da terra o parete)
Unità a soffitto (o controsoffitto)
Con le unità a controsoffitto, oltre alle unità vanno considerate anche bocchette di immissione e ripresa dell’aria con le relative tubazioni che le collegano all’unità…sono i sistemi VRF di cui ti ho più volte parlato e che vedremo più avanti.
Con questo abbiamo fatto un rapido excursus dei vari elementi che compongono un impianto di riscaldamento.
Ho dedicato molto spazio ai generatori perché sono il vero cuore di un impianto e perché queste informazioni ci torneranno utili nella sezione 2.
Nella prossima parte vedremo le principali tipologie di impianti che si possono installare durante una ristrutturazione combinando quanto abbiamo descritto qui.
SEZIONE 2: LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO UTILIZZATI NELLE CASE
Premessa, che magari ripete quello che ho già scritto a inizio articolo ma dopo oltre tremila parole non fa male.
In questa sezione non ho intenzione di fare una panoramica completa sugli impianti di riscaldamento che puoi installare nella tua ristrutturazione.
Questo è un articolo e non un trattato di impiantistica.
E per lo stesso motivo non entrerò nel dettaglio degli aspetti tecnici. Che sono tanti e sono complessi.
Solo un avvertimento: anche l’impianto più semplice non può essere progettato dall’idraulico o dal venditore. Ci vuole sempre un tecnico che dimensioni e verifichi a monte.
Per quanto mi riguarda, quando devo affrontare un impianto semplice riesco a cavarmela da solo. Ma quando c’è da progettare qualcosa di più complesso mi avvalgo del supporto di un ingegnere specializzato in impiantistica.
Sarà banale dirlo ma troppo spesso un proprietario di casa non si rende conto di quanto sia importante dimensionare e progettare correttamente un impianto di riscaldamento. E di quanto non sia banale.
Detto ciò, ecco di quali impianti ti parlerò:
Impianti idronici (caldaia a gas/pompa di calore/stufa a biomassa + termosifoni/pannelli radianti/fan coil)
Impianti ad “aria” (pompa di calore + split/canalizzati)
Ce ne sarebbero molti altri, come ad esempio l’infrarossi o il radiante elettrico che possono essere presi in considerazione per casi particolari. Ma vorrei fermarmi a quelli più comuni e collaudati.
Impianti idronici
Credo di averti chiarito sufficientemente che gli impianti idronici sono quelli che usano l’acqua come mezzo per trasportare il calore dal generatore ai terminali.
Il più classico degli impianti idronici è quello con caldaia a gas metano e termosifoni in alluminio.
Ma questa tipologia di impianto può prevedere altri tipi di caldaia o di terminali. Approfondiamo.
Tipo 1: caldaia e radiatori
Prima di fare alcune considerazioni sulle caldaie che possono essere abbinate a questi impianti, vediamo quello che succede a valle delle caldaie stesse.
Dalla caldaia, per quanto riguarda il circuito di riscaldamento, parte un tubo con l’acqua calda in uscita e rientra un tubo con l’acqua fredda di ritorno.
Questo tubo va ad un collettore che deve essere installato in zona il più possibile baricentrica rispetto ai terminali, per evitare che alcuni termosifoni siano raggiunti da poca acqua calda.
Infatti dal collettore partono tanti tubi che trasportano acqua calda quanti sono i terminali. E naturalmente altrettanti tubi ritornano per riportare l’acqua fredda.
I terminali sono termosifoni o termoarredi (che non sono altro che termosifoni “fighi”).
I termosifoni sono elementi modulari all’interno dei quali passa l’acqua calda, la quale scalda il metallo (ottimo conduttore) che cede il calore all’ambiente.
Ogni termosifone è composto da un certo numero di elementi collegati tra loro, calcolato in base alla potenza di ogni singolo elemento e alle esigenze di progetto. Teoricamente se in una stanza senti freddo per risolvere il problema puoi semplicemente aggiungere uno o più elementi al termosifone esistente.
Ad ogni modo per riscaldare una stanza i termosifoni devono raggiungere una temperatura elevata: tra i 60° e i 70° (quindi l’acqua deve circolare fino a 80°).
Temperature così alte sono necessarie perché, essendo nella sostanza oggetti piccoli rispetto al volume di aria da scaldare della stanza, hanno bisogno di tanta potenza per riuscire a farlo. Quindi servono temperature alte.
Il riscaldamento a pavimento ha ovviato a questo problema…ma ne parliamo dopo.
Fino agli anni ’60 i termosifoni erano sempre in ghisa, poi sono stati sostituiti dall’alluminio che attualmente la fa da padrone come materiale e in acciaio (meno diffuso).
Concentriamoci su ghisa e alluminio e vediamone i pro e i contro:
I termosifoni in ghisa ci mettono una vita a scaldarsi. Però una volta caldi ci mettono due vite a raffreddarsi (si dice che hanno un’alta inerzia termica).
Quindi non scaldano subito ma scaldano per tanto tempo.
I termosifoni in alluminio invece fanno l’esatto contrario: si scaldano subito e si raffreddano ancora più velocemente (hanno bassa inerzia termica).
Quindi scaldano subito ma appena si spegne la caldaia si raffreddano.
Se con la ristrutturazione di casa tua rifai l’impianto di riscaldamento, e opti per quello classico, con ogni probabilità ti ritroverai ad installare radiatori in alluminio.
Se invece vuoi conservare i vecchi termosifoni in ghisa attento ad una cosa: gli impianti vecchi spesso erano sottodimensionati, quindi potresti aver bisogno di aumentare il numero di elementi scaldanti di ogni termosifone.
Il problema è che i vecchi termosifoni in ghisa, se provi a svitare o avvitare nuovi elementi, potrebbero rompersi.
Soprattutto dove l’acqua è molto calcarea e corrosiva, il metallo si è sicuramente rovinato.
Il risultato, che ho testato in alcune case, è stato quello di dover sostituire l’intero termosifone.
Proseguendo: da alcuni anni, peri rispondere alle prescrizioni di legge sull’efficienza energetica, in ogni termosifone deve essere installata una valvola termostatica.
Chiudiamo questo paragrafo evidenziando i principali problemi di questa tipologia di impianto.
Il principio di funzionamento è la convezione. Cioè scaldare una porzione d’aria fredda nelle vicinanze del termosifone. Quest’aria scaldandosi sale verso l’alto e viene sostituita da aria fredda che viene a sua volta scaldata, creando quelli che sono chiamati “moti convettivi”.
Cioè del vento.
Se ti metti vicino ad un termosifone in una stanza fredda potresti sentire chiaramente questa sorta di venticello.
Niente di sgradevole, però non consente un riscaldamento uniforme dell’ambiente e porta ad avere le parti alte delle stanze più calde delle parti basse. Quando a noi servirebbe esattamente il contrario.
Inoltre, per le persone allergiche, questo continuo ricircolo d’aria può costituire un problema perché può portare polveri varie.
Infine questi impianti hanno il difetto di rendere molto secca l’aria. Infatti spesso sono abbinati a umidificatori.
Non fraintendermi: come sistema di riscaldamento funziona bene, non per niente è stato quello che si è diffuso maggiormente…ma non consente di ottenere elevati livelli di confort termico e ambientale.
Capito in linea generale di cosa stiamo parlando, spendiamo due parole sulle caldaie che possono essere abbinate a questo impianto.
Caldaia a gas
Come abbiamo detto le caldaie a gas sono ormai tutte a condensazione.
Sono sistemi di riscaldamento “istantanei”: cioè producono calore, anche a temperature molto alte, a richiesta.
Non hai bisogno di un serbatoio di accumulo per tenere in caldo una certa quantità di acqua.
La caldaia, a seconda del modello, può essere installata internamente (con la dovuta areazione), oppure esternamente, magari in una nicchia apposita.
Queste caldaie, sebbene molto efficienti, emettono comunque dei fumi.
Questi fumi dovrebbero essere smaltiti attraverso la canna fumaria del condominio. In realtà mi capita frequentemente, negli appartamenti che ristrutturo, di non potermi inserire nelle canne fumarie condominiali. Perché mancano, perché non sono adeguate, spesso perché sono state tappate in copertura…
La norma consente, nel caso in cui non sia possibile intercettare una canna fumaria, di utilizzare la parete esterna più vicina per emettere i fumi (rispettando le dovute distanze dalle finestre limitrofe, prescritte per legge).
La potenza termica di una caldaia per un appartamento di medie dimensioni (tra i 60mq e i 150mq) solitamente varia tra i 23kw e i 28kw (dipende dalle esigenze degli utilizzatori e dalle caratteristiche dell’immobile).
Caldaia a pompa di calore
In questo caso il generatore è elettrico.
Se la caldaia a gas è un oggetto tutto sommato compatto che produce acqua calda istantaneamente, la pompa di calore è più ingombrante e non produce acqua calda istantaneamente.
Un sistema del genere infatti prevede la presenza di:
Un’unità esterna con lo scopo di recuperare l’energia termica dell’aria (oppure dell’acqua del sottosuolo per chi può), trasmetterla al liquido refrigerante e di comprimerlo così da scaldarlo;
Un “modulo idronico” interno, che in sostanza è un grande serbatoio d’acqua a cui il liquido refrigerante cede il calore prodotto.
Il modulo idronico è collegato alla rete dei termosifoni (e anche a quello dell’acqua calda sanitaria) che è identica a quella che ti ho descritto nel paragrafo precedente.
Questa è una descrizione veramente basilare, non esaustiva ed incompleta del sistema a pompa di calore idronica. Tra l’altro ci sono tante di quelle tecnologie in commercio legate alle pompe di calore che si potrebbe scrivere un libro.
Rispetto al classico sistema caldaia a gas + termosifoni, la pompa di calore presenta una soluzione che dovrebbe consentire di ottenere un buon risparmio in bolletta e di eliminare il gas dalla propria casa.
Inoltre sfrutta una fonte energetica pulita e non emette fumi, cioè non inquini.
In sostanza si tratta di un sistema più efficiente ed ecologico rispetto alla caldaia a gas e anche rispetto alla caldaia a biomassa.
C’è un problema però: la temperatura a cui le pompe di calore riescono a scaldare l’acqua.
Abbiamo detto che i termosifoni, se non correttamente dimensionati, possono aver bisogno di temperature dell’acqua molto alte (anche 80°) che una pompa di calore difficilmente riesce a raggiungere.
Nel caso di impianti a termosifoni, come indicazione generale le caldaie a pompa di calore lavorano meglio con terminali in alluminio che richiedono temperature di esercizio più basse e sono più reattivi.
Caldaia a biomassa
Per quanto riguarda le caldaie a biomassa tendenzialmente potrebbero funzionare come una normale caldaia a condensazione: quindi produrre acqua calda istantaneamente.
C’è da fare una riflessione però: abbiamo già accennato al fatto che una delle pecche di queste caldaie è l’inquinamento che producono.
Uno degli accorgimenti per diminuire in modo sensibile questo problema è utilizzare in modo efficiente la caldaia…
Per farlo normalmente alla caldaia a biomassa viene abbinato un sistema di accumulo simile a quello delle pompe di calore idroniche (chiamato puffer).
In questo modo la caldaia deve solo tenere in caldo la massa d’acqua del puffer e non deve accendersi e spegnersi ad ogni richiesta dell’impianto di riscaldamento.
In questo modo: inquini meno, risparmi, hai un riscaldamento più efficiente.
Con questo abbiamo detto tutto sugli impianti idronici a radiatori.
Passiamo ad un sistema più evoluto, rimanendo sempre nell’idronico.
Tipo 2: Caldaia e pannelli radianti
I pannelli radianti sono detti anche riscaldamento a pavimento.
Il funzionamento è semplice: vengono montate delle serpentine (tubi) in cui passa l’acqua calda sotto al pavimento.
Il calore viene ceduto prima al massetto che ricopre i tubi e poi all’intero ambiente da scaldare.
Immagina il calore prodotto da questa tipologia di impianti come una massa compatta di calore che sale dal pavimento.
Non hai aree fredde e aree calde. Tutto è esattamente alla temperatura che vuoi tu.
In realtà esistono anche i pannelli radianti a parete e a soffitto, anche se quello a pavimento è decisamente il più diffuso.
Sebbene il funzionamento di base di questo impianto sia identico a quello con i termosifoni, il principio con cui il calore viene immesso in ambiente è molto diverso.
Se per i termosifoni parliamo di convezione (ti ricordi che ti ho detto che scaldano l’aria nelle loro prossimità creando una sorta di vento?), per i pannelli radianti parliamo di riscaldamento ad irraggiamento.
Cioè una massa compatta di calore che scalda uniformemente l’aria. Un po’come fa il sole.
Questo fenomeno si ha quando la fonte di riscaldamento è molto grande rispetto al volume d’aria da riscaldare. L’intero pavimento è molto più grande di un singolo termosifone…
Questo sistema ha alcuni benefici:
L’ambiente è uniformemente riscaldato (l’abbiamo già detto)
Non si formano moti convettivi (quindi niente polvere in sospensione…)
La fonte di calore non deve essere ad elevate temperature
Questo terzo punto è fondamentale: l’acqua calda che passa dentro le tubazioni sotto al pavimento solitamente non supera i 35°.
Questo significa che la tua caldaia, qualunque essa sia, consumerà di meno.
Però bisogna mettere in evidenza anche gli aspetti negativi.
Non è un impianto che genera calore istantaneo. Il termosifone lo accendi e scalda. Il pannello radiante nel pavimento no…deve scaldare il massetto (ci vuole tempo) e poi deve scaldare uniformemente l’aria (ci vuole tempo).
Per questo motivo tali impianti sono “modulanti”, cioè stanno accesi costantemente (durante il periodo invernale) e viene modulata la temperatura dell’acqua per alzare o abbassare la temperatura interna.
Nonostante questo sono decisamente più economici di un impianto tradizionale perché scaldare l’acqua per tante ore a basse temperature richiede molta meno energia che scaldarla ad alte temperature per periodi brevi.
C’è da dire che negli ultimi anni sono stati messi a punto impianti molto più reattivi rispetto a prima (detti “a bassa inerzia”).
Detto ciò questi impianti funzionano bene anche in estate per raffrescare gli ambienti, se abbinati ad un generatore a pompa di calore: infatti facendo circolare acqua fredda al loro interno raffrescano gli ambienti.
In questo caso però è necessario installare anche un deumidificatore perché altrimenti si corre il rischio di formazione di condensa sul pavimento…rendendolo scivoloso!
Battiscopa radianti
Tra i sistemi idronici, come sotto-categoria dei pannelli radianti, troviamo il riscaldamento a battiscopa.
Si tratta di un tipo di impianto che non ho mai fatto installare e di cui posso parlare solo in virtù della documentazione tecnica che ho potuto leggere negli anni.
Intanto il funzionamento.
All’interno di un battiscopa largo 3cm e alto 15 cm (un battiscopa classico è 1,5×7) passano due tubi di rame in cu scorre l’acqua calda proveniente dalla caldaia e l’acqua fredda di ritorno.
Questi tubi sono inseriti in un sistema di lamelle metalliche che si scaldano e rilasciano il calore.
Questo calore fuoriesce da una sorta di griglia sopra il battiscopa stesso. In parte si diffonde direttamente nella stanza e in parte riscalda le pareti su cui è installato il battiscopa.
Queste pareti si scaldano uniformemente fino a circa 2 metri di altezza (poi si raffreddano) e rilasciano il calore nell’ambiente.
Si trasformano in sostanza in enormi pannelli radianti. Per questo è considerato simile a quello a pavimento (cioè radiante).
L’acqua all’interno dei tubi deve scorrere a circa 50° di temperatura, superiore a quella del riscaldamento a pavimento ma inferiore a quella dei termosifoni.
Però serve veramente poca acqua per scaldare i battiscopa, rendendolo un sistema efficiente ed economico.
Di buono ha che:
Riscalda in modo uniforme
Non necessità di grandi opere murarie per essere installato
Asciuga le pareti
Di negativo ha che:
Non puoi mettere mobili alle pareti (almeno dove esce l’aria calda)
Un battiscopa 3x15cm in una casa moderna è un pugno in un occhio…
Tipo 3: Caldaia e fan coil
Ho vissuto quasi quindici anni in una camera riscaldata con un ventilconvettore.
Tutto il resto della casa era scaldata con termosifoni normali. Siccome la mia stanza era molto più fredda di tutte le altre, i miei genitori, invece di prendere un termosifone più grande, hanno preso un ventilconvettore.
Per questo motivo l’acqua dentro i tubi girava a temperature più alte rispetto a quelle per cui sono previsti i ventilconvettori circa 50°).
Mi ricordo che quando era acceso, la camera diventava un inferno di fuoco in dieci minuti. Al ché io spegnevo (il termostato non andava un granchè bene…) e la camera diventava un ghiacciolo in cinque minuti.
Il fan coil, o ventilconvettore in italiano, detto in parole povere non è altro che un termosifone con una ventola.
Quindi è un sistema idronico.
[ATTENZIONE! Non confondere i ventilconvettori con le console a pompa di calore, che sono climatizzatori, e le stufette elettriche]
Perché installare un sistema di questo tipo al posto dei normali radiatori?
Scalda più velocemente
La temperatura dell’acqua è più bassa (circa 50°), quindi si risparmia
L’aria è più pulita perché le bocchette di ripresa ed emissione hanno dei filtri
Se abbinati al generatore giusto possono fare anche aria fredda
Perché non installare un sistema di questo tipo?
Le polveri circolano comunque proprio perché le ventole creano dei moti convettivi
Le ventole sono rumorose. Magari poco ma fanno rumore.
Non hanno capacità termica. Cioè appena li spegni diventano subito freddi (e di conseguenza anche la casa se non è isolata bene)
Impianti ad aria
Fatte le nostre riflessioni sugli impianti idronici vediamo l’alternativa: quelli ad aria.
Cerchiamo di capirci quando parliamo di impianti ad aria…perché non è proprio la definizione giusta.
Infatti anche un fan coil potrebbe essere considerato un impianto ad aria, visto che in qualche modo immette forzatamente aria riscaldata nell’ambiente (con la ventola). Ma non è così.
Potremmo parlare di impianto ad aria se dalla caldaia fuoriuscisse un flusso di aria calda che, attraverso delle tubazioni, viene diretto direttamente all’interno degli ambienti da riscaldare.
Questa cosa non è diffusa in ambito domestico (diverso in ambito terziario, commerciale e industriale).
Ad ogni modo comunemente si chiamano impianti ad aria quelli che associano una pompa di calore elettrica ad unità interne (per ora chiamiamoli split anche se è riduttivo).Per la precisione vengono chiamati impianti Aria-Aria (per distinguerli da quelli idronici Aria-Acqua), perché utilizzano l’aria esterna per creare calore che viene immesso sotto forma di aria calda all’interno.
La realtà è che questi impianti sono aria-liquido refrigerante-aria.
Non ti ripeto tutto il funzionamento della pompa di calore ma vorrei concentrarmi sulla parte “finale” di questa tipologia di impianti.
Che in realtà può fare tutta la differenza del mondo tra un impianto efficiente e uno non efficiente.
Infatti nella versione “banale” vengono installati semplicemente degli split interni.
Non metto in dubbio che in circolazione ci siano condizionatori di altissima qualità ed efficienza…ma raramente uno split per stanza può essere considerato un impianto di riscaldamento efficiente (anzi…raramente può essere considerato un impianto di riscaldamento).
Di base queste unità sono autonome, non hanno grande possibilità di programmazione, non sono associate a sonde interne ed esterne di rilevamento della temperatura, non sono coordinate tra di loro (cioè ne accendi uno e un altro no…scaldando la casa in modo non uniforme).
Poi, rispetto agli ambienti da scaldare, hanno bocchette piccole, quindi devono immettere molta aria, creando correnti che movimentano polvere con tutte le conseguenze che abbiamo già detto.
Non è questa la soluzione ideale per creare un clima confortevole in casa.
La soluzione migliore per i sistemi ad aria è il VRF (detti anche VRV) che sta per “flusso refrigerante variabile” (Variable Refrigerant Flow).
Impianti VRF
Sono sistemi nati per grandi spazi (negozi, uffici, fabbriche…) che però negli ultimi anni stanno avendo buona diffusione anche nel residenziale.
Il funzionamento di base non è molto diverso da quello di uno split. Solo che le unità interne solitamente sono incassate nel controsoffitto, totalmente invisibili, e immettono aria in ambiente attraverso delle bocchette che possono essere situate anche a molti metri di distanza dalla macchina stessa.
Per collegare le bocchette alla macchina interna si utilizzano dei tubi coibentati in cui circola l’aria calda (o fredda in estate).
Oltre alle bocchette di immissione dell’aria, devono essere presenti anche delle bocchette di ripresa dell’aria (il concetto è che tanta aria immetti in ambiente e tanta aria estrai dall’ambiente), le quali dovrebbero essere posizionate a dovuta distanza dalle prime per non recuperare subito l’aria appena climatizzata (uno dei problemi degli split…).
Per la presenza di queste tubazioni questi impianti si dicono anche canalizzati.
In sostanza il funzionamento delle unità interne è questa:
Una ventola nella macchina aspira l’aria dall’ambiente attraverso le bocchette;
L’aria passa attraverso la macchina dove il liquido refrigerante cede il calore (o il freddo in estate) – questa macchina è detta “evaporatore”;
Un’altra ventola spinge l’aria dentro le tubazioni fino alle bocchette per reimmetterla in ambiente alla temperatura richiesta.
Questo il funzionamento di base.
I pro di questo sistema sono:
Non vedi nulla se non le bocchette
Il sistema è completamente programmabile tramite sonde di temperatura interne all’ambiente (tipo i termostati delle caldaie) quindi puoi gestire in modo efficace la climatizzazione di tutta la casa
Le bocchette, se correttamente dimensionate, possono garantirti un flusso d’aria veramente minimo, quindi vengono limitate in modo sostanziale i problemi di circolazione delle polveri
I contro di questo sistema sono:
Devi realizzare controsoffitti per nascondere le unità interne (solitamente si cerca di posizionarle nei corridoi o in zone di passaggio) e tutte le tubazioni necessarie;
Va progettato e dimensionato correttamente per essere efficiente.
IMPIANTO DI RISCALDAMENTO PER LA TUA RISTRUTTURAZIONE: RIASSUNTO DEI PUNTI PRINCIPALI
Ci fermiamo qui. Ho scritto anche troppo…
Ricapitoliamo però i punti principali che abbiamo affrontato.
Abbiamo visto che un impianto di riscaldamento è composto da:
Un generatore di calore
Un fluido termovettore che trasporta il calore
Un sistema distributivo (dei tubi) che trasportano il fluido
Dei terminali che trasferiscono all’ambiente il calore del fluido
Abbiamo anche visto che i generatori di calore si possono dividere in base al tipo di energia che utilizzano per produrre calore:
Gas (caldaie)
Elettricità (pompe di calore)
Biomasse (stufe a legna, pellet, etc.)
E abbiamo anche visto che le pompe di calore sono le uniche che consentono di produrre contemporaneamente caldo e freddo.
In merito ai fluidi termovettori abbiamo visto essere sostanzialmente due:
Acqua
Liquido refrigerante
L’aria in ambito domestico è utilizzata solo nell’ultimo tratto di impianti canalizzati (VRF).
Gli impianti che usano l’acqua sono detti idronici, quelli che usano il liquido refrigerante spesso vengono chiamati aria-aria (i motivi non te li ripeto).
Per quanto riguarda i terminali abbiamo visto che possono essere:
Unità nascoste a controsoffitto (nei sistemi VRF)…
…queste abbinate a bocchette di mandata e di ripresa dell’aria
Combinando tutti questi elementi abbiamo i tipi di impianto maggiormente diffusi:
Idronici
Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + radiatori/fan coil -> acqua ad alta temperatura
Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + pannelli radianti -> acqua a bassa temperatura
Ad “aria” (liquido refrigerante)
Unità esterna + split
VRF (canalizzato)
Ti ribadisco che questi sono le tipologie principali di impianti che puoi installare.
Poi a seconda dei casi a loro puoi integrare fotovoltaico, solare termo, geotermico…tutti sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili.
E infine devi considerare che è buona cosa cercare di integrare anche la produzione di acqua calda sanitaria nel tuo generatore.
QUAL È IL MIGLIOR IMPIANTO PER LA TUA RISTRUTTURAZIONE?
Se trovi qualcuno che ti da una risposta a questa domanda senza aver attentamente valutato sia la tua casa che le tue esigenze…caccialo.
Un venditore di pompe di calore…ti dirà che quella è la soluzione migliore.
Un venditore di caldaie a condensazione…ti dirà che quella è la soluzione migliore.
Quindi il primo consiglio è: affidati ad un tecnico che abbia a cuore solo i tuoi interessi.
Personalmente, quando un cliente mi contatta per un progetto, se vedo che c’è un reale interesse verso ottenere impianti efficienti e che creino vero benessere…mi affido ad un collega specializzato per la loro progettazione.
(NB: Diffida anche dai tecnici tuttologi…)
Detto ciò alcune riflessioni possiamo farle.
Al giorno d’oggi tutti vogliono caldo in inverno e fresco in estate.
A fronte di questa considerazione, quando fai installare un nuovo impianto di riscaldamento durante la ristrutturazione, puoi rispondere in due modi:
Cerchi di risparmiare, non hai grandi pretese estetiche e ti accontenti di una qualità del caldo e del freddo non eccezionali
In questo caso opti per un classico impianto con caldaia a condensazione, termosifoni e qualche split sparso per casa.
La versione estrema di questo approccio è usare solo split per fare caldo e freddo.
Opti per sistemi integrati che possano produrre sia caldo che freddo e che siano il più possibile nascosti.
Quindi vai verso sistemi radianti con pompa di calore oppure Vrf (quindi sempre con pompa di calore).
Non ti dico che ci sia un approccio giusto e uno sbagliato, ogni persona deve fare i conti con tanti fattori che non sono solo legati ad aspetti economici.
Ricordati anche che un impianto di riscaldamento si inserisce sempre in un ambiente confinato, e le caratteristiche di questo ambiente sono determinanti per decidere quale sia il miglior sistema da installare.
In sostanza: un impianto efficiente dentro un involucro poco efficiente non darà mai un buon benessere interno e non ti consentirà di ottimizzare i consumi.
Dove possibile cura anche l’isolamento delle pareti, degli infissi e dei solai. Ti assicuro che anche se vivi in un condominio popolato da vecchietti che non accetteranno mai di spendere i loro soldi in un cappotto termico perché “io ho sempre passato l’inverno con quattro maglioni in casa e la mia stufetta elettrica e non ho mai avuto problemi”…in molti casi puoi realizzare un ottimo isolamento senza rompere le scatole a loro e senza perdere spazio interno tu.
Il super bonus del 110% è entrato ufficialmente in vigore con la legge 77 del 17 luglio 2020.
Questo super bonus promette di regalare importanti interventi di ristrutturazione a chi riuscirà ad accedervi. Però le promesse fatte dal legislatore non corrispondono alla realtà dei fatti.
In questo articolo faremo una panoramica completa su questa misura e lo faremo senza gli inutili paroloni di cui si riempiono la bocca la maggior parte dei tecnici e degli avvocati.
Mentre scrivo siamo nel mese di luglio 2020. L’Italia e l’Europa stanno lentamente uscendo dalla pandemia globale di Covid. L’America (tutta) al contrario non riesce a venirne fuori. E il nostro governo a maggio, tra le varie misure a sostegno della ripresa post-lockdown, si è inventato lo slogan “gli italiani si ristruttureranno casa gratis”.
Questo grazie al super bonus del 110% introdotto prima con li decreto legge 34, chiamato “rilancio”, che dopo sessanta giorni è stato convertito nella legge 77 del 17 luglio 2020.
Questi proclami hanno generato grande entusiasmo in milioni di persone. Il patrimonio edilizio italiano è ormai vecchio, brutto (non esistono solo i centri storici purtroppo…), consuma tanto e non è sismicamente adeguato.
Il problema è che no, gli italiani non si ristruttureranno affatto casa gratis. Chi lo ha detto ha mentito, consapevolmente o inconsapevolmente non lo so e non spetta a me dirlo, e ha illuso troppe persone.
Mi ricordo tutte le email che ho ricevuto per settimane al suono di “con questo bonus rivoluziono casa”. E anche la delusione quando raccontavo come stanno realmente le cose.
Proprio pochi giorni fa sono andato a fare una delle prime partite di calcetto post-lockdown. Sì, sono uno dei milioni di italiani che, superati i quarant’anni, provano a sentirsi ancora giovani insistendo a rompersi ginocchia e slogandosi caviglie per correre dietro ad un pallone.
Nel gruppo di calcettisti del venerdì sera con cui condivido prestazioni degne del miglior Margheritoni, siamo ben tre architetti.
Un nostro amico, finita la partita, mentre ci stavamo riprendendo prima della meritata doccia, ha osato dire: “sentite ma com’è questa storia del 110%? Vorrei approfittare per fare i lavori in casa”.
Non lo avesse mai detto! Ogni suo sogno stato immediatamente smontato.
“Col super bonus non potrai ristrutturare casa…scordatelo!”
Gli abbiamo spiegato come funziona (se ci ripenso in effetti gli abbiamo regalato una consulenza coi fiocchi) e alla fine ha concluso:
“Ma perché ci hanno raccontato queste pa**e?”
A questa domanda non so darti una risposta. Però se anche tu vuoi capirne veramente di più sul super bonus al 110%, su quali lavori possono accedervi, se puoi usufruirne per casa tua, se veramente farai i lavori gratis…ho scritto questa consulenza gratuita per te.
Se nel precedente articolo sull’argomento (che puoi trovare qui) parlavamo dei contenuti del decreto legge che ha introdotto il super bonus, in questo articolo ti parlerò della legge definitiva che disciplina il super bonus.
Infatti sebbene i decreti legge entrino subito in vigore, devono essere convertiti in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione, altrimenti perdono di efficacia.
Il processo di conversione prevede la discussione in parlamento e senato. Dove le varie forze politiche propongono modifiche.
Gli articoli che trattano il super bonus e lo sconto in fattura/cessione del credito hanno subito alcune modifiche in questa conversione, anche se non sostanziali.
Come leggerai però mancano ancora alcuni decreti attuativi a corollario della legge, che dovrebbero essere pubblicati entro 30 giorni dalla conversione (Quindi arriveranno a ferragosto…) e che non la rendono ancora pienamente operativa.
Però ormai le misure previste sono fisse e definite, quindi possiamo darle per acquisite.
Ti avverto: non sarà un articolo breve, quindi mettiti comodo e con il giusto tempo a disposizione.
Come al solito cercherò di essere il più chiaro possibile. Come sai il pubblico a cui mi rivolgo non sono i miei colleghi progettisti ma sono tutti i proprietari di casa che devono ristrutturare…un linguaggio tecnico non avrebbe senso.
Ma in ogni caso parliamo di leggi, quindi qualche passaggio ostico ci sarà. Se hai qualche dubbio su quello che ho scritto usa i commenti qui sotto per eventuali chiarimenti.
NB: mentre stavo scrivendo questo articolo, è uscita anche la guida ufficiale dell’Agenzia delle Entrate che ha aiutato a chiarire qualche punto.
Quando parliamo di super bonus al 110% ci riferiamo all’estensione di alcune misure delle detrazioni fiscali già esistenti per chi fa interventi di recupero di edifici, case e appartamenti. Cioè del patrimonio edilizio esistente.
Le detrazioni di cui puoi usufruire, da tempo ormai, per la tua ristrutturazione sono varie:
Bonus casa, con detrazione del 50% delle spese sostenute per la realizzazione delle opere di ristrutturazione della casa;
Bonus arredamento, con detrazione del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici (puoi usufruirne solo se accedi anche al bonus casa);
Sismabonus, con detrazione variabile dal 50% all’80% delle spese sostenute per rendere antisismici gli edifici (è un’estensione del bonus casa);
Ecobonus, con detrazione variabile dal 50% al 65% delle spese sostenute per efficientare energeticamente gli edifici;
Bonus facciate, con detrazione del 90% delle spese sostenute per sistemare le facciate degli edifici.
[Occhio: non so quando leggerai questo articolo. L’elenco qui sopra è per le detrazioni valide a tutto il 2020…siccome molte hanno scadenza annuale (anche se vengono regolarmente prolungate) non garantisco che siano in vigore mentre stai leggendo]
Qui sopra li ho riassunti sinteticamente, ma ho scritto vari articoli sulle detrazioni fiscali, se vuoi approfondire qui sotto ti metto i link. Sennò passa oltre.
Questa premessa era necessaria perché il super bonus di cui stiamo per parlare non fa altro che modificare alcune delle detrazioni già esistenti.
Infatti la legge 77, per quanto riguarda le detrazioni sulla ristrutturazione, nella sostanza:
Estende la percentuale di detrazione al 110% per alcune delle misure che ti ho elencato sopra;
Introduce la possibilità di ottenere lo sconto in fattura di una somma fino all’importo della detrazione, oppure di cedere tale detrazione sotto forma di credito di imposta ad un soggetto terzo.
E lo fa non solo per quelle estese al 110%, ma per tutte le detrazioni che ti ho elencato sopra – ad eccezione del bonus arredamento.
Naturalmente vengono messi dei paletti. E nel resto dell’articolo parleremo proprio di questi paletti. Che poi è il succo di tutto.
CAPITOLO 1 – MEGA RIASSUNTONE: SUPER BONUS DEL 110% E SCONTO IN FATTURA/CESSIONE DEL CREDITO IN POCHE RIGHE
Ho deciso di mettere all’inizio e non alla fine il riassunto dei principali punti che caratterizzano il super bonus e lo sconto in fattura/cessione del credito per questioni di praticità.
Se sei interessato solo a sapere i punti principali di queste misure ti basta leggere solo questo capitolo (e l’ultimo).
Se invece vuoi approfondire, e quindi leggere anche gli altri capitoli, avendo già letto questo riassunto avrai già le idee chiare per affrontarli meglio.
Naturalmente non andremo nel dettaglio. Per quello ci sono i capitoli successivi.
1.1 | Super bonus 110% – articolo 119
L’articolo 119 istituisce il super bonus del 110% e prevede quattro macro-interventi per cui vi si può accedere.
Punti comuni a tutti gli interventi:
La misura è valida dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021
La detrazione fiscale del 110% sulle spese sostenute (che elenchiamo al prossimo punto) è da dividere in 5 rate annuali
Detrazioni al 110% per interventi di efficientamento energetico:
Isolamento delle pareti, solai e tetti (superfici opache) per una superficie superiore al 25% dell’involucro con i seguenti limiti di spesa:
50.000€ per edifici unifamiliari o villette a schiera;
40.000€ per singola unità immobiliare in edificio da 2 a 8 unità immobiliari;
30.000€ per singola unità immobiliare in edificio oltre 8 unità immobiliari;
Realizzazione di impianti di riscaldamento/raffrescamento/acqua calda sanitaria centralizzati con i seguenti limiti di spesa:
20.000€ per singola unità immobiliare in edificio da 2 a 8 unità immobiliari;
15.000€ per singola unità immobiliare in edificio oltre 8 unità immobiliari;
Realizzazione di impianti di riscaldamento/raffrescamento/acqua calda sanitaria in edifici unifamiliari o villette a schiera con limite di spesa di 30.000€.
Gli interventi possono riguardare le parti comuni degli edifici condominiali, gli edifici con singola unità immobiliare, le unità immobiliari in edifici plurifamiliari con ingresso autonomo dall’esterno (villette a schiera);
Se viene eseguito uno dei tre interventi di sopra (denominanti “trainanti”) anche tutti gli altri interventi previsti dall’ecobonus (denominati “trainati”) possono essere portati in detrazione al 110%;
Per usufruire del superbonus l’unità immobiliare deve aumentare di due classi energetiche o, ove non possibile, deve essere dimostrata questa impossibilità.
Detrazioni al 110% per interventi di miglioramento sismico degli edifici
Aliquota di detrazione unica al 110% per tutte le tipologie di intervento;
Limite di spesa invariato rispetto alla legge sul sismabonus (96.000€ ad unità immobiliare);
Esclusi immobili in zona sismica 4.
Detrazioni al 110% per interventi di installazione di impianti fotovoltaici
Si può accedere a tale detrazione solo se si esegue uno degli interventi di miglioramento energetico o sismico di cui sopra (è a tutti gli effetti un intervento “trainato”);
Ammontare massimo della spesa pari a 48.000€ per i pannelli fotovoltaici;
Spesa massima ammissibile per ogni Kw installato pari a 2.400€ in caso di edificio esistente;
Spesa massima ammissibile per ogni Kw installato pari a 1.600€ in caso di nuovo edificio;
Ammontare massimo della spesa pari a 48.000€ per i sistemi di accumulo dell’energia (batterie);
Spesa massima ammissibile per ogni Kwh di capacità di accumulo delle batterie pari a 1.000€;
Obbligo di cedere al GSE l’energia non utilizzata in autoconsumo;
Le modalità di cessione e il valore di cessione sono determinati con decreto del Mise.
Detrazioni del 110% per l’installazione di colonnine di ricarica dei veicoli elettrici
Si può accedere a tale detrazione solo se si esegue uno degli interventi di miglioramento energetico di cui sopra (è a tutti gli effetti un intervento “trainato”);
Non ci sono particolari limiti o prescrizioni.
Chi può accedere o meno alla detrazione
i condomìni (con l’accento sulla ì…mi raccomando);
Le persone fisiche, anche titolari di reddito di impresa o professionisti, su tutte le unità immobiliari che beneficiano di interventi “trainanti” sulle parti comuni degli edifici;
Le persone fisiche (NO come impresa o professionisti) su un massimo di due unità immobiliari che beneficiano di interventi su parti private;
Non possono accedere alla detrazione gli immobili accatastati A/1, A/8, A/9.
Altre disposizioni
È obbligatorio un visto di conformità rilasciato da un commercialista/ragioniere/perito commerciale/consulente del lavoro/responsabili assistenza dei CAF (no tecnico progettista) su tutta la documentazione dell’intervento;
Per gli interventi di efficientamento energetico i tecnici progettisti asseverano il rispetto dei limiti di legge stabiliti dalle apposite norme tecniche e la congruità della spesa;
Per gli interventi di miglioramento sismico i tecnici progettisti asseverano la riduzione del rischio sismico e attestano la congruità delle spese;
Il Mise deve emanare un decreto attuativo che determini le modalità di trasmissione delle asseverazioni e i prezziari di riferimento per i costi;
I tecnici che asseverano il falso sono soggetti a multe da 2.000 a 15.000 €;
I tecnici devono stipulare apposita polizza assicurativa;
Le spese per attestazioni e asseverazioni sono detraibili al 110%.
1.2 | Sconto in fattura e cessione del credito – articolo 121
Chi sostiene spese detraibili ai sensi del bonus casa (50%), ecobonus (50%, 65%, 110%), sismabonus (110%), bonus facciate (90%), installazione impianti fotovoltaici (110%), installazione colonnine elettriche (110%) invece di usufruire della detrazione può…
Ottenere uno sconto in fattura dal fornitore e/o impresa fino all’importo della corrispondente detrazione spettante. Questi maturano un credito che possono cedere a banche, finanziarie, ESCo, etc.;
Cedere direttamente la detrazione sotto forma di credito di imposta a banche, finanziarie, ESCo;
Tali opzioni possono essere esercitate o meno per ognuno dei S.A.L. emessi;
Chi riceve il credito deve usarlo con la stessa rateizzazione che avrebbe il cedente (5 o 10 anni), non può portarlo da un anno all’altro (quello non usato in uno specifico anno è perso) e non può chiederlo a rimborso;
Se in seguito ad un controllo l’Agenzia delle Entrate verifica che la detrazione/credito non era dovuto, procede a recuperare le somme da chi ha beneficiato dei lavori;
Chi ha beneficiato del credito (imprese, banche, finanziarie, etc.) non lo perdono in quanto erano in “buona fede” (dalla FAQ 11 della guida dell’Agenzia delle Entrate).
Occhio all’ultimo punto che mette a fuoco un possibile problema per te…di cui parleremo più avanti.
Per il resto tutto chiaro?
Adesso approfondiamo cosa dice la legge negli articoli 119 e 121.
CAPITOLO 2 – ARTICOLO 119 DELLA LEGGE 77: OPPORTUNITÀ E LIMITI DEL SUPER BONUS AL 110%
Credo di avertelo già detto tre o quattro volte che l’articolo 119 della legge 77 introduce definitivamente la possibilità di detrarre al 110% alcune opere legate al recupero del patrimonio edilizio.
L’articolo è diviso in 23 commi (cioè sotto-paragrafi).
I primi 8 chiariscono quali interventi, e in che modo, possono accedere al super bonus. I restanti integrano i primi fornendo dei chiarimenti.
Il super bonus del 110% è previsto per i seguenti interventi:
Alcune misure dell’ecobonus (quindi efficientamento energetico degli edifici) – commi da 1 a 3-bis;
Interventi del sismabonus (quindi miglioramento sismico degli edifici) – commi 4 e 4-bis;
Installazione di pannelli fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo dell’energia prodotta – commi da 5 a 7;
Installazione di colonnine elettriche – comma 8.
La prima cosa evidente è che gli interventi che rientrano nel bonus casa, cioè quelli classici per ristrutturare, sono esclusi da questo super bonus.
Non ti puoi ristrutturare casa gratis. Con buona pace di tutti i proclami del governo.
Gli interventi più interessanti che rientrano nel super bonus, e per cui si stanno muovendo la maggior parte degli operatori del settore, sono senza dubbio quelli legati all’ecobonus. Però vedremo come ci sono molte limitazioni ed in particolare viene escluso l’intervento diretto da parte del singolo proprietario di un appartamento in condominio.
2.1 | Super bonus al 110% per interventi di efficientamento energetico (ecobonus)
Qui parliamo di quanto previsto nei commi 1, 2, 3 e 3-bis dell’articolo 119 della legge 77.
Comma 1: gli interventi “trainanti” previsti
Si tratta di opere legate all’efficientamento energetico per cui la detrazione è stata portata al 110%. Questa detrazione deve essere suddivisa in 5 rate annuali di pari importo (l’ecobonus normale prevede 10 rate annuali di pari importo) ed è in vigore per le spese sostenute tra l’1 luglio 2020 e il 31 dicembre 2021.
Il comma 1 ci dice quali interventi di efficientamento energetico possono accedere alla detrazione del 110%. Sono 3.
Intervento 1: Isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro per oltre il 25% della superficie disperdente dell’edificio o dell’unità immobiliare situata all’interno dell’edificio purché abbia un accesso autonomo dall’esterno.
Vediamo i principali cardini di questa tipologia di interventi.
Punto 1 – isolamento degli edifici
Qui si parla di isolare gli edifici esistenti. Con cappotto, con isolamento interno, con isolamento in intercapedine…non importa come. Si parla di isolamento.
Però emergono subito delle limitazioni dettate dalla superficie minima su cui si può intervenire e dal fatto che si parla di “edifici” e non di unità immobiliari.
Per essere chiari:
Condomini: si
Edifici singoli: si
Appartamento in condominio: NO in modo autonomo (a meno che non abbia oltre del 25% di superficie “disperdente” dell’intero edificio…caso raro)
Per le singole unità immobiliari all’interno di edifici plurifamiliari viene fatta un’unica eccezione: quella delle villette a schiera e assimilabili.
Le villette a schiera sono il tipico esempio di unità immobiliare che si trova all’interno di un edificio (quello formato da tutte le villette) ma che ha un ingresso autonomo.
Caso assimilabile anche alle bifamiliari per intenderci (purché abbiano un accesso autonomo dall’esterno).
In questi casi anche il singolo proprietario della villetta può farsi il cappotto senza che lo facciano anche gli altri…(purché intervenga su oltre il 25% dell’involucro disperdente).
Punto 2 – superficie minima di isolamento
Approfondiamo proprio l’aspetto del 25% di superficie disperdente interessata dai lavori, condizione minima necessaria per accedere al super bonus per interventi di isolamento.
Sai come si determina la superficie disperdente di un edificio?
Ce lo dice la legge: la superficie disperdente di un edificio sono tutti quei muri-solai-tetti-finestre-porte che delimitano l’edificio dall’ambiente esterno o da una zona non climatizzata.
Per intenderci: il muro esterno, ma anche il muro che ci divide dal pianerottolo, il solaio che ci divide dai garage o da un sottotetto.
Se isolare oltre il 25% della superficie disperdente di una casa singola o di un’unità immobiliare in una villetta schiera è una condizione facilmente raggiungibile…non lo è per il singolo appartamento in un condominio.
Tra l’altro nei condomini le pareti esterne sono “parti comuni” dell’edificio…quindi in ogni caso l’intervento di cappotto esterno (solitamente il metodo più efficace di isolare) deve essere approvato dall’assemblea condominiale.
Punto 3 – no finestre
Si parla esplicitamente di “superfici opache”. Quindi finestre, balconi, porte, serrande…sono escluse. Cioè la sostituzione degli infissi non accede direttamente a questa misura. (Ma tra poco vedremo come la legge la fa rientrare dalla…finestra).
Punto 4 – limiti di spesa
La legge infatti ci dà anche i limiti di spesa detraibili con il super bonus.
Spesa massima di 50.000€ per edifici unifamiliari e villette a schiera;
Spesa massima di 40.000€ per ogni unità immobiliare di edifici da 2 a 8 unità immobiliari;
Spesa massima di 30.000€ per ogni unità immobiliare di edifici con più di 8 unità immobiliari.
Cosa succede se superi questi limiti di spesa?
Che le restanti somme le detrai con le normali percentuali di detrazione dell’ecobonus (65%) fino al raggiungimento dei limiti di spesa previsti dalla legge specifica (60.000€ totali…). E per le somme eccedenti non detrai nulla.
Comunque, ad eccezione delle case unifamiliari che in alcuni casi possono essere molto grandi (ma come vedremo le ville sono escluse da questa misura) e richiedere investimenti elevati, sono buoni limiti di spesa.
Punto 5 – criteri ambientali minimi
Ultima cosa: i materiali isolanti utilizzati devono rispettare i cosiddetti C.A.M., cioè criteri ambientali minimi.
Per dirla pane e salame: devono essere ecologici (cioè avere un’apposita certificazione).
Naturalmente questi materiali costano molto di più dei normali materiali isolanti…
Passiamo alla seconda detrazione legata all’ecobonus che usufruisce del 110%:
Intervento 2: Sostituzione di impianti di climatizzazione invernali esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria. Da eseguirsi sulle parti comuni degli edifici.
Punto 1 – impianti centralizzati
Parliamo di impianti condominiali centralizzati. E parliamo delle opere da eseguirsi sulle parti comuni degli edifici.
Quindi, a scanso di equivoci, se hai un appartamento in condominio e vuoi sostituire l’impianto di riscaldamento…non sei compreso in questa detrazione.
Tra l’altro ti voglio evidenziare come le opere detraibili sono quelle “da eseguirsi sulle parti comuni degli edifici”. Quindi non quelle dentro gli appartamenti (che sono privati). Le eventuali opere interne alle unità immobiliari (per allacciarsi o uniformarsi al nuovo impianto centralizzato) non rientrano direttamente in questa misura della detrazione (ma vedrai che ci rientrano dalla finestra…).
Punto 2 – tipologia impianti
I nuovi impianti installati possono essere:
Con caldaia a condensazione ad alta efficienza (a metano);
A pompa di calore (elettrico);
Ibridi (gas+elettrico) o geotermici;
A microcogenerazione;
A collettori solari;
Oppure si può allacciare l’edificio ad un sistema di teleriscaldamento efficiente, ma solo se l’immobile si trova in un comune montano non interessato da procedure europee di infrazione.
Posto che ritengo difficile convincere un condòmino che scalda l’appartamento con la sua caldaietta, a passare ad un sistema centralizzato, ai fini dell’efficienza sarebbe un intervento interessante.
Punto 3 – limiti di spesa
Anche qui vengono dati dei limiti di spesa:
Spesa massima di 20.000€ per ogni unità immobiliare di edifici da 2 a 8 unità immobiliari;
Spesa massima di 15.000€ per ogni unità immobiliare di edifici con più di 8 unità immobiliari.
La detrazione riguarda anche le spese di smaltimento del vecchio impianto.
Proseguiamo con la terza e ultima misura legata all’ecobonus:
Intervento 3: Sostituzione di impianti di climatizzazione invernali esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria. Da eseguirsi sugli edifici unifamiliari o sulle singole unità immobiliari delle villette a schiera (“edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti con uno o più accessi autonomi dall’esterno”).
Praticamente stiamo parlando della stessa cosa del punto precedente solo che è cambiato il tipo di edificio: ora ci riferiamo agli edifici unifamiliari e alle villette a schiera.
Anche qui i nuovi impianti installati possono essere:
Con caldaia a condensazione ad alta efficienza (a metano);
A pompa di calore (elettrico);
Ibridi (gas+elettrico) o geotermici;
A microcogenerazione;
A collettori solari;
A biomassa (pellet) se l’edificio si trova in area non metanizzata di un comune non interessato da procedure europee di infrazione.
Vale anche la stessa cosa detta prima in merito al teleriscaldamento.
Anche qui viene dato un limite di spesa: 30.000€. E possono essere detratte anche le spese di smaltimento e bonifica dell’impianto sostituito.
Bene, questi sono i 3 interventi che possiamo definire “trainanti”, cioè che permettono di accedere dalla porta principale al super bonus del 110%.
Però al comma 2 vengono fatti rientrare anche altri interventi…che possiamo definire “trainati”.
Comma 2: estensione della detrazione e interventi “trainati”
Il comma 2 ci dice che, se fai uno dei tre interventi di miglioramento energetico di cui al comma 1 puoi detrarre al 110% anche gli altri interventi previsti dall’ecobonus.
Interventi di riqualificazione energetica su interi edifici esistenti (l. 296/2006, art.1, comma 344)
Interventi sull’involucro degli edifici per riduzione della trasmittanza termica (l. 296/2006, art.1, comma 345) – NB: è l’isolamento sia le parti opache che quelle finestrate
Interventi di installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (l. 296/2006, art.1, comma 346) – NB: non è fotovoltaico ma solare termico
Sostituzione di impianti di climatizzazione invernale (l. 296/2006, art.1, comma 347)
Acquisto e posa in opera di schermature solari (l. 190/2014, art.1, comma 47)
Acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (l. 190/2014, art.1, comma 47)
Dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti termici (l. 208/2015, art.1, comma 88)
Acquisto e posa di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti (l.205/2017, art.1, comma 3, lettera a, nume-ro 3).
Il superbonus coinvolge gli interventi dei punti 2 (solo per le strutture opache) e 4 (parzialmente anche il 6).
Il comma 2 dell’articolo 119 ci dice che se fai uno dei tre interventi che abbiamo visto al paragrafo precedente, che quindi detrai al 110%, puoi eseguire anche tutti gli altri interventi dell’elenco qui sopra detraendoli sempre al 110%.
Quindi, ad esempio, se fai il cappotto e lo detrai al 110%, puoi anche sostituire gli infissi, oppure installare le schermature solari e detrarli a loro volta al 110%.
Una conseguenza è che, se il condomìnio delibera di fare il cappotto termico, il singolo condòmino può rifarsi anche l’impianto di riscaldamento autonomo (non solo il centralizzato) in quanto è una misura prevista dall’ecobonus.
E la guida dell’Agenzia delle Entrate ci dice che anche la sola sostituzione della caldaia in questo caso beneficia del 110% di detrazione.
Capisco che sia una cosa un po’ cervellotica…però funziona così.
Viene inoltre specificato un altro aspetto: i limiti di spesa per gli interventi “trainati” sono quelli previsti dalla legge che regola l’ecobonus (ti rimando sempre all’articolo specifico per approfondimenti).
Comma 3: i requisiti tecnici
Magari questi aspetti ti interessano poco…ma sono importanti.
Infatti non è che qualsiasi intervento di presunto miglioramento energetico venga fatto può usufruire delle detrazioni del super bonus.
Bisogna rispettare dei precisi parametri.
Questi parametri sono quelli stabiliti dalle varie leggi in vigore (ci sono degli specifici decreti del 2015 che li definiscono).
Inoltre l’intervento deve portare al miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio o dell’unità immobiliare della casa a schiera (la già citata unità immobiliare con accesso autonomo dall’esterno).
Ti ho detto mille volte che il patrimonio edilizio italiano è vecchio ed energivoro (cioè consuma tanto). Però questo non significa che anche un buon intervento energetico riesca a far salire automaticamente di due classi energetiche un edificio o un appartamento.
Proprio per questo motivo nel comma 3, quando si parla delle classi energetiche da raggiungere, viene detto anche che: se il miglioramento di due classi energetiche non è possibile bisogna dimostrarlo e bisogna comunque raggiungere la classe energetica più alta possibile.
Tutto ciò deve essere dimostrato attraverso un attestato di prestazione energetica (APE) prima e dopo l’intervento.
Ti anticipo qui una piccola riflessione: per i condomini non esistono APE che riguardano l’intero edificio, ma singoli APE degli appartamenti. Se non vengono cambiate le regole sarà necessario fare un attestato pre e post intervento per ogni appartamento (con i relativi costi).
Ultima cosa interessante è che si può usufruire del super bonus anche se fai un intervento di demolizione e ricostruzione dell’edificio.
[Tra l’altro proprio la definizione di demolizione e ricostruzione è stata appena modificata da un altro decreto legge (il cosiddetto “semplificazioni”) che, in soldoni, adesso consente di ricostruire l’edificio in posizione (all’interno del lotto) e con forma diverse rispetto all’esistente. Si tratta di una cosa che non ci interessa approfondire qui e di cui il tuo tecnico saprà dirti di più però è una novità importante (anche se il decreto semplificazioni deve essere ancora convertito in legge).]
Sull’ecobonus, che era la parte più consistente della questione, abbiamo detto tutto. Ci sarebbe anche il comma 3-bis ma riguarda semplicemente un’estensione dei termini al 30 giugno 2022 per gli interventi in edifici IACP, quindi un caso limitato e a cui tu probabilmente non sei interessato.
Mi tengo alcune riflessioni per l’ultimo capitolo. Ora passiamo ad analizzare i commi 4 e 4-bis…parliamo di sismabonus.
2.2 | Super bonus per interventi di miglioramento sismico degli edifici esistenti
I commi 4 e 4-bis dell’articolo 119 riguardano le detrazioni fiscali relativi al sismabonus.
Comma 4: interventi previsti
Anche qui le detrazioni al 110% valgono per le spese sostenute dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per le opere di “efficientamento” sismico. E devono essere detratte dalle tasse in 5 rate annuali di pari importo (il sismabonus prevedeva già questa rateizzazione).
Come sicuramente sai se hai letto il mio articolo sul sismabonus tale detrazione è una misura speciale del bonus casa e prevede tre scaglioni di detrazione differente:
50% se si effettua solo un miglioramento sismico;
70% se si realizza un miglioramento di 1 classe sismica;
80% se si realizza un miglioramento di 2 classi sismiche.
Non approfondiamo oltre e ti rimando all’articolo per saperne di più.
La legge 77 elimina queste distinzioni: per tutte le tipologie di interventi di miglioramento sismico vale la detrazione del 110%.
L’unica cosa che viene chiarita è che questa misura non vale per gli edifici ubicati in zona sismica 4, cioè la meno pericolosa dal punto di vista sismico.
Il territorio italiano infatti è diviso in quattro zone sismiche, di cui la 1 è quella più pericolosa.
Le zone sismiche 4 sono molto limitate rispetto all’estensione territoriale (anche se al nord si tratta di aree popolose) e riguardano essenzialmente: un’ampia area tra Torino e Milano, la provincia di Bolzano, una porzione del Veneto, il “tacco d’Italia” e la Sardegna.
C’è un’altra cosa: se cedi il credito maturato con questi interventi ( parleremo della cessione analizzando l’articolo 121) ad un’impresa di assicurazione e contestualmente stipuli un’assicurazione, questa assicurazione la puoi detrarre al 90% e non al 19% come era finora.
Comma 4-bis: estensione della detrazione anche ai sistemi di monitoraggio
Il comma 4-bis estende la detrazione anche ai “sistemi di monitoraggio strutturale continuo ai fini antisismici”, purché sia eseguito insieme ad un intervento di miglioramento sismico.
Questi sistemi sono in pratica una serie di sensori installati sulla struttura in modo permanente e che comunicano ad un processore (un computer) i dati che rilevano sugli spostamenti strutturali.
Grossolanamente puoi assimilarli ad un sismografo per edifici.
2.3 | Fotovoltaico e sistemi di accumulo
Parliamo ora di quanto previsto dai commi 5, 6 e 7 relativi al superbonus del 110% per l’installazione di pannelli fotovoltaico e di sistemi di accumulo dell’energia prodotta.
Come vedremo si tratta di interventi che possono a tutti gli effetti rientrare tra quelli “trainati”.
Comma 5, detrazioni per installazione di pannelli fotovoltaici
Facciamo una premessa: il cosiddetto “bonus casa” (quello con cui si possono detrarre le opere di ristrutturazione al 50%) tra le varie misure prevede anche la detrazione per l’installazione di pannelli fotovoltaici.
Quindi questo superbonus al 110% per i pannelli fotovoltaici è un’estensione di un bonus esistente e non un nuovo bonus.
La percentuale di detrazione è chiaramente del 110%, da calcolarsi su un ammontare massimo di spesa di 48.000€, da dividersi in 5 rate annuali.
Però attenzione, vengono dati dei limiti di spesa per ogni chilowatt (Kw) di fotovoltaico installato.
Chiariamo.
Il dimensionamento dei pannelli fotovoltaici viene fatto in base alle effettive necessità di consumo dell’immobile.
Se hai una casa di 100mq per farla funzionare hai bisogno di un certo numero di chilowattora/anno (basta che ti guardi le bollette per capire quanto).
Se casa tua è grande 200mq i consumi naturalmente aumentano.
L’impianto va dimensionato in base ai reali consumi. E solitamente bastano pochi Kw di fotovoltaico.
Quindi, forse per evitare qualche “furbata”, il legislatore ha deciso di inserire dei limiti di costo per ogni kw installato.
Questi limiti sono due:
2.400€ a Kw per installazione su edifici esistenti
1.600€ a Kw per installazione su nuovi edifici o in caso di demolizione e ricostruzione
I limiti più bassi in caso di nuova costruzione sono dovuti al fatto che è già obbligo prevedere l’installazione di fonti di energia rinnovabili quando si realizza un nuovo edificio.
NB: per la cronaca, come fa notare il comma 16-ter, il limite massimo di Kw installabili col superbonus è 20 (fatti due conti). Se ne devi mettere di più (un condominio ad esempio potrebbe avere questa necessità), sull’eccedente devi applicare le aliquote previste dalla legge che regola il bonus casa.
Ultima e importantissima cosa: nel caso di installazione di pannelli fotovoltaici su edifici esistenti, il superbonus è valido solo se viene effettuato congiuntamente ad uno degli interventi trainanti. Quindi di efficientamento energetico (quelli del comma 1) o miglioramento sismico.
Pertanto non è autonomo (tranne che per le nuove costruzioni).
Comma 6, detrazioni per installazione di sistemi di accumulo legati al fotovoltaico
Non so se hai una vaga idea di come funziona un impianto fotovoltaico: di base ci sono dei pannelli che trasformano l’energia del sole in energia elettrica.
Ma cosa ci fai di questa energia?
In parte la puoi utilizzare subito per accendere la lampadina o azionare il condizionatore, ma quella che non ti serve subito?
La puoi stipare in enormi batterie ricaricabili, dette “sistemi di accumulo”.
Il comma 6 prevede il superbonus anche per questi sistemi di accumulo per i quali è previsto un limite di spesa sempre di 48.000€, la suddivisione in 5 rate annuali e un costo massimo di 1.000€ a kWh di capacità di accumulo.
Comma 7, cessione dell’energia non utilizzata
Per capire cosa prevede questo comma torniamo al nostro impianto fotovoltaico.
Abbiamo detto che i pannelli producono energia elettrica.
Questa energia elettrica puoi usarla istantaneamente e/o accumularla in enormi batterie.
Ma quando le batterie hanno raggiunto la loro capacità massima?
Cosa ci fai dell’energia in più che produci?
Solitamente si immette questa energia nella rete elettrica nazionale dove ci possono essere vari acquirenti con cui fare accordi. Il comma 7 prevede obbligatoriamente di cedere l’energia al GSE (gestore dei servizi energetici).
Come si cede questa energia al GSE? Quanto viene pagata? Quali sono i limiti di utilizzo dell’energia autoprodotta?
Tutto ciò è demandato ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico (uno dei tanti previsti da questa legge) di cui ad oggi siamo in attesa.
2.4 | Colonnine di ricarica dei veicoli elettrici
Il comma 8 introduce l’ultima opera per cui viene previsto il superbonus: l’installazione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici negli edifici.
La divisione è sempre in 5 rate annuali di pari importo e può accedere al superbonus solo se effettuata insieme ad un degli interventi di efficientamento energetico che abbiamo visto prima (quelli del comma 1 dell’articolo 119).
Si tratta quindi a tutti gli effetti di un’opera “trainata”.
Non c’è altro da aggiungere per questa quarta misura e per quanto riguarda le opere che possono accedere alla detrazione del 110% abbiamo detto tutto.
Come hai potuto leggere, se possiedi un appartamento in condominio, sei escluso dall’applicazione diretta di questo bonus. Tutto dipende dagli interventi condominiali.
E in ogni caso la ristrutturazione della casa (spostamento di muri, rifacimento di bagni, cucine, sostituzione di porte, pitturazioni, impianti idrici ed elettrici…) non rientra mai in questa detrazione al 110%.
Detto ciò…l’articolo 119 ha altri 15 commi in cui ci sono delle specificazioni importanti che vale la pena approfondire.
2.5 | Varie ed eventuali: i commi che chiariscono molte cose
Commi 9 e 10: chi può accedere alla detrazione e su quanti edifici
Il comma 9 ci dice che le detrazioni possono essere usufruite dai “condomìni” (proprio con l’accento sulla ì…per non confonderlo con gli inquilini…)e dalle persone fisiche (non come imprese o attività similari).
Sono comprese anche gli istituti IACP, le cooperative e le associazioni sportive dilettantistiche ma non ci interessa.
Quello che invece ci interessa è che le persone fisiche possono accedere alle detrazioni del superbonus legate all’efficientamento energetico (quello dei commi da 1 a 3 che abbiamo visto sopra) su due unità immobiliari.
Vengono introdotte le seconde case.
Ma chiariamo meglio.
Se possiedi 10 appartamenti in 10 condomini puoi accedere alle detrazioni per tutti 10 gli appartamenti, finché le opere sono eseguite sulle parti comuni degli stessi.
Quindi puoi accedere al superbonus per tutti gli interventi di isolamento e per tutti gli impianti centralizzati.
Però se vuoi contemporaneamente sostituirti gli infissi, che sono privati, o rifarti l’impianto di riscaldamento, che è privato, puoi accedere al superbonus solo su due unità immobiliari.
La stessa cosa vale se hai tre ville: su due puoi accedere al superbonus per interventi di efficientamento energetico e su una no.
Un ultimo chiarimento: in caso di interventi su parti comuni degli edifici, anche imprenditori e professionisti che possiedono un immobile al suo interno possono usufruire della detrazione per le spese che per forza sosterranno.
Commi da 11 a 14: cessione del credito e adempimenti tecnici
Sappiamo benissimo che il grosso dell’interesse generato da questa legge gira intorno al concetto di avere i lavori gratis, cioè senza pagare nulla. Solo la detrazione del 110% non è sufficiente ad ottenere questo risultato. Serve la possibilità di ottenere lo sconto totale in fattura o fare la cessione della detrazione sotto forma di credito.
A questo aspetto è dedicato l’articolo 121 della legge.
Però i commi da 11 a 14 dell’articolo 119, chiariscono bene i paletti che devi rispettare per accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura.
Infatti il comma 11 inizia con:
“Ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121…”
Uno dei requisiti si trova proprio nel comma 11 ed è il “visto di conformità”, che è indispensabile.
In particolare la legge parla di “visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione di imposta per gli interventi di cui al presente articolo”.
Una frase degna del miglior conte Mascetti per dire che qualcuno deve verificare tutta la documentazione che i tecnici e le imprese devono produrre e, se è tutto ok, apporre il suo “visto di conformità”.
Naturalmente il visto non può metterlo un pinco pallino qualsiasi. Deve essere un commercialista, un ragioniere, un perito commerciale, un consulente del lavoro. O figure assimilabili secondo quanto stabilisce la legge.
Come vedi sono tutti professionisti nell’ambito “economico”. Quindi in sostanza, anche se non è scritto in modo esplicito, ci vuole qualcuno che certifichi la congruità dei costi…
Il comma 12 dice che le modalità di comunicazione della cessione del credito ancora non si sanno…ci vuole un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di cui siamo ancora in attesa.
Questo significa che, ad oggi, la cessione del credito non è ancora operativa. O meglio: non sappiamo come vada fatta (e per la cronaca non lo sanno nemmeno banche e finanziarie…).
I commi 13, 13-bis e 14parlano di dichiarazioni, attestazioni e norme tecniche che i progettisti devono rispettare sia per le opere di efficientamento energetico che per quelle sismiche:
Per gli interventi di efficientamento energetico i tecnici progettisti asseverano il rispetto dei limiti di legge stabiliti dalle apposite norme tecniche e la congruità della spesa;
Per gli interventi di miglioramento sismico i tecnici progettisti asseverano la riduzione del rischio sismico e attestano la congruità delle spese;
Già perché non pensavi forse che fosse sufficiente chiamare un’impresa e dirle:
“ehi fammi il cappotto termico che detraggo il 110%!”
Eh no…ci vuole un progetto fatto da un tecnico abilitato (con relative pratiche edilizie) che poi certifica e attesta tutto quanto.
Faremo una riflessione su questa cosa alla fine dell’articolo (leggila perché serve per tutelare te prima di tutto!).
A parte questo, in questi commici sono un paio di cose interessanti:
Nel comma 13, punto a) viene detto che il Mise (ministero dello sviluppo economico) deve emettere un decreto attuativo entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (la data di pubblicazione in gazzetta ufficiale) con le modalità di trasmissione delle asseverazioni.
Naturalmente il decreto non c’è ancora.
Ma la cosa interessante è che all’interno di questo decreto ci sarà quanto riportato nel comma 13-bis…
Infatti nel comma 13-bis viene detto che “ai fini dell’asseverazione della congruità delle spese si fa riferimento ai prezzari individuati dal decreto di cui al comma 13, lettera a)”.
Non essendoci il decreto non ci sono nemmeno i prezziari…
Però fino alla pubblicazione del decreto si possono usare i vari prezziari esistenti (quelli regionali, quelli delle camere di commercio, industria, artigianato, etc.).
Questo è un passaggio importante perché il legislatore sta dicendo a te, ai tecnici e alle imprese: “non pensare di gonfiare i prezzi artificiosamente! Non è che fai il cappotto e con la spesa dichiarata ci rifai pure il bagno di casa…”
Lo so che tu che mi leggi sei una persona onesta, ma mi hanno già raccontato di richieste tipo: “senti con questo superbonus mi ci devi far uscire il motorino per mio figlio!”
Come si dice, prevenire è meglio che curare…
Infine il comma 14 mette il carico da novanta per i tecnici: se fanno attestazioni fasulle dovranno pagare multe da 2.000€ a 15.000€.
Considera che quindicimila euro per molti tecnici è il ricavo di un anno di lavoro…
Commi 15 e 15-bis
Siamo in fondo all’articolo 119.
Nel comma 15 viene chiarito che tutte le attestazioni, asseverazioni e il visto di conformità di cui abbiamo appena parlato, possono essere detratti.
Non si fa alcun accenno alla detrazione dei costi di analisi, progettazioni e pratiche edilizie. In teoria dovrebbero essere detraibili ai sensi delle leggi che regolano i bonus originali (ecobonus, sismabonus e bonus casa). Ma il super bonus al 110% è una misura diversa e non valgono le stesse regole…credo sia il caso di aspettare qualche chiarimento dell’Agenzia delle Entrate.
Al comma 15-bis viene fatto un chiarimento importante in merito agli immobili esclusi dal super bonus: se casa tua è accatastata come A/1 (abitazione di tipo signorile), A/8 (abitazione in villa) e A/9 (Castelli e palazzi) ti puoi attaccare. Niente super bonus per te.
Ora passiamo all’articolo sulla cessione del credito/sconto in fattura e che vedrai non si limita solo ai lavori di cui abbiamo parlato all’articolo 119.
CAPITOLO 3 – ARTICOLO 121: CESSIONE DEL CREDITO O SCONTO IN FATTURA AL POSTO DELLA DETRAZIONE FISCALE
La dichiarazione fatta dal governo e dai politici “ristrutturerete la casa gratis” non avrebbe avuto nessun senso se non fosse stato inserito l’articolo 121 sulla cessione del credito e lo sconto in fattura, a completamento del superbonus.
In realtà abbiamo visto che la dichiarazione non ha comunque alcun senso perché è falsa…con gli interventi detraibili al 110% non ci ristrutturi casa.
…comunque quello che dice l’articolo 121 è decisamente importante.
Infatti normalmente le detrazioni fiscali per gli interventi edilizi funzionano come sconto sulle tasse da ripartire in 10 rate annuali (5 per il sismabonus).
Nei casi previsti dal superbonus, che abbiamo appena visto, le rate diventano 5, sempre a cadenza annuale.
Ma stanti solo così le disposizioni, significherebbe che per fare i lavori intanto devi sborsare tutta la somma e poi negli anni pagherai meno tasse per l’importo che hai speso (anzi ti danno un bonus del 10%).
L’intervento è sostanzialmente gratuito, ma prevede un esborso iniziale che molte persone non possono permettersi o non vogliono fare.
Tra l’altro le detrazioni fiscali non costituiscono credito di imposta che può essere portato da un anno all’altro, ma funzionano con il concetto di capienza.
Non so se hai mai avuto a che fare con dichiarazioni dei redditi e tasse. Se tu maturi un “credito di imposta”, cioè sostanzialmente hai versato più tasse di quanto dovevi, lo Stato ha un debito con te.
Quei soldi puoi decidere di usarli subito per pagare altre tasse (l’IMU ad esempio), tenerli da parte nel tuo “cassetto fiscale” per pagare le tasse negli anni successivi, o addirittura chiederli a rimborso. E lo Stato effettivamente te li accredita, generalmente in un paio di anni (te lo posso assicurare perché l’ho fatto).
Le detrazioni fiscali per ristrutturare però non costituiscono credito di imposta, ma sconto da fruire di anno in anno sulle tasse.
Se un anno devi pagare 1.500€ di tasse e hai maturato una detrazione annuale di 1.000€ semplicemente fai la differenza e vai a pagare 500€ di tasse.
Ma se le tasse che devi pagare sono solo 500€ e la detrazione annuale è di 1.000€ non è che lo Stato ti dà i 500€ di differenza oppure puoi usare questa somma l’anno successivo. Semplicemente perdi quella parte di detrazione.
Questo è il concetto di capienza che chiunque ristruttura deve tenere molto bene in considerazione (e di cui ti ho parlato già molte altre volte).
Il superbonus al 110% non solo aumenta la percentuale di detrazione (aumentando quindi la somma assoluta da detrarre), ma dimezza anche i termini di detrazione: in questo modo le rate di detrazione annuale possono diventare anche quattro volte quelle che avresti pagato normalmente.
Facciamo un esempio.
Isoli la casa con il cappotto e spendi 50.000€ (prendiamo il limite dato dal superbonus).
Normalmente detrarresti il 65% in 10 anni, quindi: 50.000*0,65/10= 3.250€ all’anno.
Con il superbonus detrarresti il 110% in 5 anni, quindi: 50.000*1.1/5= 11.000€ all’anno.
Considera che a questa somma potresti dover aggiungere le detrazioni per l’impianto di riscaldamento, gli interventi antisismici, il fotovoltaico, le colonnine…a che somma di tasse annuale da detrarre arriviamo?
Sono in pochi quelli che se lo possono permettere.
Quindi, con questi termini, molte persone si ritroverebbero a non sfruttare realmente la detrazione del 110%.
Come risposta il legislatore, nell’articolo 121, si è inventato questa cosa della cessione del credito e dello sconto in fattura.
Che bada bene: non è una novità assoluta.
Già nel 2019 erano stati introdotti per l’ecobonus, per poi non essere rinnovati tranne che per casi particolari, mentre per il sismabonus erano modalità ancora in vigore.
Ora sono stati re-introdotti e ampliati. Principalmente con l’obiettivo di rendere realmente operativo il superbonus, ma come vedremo si sono riversati anche sulle altre detrazioni.
3.1 | Commi 1 e 1-bis: sconto in fattura e cessione del credito
Con il comma 1 vengono introdotti sconto in fattura e cessione del credito.
a) Puoi usufruire di uno sconto fino a una somma pari all’importo della detrazione (naturalmente nel rispetto dei limiti di spesa che abbiamo già visto).
Questo sconto viene fatto dalle imprese e dai fornitori che hanno eseguito l’intervento. Questi ultimi recuperano tali somme come credito di imposta pari alla detrazione che ti spetterebbe.
Tale credito possono o utilizzarlo per compensare le proprie tasse, oppure cederlo ad altri soggetti (tra cui banche e finanziarie).
Quindi, in un mondo ideale, tu non paghi nulla all’impresa e lei ti fa i lavori.
b) Puoi cedere direttamente la detrazione che ti spetta ad un soggetto terzo, trasformandola contestualmente in credito di imposta.
Tale credito che hai ceduto può a sua volta essere ceduto ad altri soggetti (banche e finanziarie)
Quindi, invece di scontarti i lavori, l’impresa te li fattura e tu glieli paghi regolarmente. Però, invece di usufruire della detrazione in prima persona, la cedi tu direttamente a qualcun altro (solitamente banche e finanziarie) sotto forma di credito di imposta.
In questa ipotesi devi comunque sborsare i soldi, anche se dovresti riceverli indietro praticamente subito (sempre in un mondo ideale).
Tutto ciò vale per le spese sostenute nel 2020 (da luglio) e nel 2021.
Sconto in fattura e cessione del credito non sono misure riferite esclusivamente alle detrazioni del super bonus. Lo vedremo nel comma 2.
Prima di parlarne vediamo cosa prevede il comma 1-bis: cioè lo sconto in fattura o la cessione del credito possono essere messi in pratica per ogni stato di avanzamento lavori.
Gli stati di avanzamento lavori (S.A.L.) sono le rate che dovresti pagare ad impresa e fornitori man mano che i lavori vanno avanti (difficilmente si può pagare tutto alla fine degli stessi…).
Ogni volta che un fornitore o l’impresa deve ricevere uno stato di avanzamento lavori puoi o ottenere lo sconto in fattura o cedere il credito.
Questo ti da la possibilità, nel caso in cui l’importo dei lavori superi i limiti dei bonus, di sfruttare questa misura per le somme che vi rientrano.
Nel caso del superbonus al 110% i S.A.L. possono essere al massimo due e devono corrispondere ad almeno il 30% dell’importo dei lavori.
3.2 | Comma 2: sconto in fattura e cessione del credito solo per il superbonus?
La risposta è no. E ce lo dice il comma 2 dell’articolo 121.
Tale possibilità viene estesa a tutte le detrazioni fiscali attualmente attive, anche quelle non inserite nel superbonus. Quindi:
Bonus casa (detrazione del 50%)
Ecobonus (detrazione del 50% o del 65% per le misure non previste dal superbonus, 110% per quelle del superbonus)
Sismabonus (tutto compreso nel superbonus al 110%)
Bonus facciate (detrazione del 90%)
Installazione pannelli fotovoltaici (in realtà compreso nel bonus casa e comunque compreso nel superbonus)
Installazione di colonnine elettriche (come sopra)
Quindi, tanto per capirci, vuoi ristrutturare casa?
Normalmente avresti usufruito delle detrazioni fiscali del 50% sulle somme spese (fino ad una spesa massima di 96.000€). Oggi puoi chiedere lo sconto in fattura del 50% o cedere il credito del 50%.
Lo stesso vale ad esempio per la sostituzione degli infissi o per il rifacimento dell’impianto di riscaldamento (con l’ecobonus).
Quindi non “ristrutturerete casa gratis”, però “ristrutturerete casa a metà prezzo”.
Non è la stessa cosa ma comunque non è male…
3.3 | Altri commi
Concludiamo questa lunghissima analisi con gli ultimi commi relativi allo sconto in fattura e al credito di imposta.
Sebbene tu, in qualità di committente, non puoi usufruire direttamente del credito di imposta ma lo puoi solo cedere, il comma 3 mette alcuni paletti a chi deve usare questo credito, cioè imprese, fornitori, banche, finanziarie, etc.
Il credito acquisito deve essere utilizzato con la ripartizione prevista dalla misura relativa (5 o 10 anni).
Il credito non utilizzato in un determinato anno è perso.
Il credito non può essere chiesto a rimborso.
Il comma 5 dice cosa succede se, durante un accertamento dell’Agenzia delle Entrate sulle detrazioni (o sui crediti di imposta), scopre che non era dovuto: le somme non dovute devono essere recuperate. Anche quelle passate.
E lo deve fare nei confronti di chi ha beneficiato degli interventi. Cioè nei tuoi confronti.
Ad ogni modo, come chiarito nel comma 6, chi ha applicato lo sconto (imprese e fornitori) e chi ha beneficiato del credito (cessionario) risponde in solido.
Questa cosa va un po’ in contrasto con quanto riportato nella guida dell’Agenzia delle Entrate (FAQ 11) secondo cui chi ha beneficiato del credito (cessionario), se lo ha fatto in buona fede, è “immune”, cioè non deve restituire il credito.
Se qualcosa non va per il verso giusto devi dimostrare il dolo di chi ha preso il credito…buona fortuna…
Infine nel comma 7 viene introdotto l’ennesimo provvedimento a carico dell’Agenzia delle Entrate, da emettere entro 30 giorni dalla pubblicazione della legge in gazzetta ufficiale, per definire le modalità attuative di sconto in fattura e cessione del credito.
Fine, stop, kaputt.
Abbiamo visto la versione definitiva del super bonus al 110% e dello sconto in fattura/cessione del credito per le detrazioni fiscali sul patrimonio edilizio esistente.
Di parole ne ho spese tante ma ci tengo a fare un paio di riflessioni finali.
Dettate anche da quello che sto vedendo in giro…
CAPITOLO 4 – SUPER BONUS 110% TRA LUCI, OMBRE E MODALITÀ DI INTERVENTO CHE SI STANNO DEFINENDO
Se hai mai letto il mio blog sai che raramente scrivo articoli su fatti di “cronaca” (consentimi questo termine), proprio come questo super bonus del 110% che ci è piombato addosso negli ultimi mesi.
Inseguire tutta la mole di decreti, leggi, interpretazioni, circolari, pareri, sentenze che si susseguono quotidianamente nel settore edilizio è folle. E ha trasformato il mio lavoro in una cosa più da burocrati ed avvocati che da tecnici.
Pur conoscendo le leggi non ritengo utile rincorrerle in modo affannoso come fanno molti.
Detto ciò, per questo superbonus ho deciso di fare un’eccezione principalmente per due motivi:
Mi hanno dato molto fastidio i proclami di “vi ristrutturerete casa gratis” sventolate ai quattro venti dal governo, dai parlamentari, dai senatori, da qualsiasi politico con un interesse. È basata una veloce analisi delle prime bozze del decreto per capire che non era così. Ma intanto il messaggio sbagliato è passato…
Mi ha dato altrettanto fastidio l’attività di sciacallaggio da parte di molti operatori (tecnici, imprese, artigiani, fornitori, etc.), che appena sono uscite le bozze del decreto che introduceva questo super bonus hanno iniziato con le pubblicità “contattaci per la tua ristrutturazione gratis”… …Sapendo (spero) di stare mentendo e col solo scopo di trovare in modo truffaldino nuovi clienti con false illusioni. I pochi che hanno fatto così sono stati quanto basta per “sporcare” ulteriormente un settore verso cui c’è già molta diffidenza.
Fatte queste premesse facciamo alcune riflessioni.
4.1 | Principali elementi di criticità della legge
La legge 77 è ufficialmente in vigore dal 18 luglio 2020.
Naturalmente il fatto che nessuno ristrutturerà casa gratis è stato confermato.
Ma la conversione in legge del decreto non ha accolto alcune delle istanze promosse da parte di tecnici e imprese, e che temo limiteranno l’efficacia di questa misura, soprattutto per i condomìni.
Durata della detrazione
Era stata richiesta l’estensione di almeno un anno della scadenza di questo superbonus.
Il 31 dicembre 2021, entro cui i lavori devono essere “pagati”, è una data troppo stretta. In particolare per la maggior parte di quei condomìni che non hanno già avviato una discussione su interventi di ristrutturazione da effettuare.
Convocare assemblee condominiali e deliberare interventi del genere non è un processo rapido. Anche se si tratta di lavori gratuiti. Sono necessarie più di una convocazione e gli amministratori ed i condomini devono muoversi ed essere compatti.
Vanno trovati i tecnici (che come vedremo forse andranno pagati), vanno fatte le analisi preliminari, va fatto il progetto, va approvato, va presentato e a vlte è necessario attendere anche l’aprovazione del progetto. Poi bisogna individuare l’impresa e solo alla fine partono i lavori.
E per eseguire i lavori ci vuole tempo.
Di fronte a casa mia c’è un piccolo condominio di forse una decina di unità immobiliari…lo stanno ristrutturando da oltre un anno, e l’impresa che ci lavora la conosco ed è brava ed efficiente.
Ma ho visto la stessa cosa anche nei condomini che ho seguito col mio studio, sebbene non siano il focus del nostro lavoro.
I tempi per questi interventi sono lunghi. Soprattutto per fare le cose a regola d’arte.
Il motivo ufficiale per questa mancata estensione è che non ci sono i fondi sufficienti nel bilancio dello Stato.
Su questo chiaramente non mi posso esprimere ma il mancato prolungamento è una forte limitazione. Anche a fronte di un altro aspetto.
E nel caso di abusi?
La legge che disciplina gli interventi edilizi in Italia (il d.pr. 380 del 2001) al comma 1 dell’articolo 49 chiarisce:
«gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, né di contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici.»
Se in un immobile ci sono abusi non si può accedere alle detrazioni fiscali.
Una distribuzione interna diversa rispetto a quanto presente agli atti possiamo non considerarlo un abuso, ma una veranda non regolarmente autorizzata sì.
E questa cosa potrebbe essere un problema nei condomìni.
Non so dove abiti tu, ma qui a Salerno da questo punto di vista è un disastro. Ogni condomìnio ha almeno una veranda abusiva (e incondonabile). Inoltre qui abbiamo l’atavico problema degli ultimi piani totalmente abusivi…ma questa è un’altra storia…
I condomìni dove ci sono questi problemi possono o no accedere alle detrazioni fiscali? Perdono il super bonus?
Con una interpretazione rigorosa della legge la risposta sembra essere positiva…servirebbe un chiarimento dell’Agenzia delle Entrate se, in questi casi, tutto il condominio rimane fregato o solo il condòmino che ha fatto l’abuso.
Sono curioso di sapere se chi ha la veranda abusiva accetterà di rimuoverla…temo cause infinite (e quindi saltano tutti i termini).
Classi energetiche?
Ti ho già detto che non esistono gli attestati di prestazione energetica condominiali, ma solo quelli dei singoli appartamenti.
Questo porta alla necessità di predisporre attestati di prestazione energetica (APE) pre e post intervento per ogni appartamento.
E per accedere alla detrazione legata al miglioramento energetico sappiamo che bisogna migliorare di due classi energetiche l’efficienza dell’immobile.
Purtroppo dentro un edificio non tutti gli immobili hanno le stesse condizioni: ogni appartamento avrà una propria classe energetica legata a vari aspetti. Ma non è detto che gli interventi che fanno salire di due classi casa tua siano quelli che fanno salire di due classi la casa del vicino…
In questi casi cosa si fa? Si adeguano gli interventi alla classe energetica dell’appartamento più sfortunato, magari rischiando di sforare i costi massimi previsti dalla legge? Oppure ci si adegua alla situazione più diffusa rischiando di lasciare fuori qualcuno?
Lo so che la legge prevede di derogare alle due classi se si dimostra che non è possibile migliorarle ulteriormente…ma appunto bisogna dimostrarlo.
4.1 | Elementi positivi
A fronte di queste criticità il superbonus al 110% è sicuramente una misura positiva. E con la conversione in legge sono stati introdotti alcuni elementi positivi ascoltando le varie istanze.
Si alle villette a schiera
Le famose “villette a schiera”, per cui ho ricevuto decine di richieste di chiarimenti sotto l’articolo precedente, sono state inserite: ogni proprietario di una casa all’interno di questi edifici potrà fare i lavori e accedere autonomamente al super bonus.
Qui ho sintetizzato con “villette a schiera”, ma come già detto vale lo stesso per gli edifici bifamiliari e assimilabili.
Si parla di tutti quelle unità immobiliari che, anche se all’interno di edifici con più unità immobiliari, hanno un accesso autonomo.
Sì alle seconde case
Sono state introdotte anche le seconde case.
O meglio: ogni persona può accedere al superbonus per interventi su due unità immobiliari di propria proprietà. Oltre a tutti quelli che beneficiano di lavori sulle parti comuni dell’edificio (gli appartamenti in condomini che vengono isolati ad esempio).
A chiusura dell’articolo vorrei fare un’ultima riflessione su come imprese, banche, finanziarie, etc. si stanno muovendo per infilarsi in questo super bonus.
D’Altronde senza di loro non si batte chiodo e comunque è una ghiotta occasione di guadagno.
Come si stanno muovendo i player del settore?
Come ti ho già detto per player intendo tecnici, imprese, fornitori, banche, finanziarie ed assimilabili.
Alcuni miei colleghi hanno cominciato a girare come delle trottole tra persone e amministratori condominiali che li contattano per avere informazioni. Oltre ad intessere rapporti con imprese, banche e finanziarie.
La mia sensazione è che ci sarà un sacco di lavoro per i tecnici che vogliono mettersi in gioco, ma che devono fare molta attenzione perché siamo il soggetto più debole nella partita. Sicuramente quello maggiormente a rischio.
Il sistema che si sta creando prevede una stretta collaborazione da un lato tra chi realizza le opere e fornisce i materiali, e dall’altro tra banche/società finanziare.
L’obiettivo è fornire al cliente finale un lavoro gratis. E di guadagnarci naturalmente.
Infatti l’ipotesi di cessione del credito da parte dell’utente finale dell’intervento (tu per intenderci) dopo aver pagato i lavori all’impresa, non sta avendo molto successo.
La gente non vuole tirare fuori nemmeno un euro…vuole lo sconto totale dei lavori dalla fattura. E basta.
Chiaramente le imprese non possono sopravvivere con uno sconto del 100% sui lavori che svolgono. E nemmeno tenersi il credito gli può servire più di tanto: le tasse che devono pagare (e quindi compensare col credito) sono esclusivamente quelle derivate dai lavori…Se fatturo 100 e devo pagare 60 di tasse…dei restanti 40 di credito che mi viene dato che me ne faccio?
Quindi le imprese stanno facendo accordi con banche e finanziarie che invece hanno tutto l’interesse per prendersi questo super credito di imposta.
Questi soggetti pagano montagne di tasse generate da moltissime fonti…quindi possono detrarre tranquillamente il credito del super bonus che acquisiscono…non hanno problemi di capienza!
In base a questi accordi le imprese sconteranno completamente l’importo della fattura al cliente finale e riceveranno immediatamente i soldi da banche e finanziarie.
Questi ultimi acquisiranno il credito corrispondente alla detrazione del 110% di cui avrebbe dovuto fruire l’utente finale, cioè tu.
Il sistema in teoria funziona, anche se è ancora in fase di messa a punto.
Però è chiaro che banche e finanziarie non sono enti benefici.
Erogando i soldi adesso si prendono un credito futuro. Si tratta di una sorta di mutuo che invece di essere rimborsato da chi riceve il prestito in ultima istanza (cioè tu), viene rimborsato dallo Stato.
Quando chiedi un prestito o fai un mutuo non devi pagare gli interessi?
Ti danno 100 e nel corso degli anni restituisci una somma molto maggiore…120, 130…
Questa differenza serve per coprire i costi di gestione, i rischi che si prende chi presta i soldi (rischio che tu non glieli restituisca) e per dare un guadagno.
Il 10% di extra del super bonus, nelle intenzioni dello Stato, serviva proprio per coprire tutti questi costi extra.
Ma non basta.
Ho avuto modo di parlare con varie finanziarie ed ESCo (Energy Service Company…un modo carino per dire società finanziarie) e tutte mi hanno detto che il 10% non basta.
Non basta alle banche, non basta a loro, non basta a nessuno.
Come immaginavo.
Vuol dire che salta il banco?
No…vuol dire che l’impresa fa lavori per 100, lavori che ti sconta completamente, e invece di ricevere da banche e finanziarie 100, riceverà 80, 85, 90…(girandogli un credito di 110).
Diciamo che le percentuali richieste dai soggetti finanziari per far funzionare tutto variano tra il 20% e il 30%.
Le imprese possono permettersi di fare lavori del valore di 100 e incassare 80?
Dipende.
Naturalmente nei 100 dei lavori fatti dall’impresa c’è anche l’utile dell’impresa stessa, cioè i soldi che si mette in saccoccia come guadagno per il lavoro svolto.
E l’incidenza di questo utile può variare molto da cantiere a cantiere.
Ci sono cantieri dove il guadagno netto supera i 30 su 100, altri dove sta sotto i 10 su 100.
Naturalmente con l’utile l’imprenditore ci deve mettere il piatto in tavola.
Quindi ogni caso andrà valutato attentamente.
Uno dei modi, non proprio trasparente, per superare i problemi dati da utili risicati sarebbe alzare artificiosamente l’importo dei lavori.
Un cappotto termico invece di farlo costare 60 per ogni metro quadro installato (numero inventato) lo faccio costare 70…e vedi come i conti schizzano in alto.
Per evitarlo si è imposto un controllo obbligatorio dei costi e i prezziari fissi.
Siamo ancora in attesa del decreto attuativo che stabilisca quali sono questi prezziari (anche se al momento si può fare riferimento a quelli già esistenti) però è una cosa buona.
Ma vedo alcuni problemi:
Gli importi presenti nei prezziari regionali, attuale riferimento, sono congrui per interventi di medio-grande dimensione. Ma per lavori piccoli (come può essere anche la palazzina con 4 o 5 appartamenti e come lo è sicuramente una casa singola) non lo sono affatto.
La legge prevede l’utilizzo di materiali certificati secondo i “criteri ambientali minimi”.
Non ti spiego cosa sono…sappi solo che significa che i materiali devono essere ecologici.
E questi materiali ecologici costano molto di più dei classici materiali da costruzione. Che sono quelli presenti nella maggior parte dei prezziari attualmente in circolazione.
Mi auguro che i nuovi prezziari che verranno elaborati tengano conto di questi aspetti e che non siano una semplice replica di quelli esistenti.
La mia sensazione però è che non tutti gli interventi troveranno facilmente chi accetta di prendersi il credito e che saranno effettuate approfondite analisi economiche da parte degli operatori prima di procedere.
Che bada bene, è positivo per la sostenibilità dei lavori. Ma restringe ancora di più il ventaglio di immobili che potranno sfruttare il superbonus.
In mezzo a tutto ciò c’è l’annosa questione dei progettisti. Che sono obbligatori ma puoi detrarre/scontare/cedere il credito della loro parcella?
4.3 | Il tecnico lo porta l’impresa o tu? E chi lo paga
Abbiamo visto che le asseverazioni e le certificazioni necessarie per accedere allo sconto in fattura/cessione del credito possono essere detratte.
Ma non viene fatto nessun riferimento alle spese necessarie per analisi, progettazioni, pratiche edilizie, direzioni lavori.
Gli interventi previsti dal super bonus sono complessi. Non basta asseverare di aver migliorato l’edificio. Ci vuole qualcuno che si prenda la responsabilità di dire quali sono le prestazioni da raggiungere e come si fa a raggiungerle.
Ci vuole il progetto.
E quasi sempre questi interventi richiedono anche una pratica edilizia e una direzione lavori.
Queste sono tutte prestazioni che nelle normali detrazioni fiscali possono essere portate in detrazione. Nulla fa pensare che per il super bonus, che non è altro che un’estensione delle detrazioni già esistenti, si debba prevedere qualcosa di diverso.
Quindi, a meno di smentite, tra le spese detraibili al 110% ci sono anche quelle dei tecnici, non solo per le asseverazioni.
Detto ciò: i tecnici accetteranno di essere assimilati alle imprese, quindi scontando l’importo della loro fattura e cedendo il credito?
E troveranno qualche finanziaria disposta a prendersi questo credito?
Ammetto di aver avuto notizie contrastanti in merito. C’è chi mi ha detto che sì, la mia parcella mi sarebbe stata pagata cedendogli il credito e chi no, che avrei dovuto appoggiarmi all’impresa per essere pagato.
Non voglio approfondire oltre, però ti do sempre il solito consiglio: il tecnico deve essere totalmente indipendente dall’impresa. E deve venire prima.
So che questo dell’indipendenza tecnico/impresa è un concetto difficile da far comprendere a chi è totalmente digiuno del settore. Ma se il tecnico è pagato dall’impresa (non importa come) c’è il pericolo che non tuteli il cliente finale (cioè tu) ma chi gli paga la parcella, cioè l’impresa.
Ti ricordi cosa abbiamo detto riguardo alla FAQ 11 della guida dell’agenzia delle entrate?
In caso di problemi con il credito detratto chi paga sei tu, non chi ha usufruito del credito. Vuoi farti tutelare da u tecnico che viene pagato da chi in fondo non rischia nulla?
4.4 | Conclusione
A mio modo di vedere le uniche cose certe ad oggi (è il 25 luglio 2020 mentre scrivo) sono:
Mancano i decreti attuativi del Mise e i provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate. Circolano già le prime bozze ma finché non saranno pubblicati il super bonus non sarà effettivamente applicabile. Dovrebbero arrivare a ferragosto, insieme ai gavettoni. Fino ad allora tutto fermo;
I tempi sono stretti, quindi se il tuo condominio vuole farcela deve partire adesso. Se hai una casa singola o una villetta a schiera invece potresti non avere tutta questa fretta;
Devi rivolgerti prima ad un tecnico di fiducia (possibilmente un tecnico che abbia un team dietro…uno da solo non può avere tutte le competenze necessarie per quello che viene richiesto dalla legge), fargli fare un progetto con le necessarie verifiche e poi trovare l’impresa che esegua i lavori e ti faccia lo sconto in fattura (o la finanziaria che si prende il credito e ti porta l’impresa);
Se durante una verifica dell’Agenzia delle Entrate (dopo i lavori) sulle pratiche di super bonus (e sono sicuro che ce ne saranno a bizzeffe) qualcosa non tornasse…preparati a restituire tutto (e a rivalerti sui tecnici con cause infinite).
Ci sarebbero tante altre cose da dire ma per ora ci fermiamo qui.
Il superbonus e lo sconto in fattura/cessione del credito sono due opportunità enormi che si sono aperte per fare interventi importanti sugli edifici.
Bisogna sfruttarli al meglio ma non devi mai scordarti del detto:
“non esistono pasti gratis”
Tutto ha un prezzo, sta a te pagare il prezzo minore che quasi mai coincide con il minor esborso economico.
Il 13 maggio 2020 è uscito lo schema del decreto legge “Rilancio”, di cui tanto si è parlato e si continua a parlare, che contiene le misure con cui il Governo italiano intende dare risposta al disastro causato dal COVID.
In mezzo ci sono anche alcuni provvedimenti legati al settore dell’edilizia e in particolare al potenziamento di alcune delle detrazioni fiscali già esistenti…ecco le mie riflessioni.
I proclami giunti da più parti su tali misure sono stati:
“ristrutturazioni gratis per tutti”
Che poi chi li ha pronunciati non ha fatto altro che riprendere le parole del capo di governo:
“non si spenderà un soldo per le ristrutturazioni”
Il testo del decreto è di oltre 450 pagine e 256 articoli, ma quelli che interessano le misure per il “rilancio dell’edilizia” sono solo tre.
Art. 128: incentivi per efficientamento energetico, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici
Art. 128-ter Trasformazione delle detrazioni fiscali in sconto sul corrispettivo dovuto e in credito d’imposta cedibile
Art.129 Cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza da COVID-19
Me li sono letti attentamente e, al netto del solito e stucchevole linguaggio “legalese” di cui sono infarciti, tutti i proclami di ristrutturazioni gratis mi paiono per lo meno leggermente gonfiati…
Cerchiamo di capire un po’ meglio come sta la situazione.
[NB: io non sono un avvocato. purtroppo per leggere e capire a fondo alcuni passaggi di questo decreto è necessaria una preparazione da avvocato (a causa di molteplici rimandi a varie leggi).
Ne è un esempio la definizione di edificio a cui faremo accenno e che riveste un ruolo fondamentale per comprendere quanto ampie sono le misure previste in questo decreto.
Non per niente tutti gli articoli e i webinar più autorevoli sull’argomento di questo periodo sono stati fatti da avvocati.
È molto triste che l’edilizia sia da molti anni materia più da avvocati che da progettisti…ma tant’è.
Quindi questa è la mia interpretazione di quello che leggo…sperando di venire smentito in toto da qualche bravo avvocato]
Qualche premessa
Giusto per non dire delle cose e poi dovermi rimangiare tutto, ritengo sia giusto fare alcune precisazioni:
Il testo che mi sono studiato è lo schema del decreto. Quello approvato dal governo ma che non è ancora né ufficiale né in vigore, infatti…
Il decreto dovrà passare alle camere, essere discusso e poi approvato e convertito in legge. Durante questi passaggio potranno esserci delle variazioni…(e spesso sono significative)
Molti passaggi sono vaghi e demandati a futuri decreti attuativi. Comunque saranno necessari dei chiarimenti da parte di chi di dovere…che non arriveranno prima che il decreto sia tramutato in legge.
Quindi i tempi sono ancora lunghi per dare un giudizio definitivo.
Vediamo comunque quali sono le misure previste nei tre articoli.
Art. 128: incentivi per efficientamento energetico, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici
In questo articolo sono contenute tutte le misure legate alle detrazioni fiscali sulla ristrutturazione “potenziate”.
Ci sono tanti aspetti da considerare, io voglio concentrarmi solo su quelli strettamente legati al settore che ci interessa qui: la ristrutturazione di case e appartamenti eseguita dai privati.
Come vedremo a breve, non c’è dubbio che tale decreto punti principalmente all’efficientamento e messa in sicurezza dei condomini e non si interessi molto dei singoli appartamenti…con buona pace di chi voleva fare ristrutturazioni gratis.
Chiarito questo vediamone i contenuti e contemporaneamente facciamo qualche prima riflessione.
Sono quattro le macro-categorie di interventi interessate dalle detrazioni potenziate:
Ecobonus (commi 1, 2 e 3)
Sismabonus (comma 4)
Installazione di sistemi fotovoltaici (commi 5, 6, 7 e 8)
Colonnine elettriche (comma 9)
Prima di vedere i dettagli di ognuno tracciamo le linee generali comuni a tutti (e la differenza con il “vecchio”):
La detrazione è pari al 110% (prima era, a seconda della misura, al 50%, 65%, 70%, 75%, 85%)
Il provvedimento vale per le spese sostenute dal 1 luglio 2020 fino al 31 dicembre 2021 (la scadenza dell’ecobonus “normale” è al 31 dicembre 2020, per del sismabonus “normale” è al 31 dicembre 2024)
La detrazione va divisa in 5 quote annuali (per l’ecobonus erano 10 rate annuali, per il sismabonus erano già 5 rate annuali)
Le detrazioni valgono solo per i condomini e per le prime case. Quindi le seconde, terze, quarte, etc. case sono escluse
Ok, questi i dati principali…ma la domanda principale chiaramente è: quali sono le opere che effettivamente possono essere detratte?
Come ti ho anticipato il decreto pone forti limitazioni di intervento, soprattutto per l’ecobonus che era la misura più attesa da parte dei proprietari di casa.
E che li lascerà delusi.
Quindi partiamo con vedere proprio…
Le opere rientrati nell’ecobonus che possono essere detratte al 110%
Come forse sai l’ecobonus è un accrocchio di leggi che si susseguono dal 2006, che ogni anno vengono cambiate/integrate e che devono essere confermate con le leggi di bilancio.
Dopo la prima legge del 2006 si è raggiunto un altro punto importante nel 2013. Da allora le variazioni sono state oggettivamente poche.
Se non hai la più pallida idea di come funzioni l’ecobonus (e le detrazioni fiscali in genere), potrebbe esserti utile un passaggio su questi due articoli che ho scritto tempo fa:
Se dovessi raccontarti tutta la storia dell’orso dall’inizio faremmo notte…
Tornando al nostro decreto legge “Rilancio”, è il comma 1 dell’articolo 128 che mette i paletti sulle opere rientranti nell’ecobonus e la cui detrazione sale al 110%.
Le 3 misure per cui è prevista la detrazione al 110%
interventi di isolamento termico dellesuperfici opache verticali e orizzontali che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo.
interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, […] a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici […] ovvero con impianti di microcogenerazione.
interventi sugli edifici unifamiliariper la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici […] ovvero con impianti di microcogenerazione.
Ti ho evidenziato in neretto i passaggi che nella sostanza fanno piazza pulita del 90% degli interventi di ristrutturazione di interni che ogni anno realizzano i proprietari di casa.
Non voglio tirare fuori adesso statistiche di cui ho già parlato più volte, ma in Italia la maggior parte delle persone vive in città. All’interno di appartamenti dentro i condomini.
Sicuramente c’è una buona parte di persone che vive in ville, villette, case a schiera…ma oggettivamente rappresentano una minoranza (e anche questi in buona parte sono stati esclusi…).
Detto ciò capiamo bene cosa significa quello che abbiamo scritto nell’elenco qui sopra.
Punto a) – isolamento superfici opache
Al punto a) parliamo di isolamento termico degli edifici. Ed in particolare delle cosiddette “superfici opache”. Quindi muri e solai.
Le finestre sono apparentemente escluse da questo bonus al 110% (anche se non è proprio così e lo vedremo più avanti).
Ma il punto centrale che ci interessa è una condizione che viene imposta per accedere alla detrazione del 110%: l’isolamento deve interessante oltre il 25% della superficie disperdente dell’edificio.
Attenzione: parliamo di edificio…non di unità immobiliare.
La definizione di edificio ce la da un’altra legge, il dpr 412/93 (a cui nel decreto rilancio si fa riferimento). All’articolo 1, comma 1 troviamo:
a) per «edificio», un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti, dispositivi tecnologici ed arredi che si trovano al suo interno; la superficie esterna che delimita un edificio può confinare con tutti o alcuni di questi elementi: l’ambiente esterno, il terreno, altri edifici;
Questa è una definizione che troviamo nel decreto citato, ma è più o meno identica anche in altre leggi.
Quindi un appartamento non è un edificio…e un appartamento in condominio non potrà mai (o in casi molto rari) interessare più del 25% della superficie disperdente dell’intero edificio.
[Tra l’altro il “25% della superficie disperdente dell’edificio” è un parametro individuato proprio dalla legge sul contenimento dei consumi energetici per porre un limite tra obblighi di interventi più o meno stringenti.]
Detto ciò il risultato è che viene limitata di molto la possibilità di accedere a questo bonus del 110%. Un singolo proprietario di casa che ristruttura il suo appartamento a queste condizioni non riuscirà ad accedervi.
Invece un condominio sì.
L’obiezione potrebbe essere: “ma per isolare in condominio bisogna per forza fare il cappotto, quindi deve intervenire il condominio”.
Non è così: l’anno scorso ho isolato completamente un grande appartamento in condominio intervenendo sulle pareti perimetrali e sul soffitto dall’interno (e senza perdere spazio in casa…).
Proseguendo, all’interno del testo si parla anche dell’ammontare massimo della spesa che può essere detratta, pari a 60.000€ (per unità immobiliare in caso di condomini).
Quindi le somme spese in eccedenza rispetto a queste non vengono detratte al 110%.
Fermo restando che è una somma importante…solitamente per un isolamento si spende molto meno…c’è da evidenziare che nella formulazione “normale” dell’ecobonus 60.000€ sono la detrazione massima, corrispondente al 65% di una spesa complessiva su cui calcolarla, che pertanto risulta essere di oltre 90.000€.
Quindi se detrai al 65% è plausibile che la spesa possa superare i 90.000€, se invece detrai al 110% la spesa diminuisce…
Fatto questo inciso, andiamo oltre.
Punto b) – impianti di climatizzazione centralizzati
Al punto b) il decreto è molto chiaro: si parla di realizzare impianti di climatizzazione centralizzati. Quindi condominiali.
Anche in questo caso quindi il singolo proprietario che ristruttura il suo appartamento è escluso.
Una cosa che salta agli occhi è la “localizzazione” degli interventi che possono accedere al bonus al 110%: solo se sono realizzati sulle parti comuni.
Spieghiamo: un impianto centralizzato è formato da impianti che servono tutti gli immobili (e che quindi sono “parti comuni”); ma è formato anche da tutti quegli elementi che si trovano all’interno dei singoli appartamenti…che non sono comuni ma privati…e quindi sono esclusi da tale bonus.
Verosimilmente se sostituisco un impianto di climatizzazione condominiale dovrò fare interventi anche dentro i singoli appartamenti…
Per quanto riguarda la somma da detrarre, la spesa massima è pari a 30.000€ (per unità immobiliare).
Punto c) – impianti di climatizzazione su edifici unifamiliari
Infine il punto c) è espressamente rivolto ad “edifici unifamiliari”.
Facciamo riferimento alla definizione precedente di edificio e ancora una volta tagliamo fuori tutti gli appartamenti. Ma anche le case a schiera e le bifamiliari…
Tra l’altro in questo caso sono esclusi dalla “detrazione potenziata” tutti gli impianti a metano (invece consentiti per i condomini), a meno che non siano ibridi (cioè con una parte da altre fonti energetiche).
In sostanza vengono promosse principalmente le pompe di calore che, per intenderci, sono i sistemi con cui funzionano i condizionatori.
Chiaramente parliamo di impianti evoluti e non il classico split economico del centro commerciale che ti metti per fare fresco in estate…
Per questi interventi la spesa massima detraibile è di 30.000€.
Queste sono le tre tipologie di interventi rientranti nell’ecobonus e direttamente detraibili al 110%.
Avevo ragione a dire che per chi vuole “ristrutturare la casa gratis” sono un po’ deludenti?
Se hai una villa ti va bene…se hai un appartamento invece…
I paletti messi sono molto rigidi e tagliano fuori gran parte delle abitazioni, a meno che non sia il condominio a fare i lavori.
Insomma il proclamo “ristrutturerete casa gratis” è una bufala.
Detto ciò vediamo altri aspetti interessanti.
Estensione della detrazione del 110% alle altre misure dell’ecobonus
Poco fa abbiamo detto che, ad esempio, la sostituzione degli infissi è esclusa dalla misura potenziata.
Però…se viene fatto l’isolamento delle strutture opache…è possibile detrarre al 110% anche la sostituzione delle finestre.
Infatti al comma 2 dell’articolo 128 viene chiarito che, nel caso in cui si faccia uno degli interventi di cui alle lettere a), b), c) (quelli che abbiamo appena visto), anche tutte le altre opere che eseguite contemporaneamente e che fanno parte di quelle agevolate con l’ecobonus, possono rientrare nella stessa percentuale di detrazione.
Quindi parliamo sostanzialmente di sostituzione infissi, schermature solari e pannelli solari.
Un po’ cervellotico…ma comunque è così.
C’è poi un ultimo paletto da superare per poter sfruttare le detrazioni al 110%. E lo troviamo nel comma 3 dell’articolo 128. Riguarda le:
Prestazioni da raggiungere per accedere al bonus del 110%
Deve esserci un miglioramento di 2 classi energetiche dell’immobile per poter detrarre al 110%.
Miglioramento che deve essere dimostrata con un attestato di prestazione energetica (A.P.E.) pre e post intervento.
Le classi energetiche attualmente normate sono 10. Dalla più alta alla più bassa: A4, A3, A2, A1, B, C, D, E, F, G.
C’è da dire che la maggior parte degli edifici sono tra la classe E e la classe G…quindi solitamente con gli interventi previsti dall’ecobonus (rispettando i parametri di legge) non è un gran problema salire di due classi.
Il problema è che non esistono A.P.E. per i condomini ma solo per le singole unità immobiliari…la gestione di questa cosa non sarà semplice…
C’è una “postilla” a questo comma che però spariglia le carte: se non è possibile salire di due classi energetiche, si può accedere ugualmente alla detrazione del 110% dimostrando che si è raggiunta la massima classe possibile in relazione all’intervento.
E con questo…abbiamo finito con l’ecobonus.
Passiamo al sismabonus, di cui si parla nel comma 4.
Fortunatamente da qui le cose sono più semplici…
La detrazione al 110% per interventi di miglioramento sismico
Ancora una volta non mi sembra il caso di ripetere concetti già espressi. Puoi fare riferimento a questo articolo sul sismabonus che ho pubblicato qualche tempo fa:
Detto ciò la detrazione al 110% viene genericamente estesa a tutti gli interventi classificati dall’ecobonus.
Quindi:
Semplice miglioramento sismico: si passa dal 50% al 110%;
Miglioramento di una classe di rischio: si passa dal 70% al 110%;
Miglioramento di due classi di rischio: si passa dall’80% al 110%;
Miglioramento di una classe di rischio per opere su parti comuni (p.e. strutture dei condomini): si passa dal 75% al 110%;
Miglioramento di due classi di rischio per opere su parti comuni: si passa dall’85% al 110%;
Demolizione e ricostruzione (con criteri antisismici): si passa dal 75%/85% al 110%.
Inoltre viene introdotto il concetto di cessione del credito, ampiamente approfondito negli articoli successivi del decreto: in caso di cessione del credito la detrazione-extra scende dal 110% al 90%.
E anche per il sismabonus è tutto…passiamo alle:
Misure per fotovoltaico e colonnine elettriche
Per il fotovoltaico i commi di riferimento sono i 5, 6, 7, 8.
Qui sono incentivate sia l’installazione dei pannelli fotovoltaici con relativa impiantistica (comma 5) che dei sistemi di accumulo dell’energia (comma 6).
Per quanto riguarda i pannelli:
Detrazione del 110%
La detrazione va divisa in 5 rate annuali
Ammontare massimo delle spese di 48.000€
Limite di spesa di 2.400€ a Kw installato
Il limite scende a 1.600€ a Kw se l’intervento viene classificato come “ristrutturazione edilizia”, “nuova costruzione” o “ristrutturazione urbanistica” (bisogna fare riferimento alle definizioni del Testo Unico dell’edilizia, d.pr. 380/2001)
(Giusto per chiarire: l’installazione dei pannelli fotovoltaici di norma rientrano nell’edilizia libera, quindi non nelle tre categorie qui sopra. Però ci possono essere delle casistiche particolari…)
C’è da evidenziare che prima la detrazione massima era di 48.000€ corrispondente al 50% di una spesa massima di 96.000€.
E inoltre si parla di spesa massima, non per singola unità immobiliare, da ripartire tra gli aventi diritto.
Per quanto riguarda i sistemi di accumulo(comma 6) viene detto che possono essere realizzati insieme ai pannelli o anche dopo. Tutte le detrazioni sono uguali a quelle dei pannelli (che abbiamo appena visto) solo che il limite di spesa per Kw installato è di 1.000€.
Sulle colonnine elettriche (quelle per la ricarica dei veicoli per intenderci) al comma 9 si dice che la detrazione è del 110% da dividere in 5 rate annuali.
Bene…queste sono le misure generali previste dall’articolo 128 del d.l. rilancio per quanto riguarda l’edilizia (e assimilabile).
Prima di passare a crediti di imposta e sconti in fattura, ci sono però altre cose inserite nei commi successivi dell’articolo 128, che ritengo sia utile vedere rapidamente.
Varie ed eventuali
Comma 11…no seconde case
Una persona fisica (come puoi essere tu) che fa gli interventi previsti per l’ecobonus (commi 1-3 dell’articolo 128) su edifici unifamiliari che non siano adibiti ad abitazione principale, non può accedere alla misura del 110%.
In sostanza vengono escluse le seconde case. Se hai la villa al mare non vale…
Però se lo fai esercitando attività di impresa…vale.
Cioè, se sei un’impresa che ristruttura e poi vende, puoi accedere alla detrazione del 110% anche per gli interventi di ecobonus (per il sismabonus non c’è questa limitazione).
Comma 12…cessione del credito e sconto in fattura
Qui viene introdotta questa possibilità…che però viene approfondita nell’articolo successivo (tra poco ne parliamo)
Comma 13…visto di conformità
Chi chiede la detrazione deve ottenere un “visto di conformità” sui dati inseriti nella documentazione con cui attesta il diritto ad accedere alla detrazione.
In sostanza ci vuole qualcuno che dica che non stai dicendo balle.
E questo qualcuno sono commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro.
Comma 15…trasmissione
Naturalmente tutta la documentazione deve essere completamente in regola e non si scampa dagli adempimenti classici dell’ecobonus (trasmissione schede ad enea, pagamenti, produzione e conservazione documentazione, etc.).
Ok…abbiamo veramente finito l’analisi delle misure di detrazione estese al 110%.
So già che per molte persone il sorriso si è trasformato in una smorfia di delusione.
Prima di cedere allo sconforto dobbiamo analizzare l’altra parte delle promesse fatte e che hanno allettato molte persone: la possibilità di cedere la detrazione a terzi o addirittura farsi scontare tutto l’importo speso da chi esegue i lavori.
Già perché uno dei grossi problemi è che molte persone vorrebbero fare una ristrutturazione ma non hanno i soldi…
Art. 128-ter Trasformazione delle detrazioni fiscali in sconto sul corrispettivo dovuto e in credito d’imposta cedibile
Partiamo col chiarire un paio di concetti.
Le detrazioni fiscali normalmente funzionano con il criterio di capienza.
Cioè sono uno sconto sulle tasseche devi pagare.
In sostanza se devi pagare 1.000€ di tasse con la detrazione puoi avere uno sconto su tale somma.
Però se la detrazione a cui hai diritto è pari a 1.100€, ne detrai 1.000€, ma i 100€ in più a cui avresti diritto non ti vengono restituiti…semplicemente li perdi. E non puoi utilizzarli gli anni successivi.
Il credito di imposta invece funziona proprio così: se quest’anno devi pagare 1.000€ di tasse e hai un credito di imposta di 1.100€, puoi:
azzerare le tasse di quest’anno e i 100€ che ti avanzano stanno lì da parte e puoi utilizzarli gli anni successivi sempre per diminuire le tasse;
utilizzare solo una parte del credito per abbassare le tasse e riservarti il restante negli anni successivi;
o addirittura chiedere il rimborso del credito di imposta (totale o parziale).
Infatti il credito di imposta non sono altro che maggiori tasse che tu hai già pagato e che lo stato di deve…nella sostanza sei creditore nei confronti dello stato.
Questi due concetti sono importanti per quanto diremo adesso.
Comma 1 – sconto in fattura e cessione del credito
L’articolo 128-ter al comma 1 ci dice che, invece di usufruire direttamente della detrazione, puoi:
Avere uno sconto in fattura, da parte del fornitore (o dell’impresa), pari all’ammontare dovuto. Il fornitore recupera tale somma come “credito di imposta”, che può a sua volta cedere anche a soggetti terzi (come banche o finanziarie)
Trasformare la detrazione in credito di impostacon la possibilità di cederlo ad altri soggetti (ancora banche o finanziarie)
Al comma 3 viene chiarito che:
Il credito di imposta derivante da queste misure va utilizzato solo a compensazione…non puoi chiederlo indietro come per il credito di imposta normale;
Il credito di imposta deve essere utilizzato con la ripartizione annuale delle detrazioni (quindi 5 anni). Quello che “avanza” lo puoi usare negli anni successivi.
Su questo faremo delle riflessioni alla fine perché forse è l’unico passaggio veramente interessante (e meno brutto di come viene dipinto da imprese, professionisti e artigiani).
Però prima torniamo indietro al comma 2 dell’articolo.
Comma 2 – estensione di sconto in fattura e credito di imposta ad altre detrazioni
Il comma 2 ci dice che è possibile trasformare le detrazioni fiscali in credito di imposta (od ottenere lo sconto in fattura) non solo per le misure potenziate al 110%, che abbiamo visto nell’articolo 128, ma anche per:
Le detrazioni maturate per la ristrutturazione della casa (bonus casa)
Le detrazioni maturate per tutte le misure dell’ecobonus
Le detrazioni maturate per le opere di cui al bonus facciate
Spieghiamoci.
Sai che se ristrutturi casa hai diritto alla detrazione del 50% (bonus casa) da ripartire in 10 rate annuale.
Qui ti dicono che invece di fare la detrazione normalmente puoi chiedere lo sconto in fattura o trasformare la detrazione in credito di imposta (e trasferire tale credito a terzi).
E questo vale anche per le misure dell’ecobonus non direttamente inserite nell’articolo 128.
Ad esempio se sostituisci gli infissi hai diritto alla detrazione del 50% (ecobonus), e puoi chiedere lo sconto in fattura o trasformare la detrazione in credito di imposta o trasferire tale credito a terzi.
Quindi una misura a favore di chi si ristruttura la casa finalmente l’abbiamo trovata!
…certo siamo lontani da “ristrutturi casa gratis”…
Art.129 Cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza da COVID-19
Questo è l’ultimo articolo di interesse.
Qui non c’è niente di molto diverso da quanto abbiamo visto nell’art. precedente…semplicemente viene chiarita la possibilità di cessione del credito, anche parziale, a banche e finanziarie.
Un paio di riflessioni
Chiudiamo questo lungo articolo con qualche riflessione…
1 – chi deve ristrutturare casa (e non ha una villa) è sostanzialmente escluso da queste misure
Come abbiamo già detto più volte la realtà dei fatti si scontra in modo crudo con i proclami e le speranze che avevano acceso in molti.
In questi giorni sono stato contattato da varie persone che volevano più informazioni su queste “detrazioni fiscali potenziate”…
…il leit motiv era: “se le cose stanno veramente così rivoluziono casa”.
Oggettivamente già dalle prime indiscrezioni che erano trapelate nei giorni scorsi mi sembrava che i proclami del governo fossero esagerati. Ora ne abbiamo conferma.
Purtroppo molte aspettative andranno deluse.
Infatti siamo di fronte a misure che privilegiano gli interventi su edifici interi e non su singole unità immobiliari.
Personalmente ritengo sacrosanto e prioritario l’intento di promuovere finalmente una seria riqualificazione dei condomini, senza fermarsi al solo lato estetico, come è stato fatto con il bonus facciate.
Avevo espresso questo mio pensiero proprio nell’articolo che ho dedicato al bonus facciate e che puoi trovare qui:
C’è poi da spendere due parole su sulla questione dello sconto in fattura e della cessione del credito.
Diamo per scontato che uno sconto in fattura del 100% è di per sé irrealizzabile per evidenti motivi.
Un’impresa (o un fornitore) le cui entrate sono date principalmente dall’esecuzione di opere edili ed impiantistiche, non può permettersi di scontare a tutti il 100% di quanto dovrebbe fatturare. Anche a fronte di un credito di imposta acquisito.
Gli stipendi deve continuare a pagarli e il materiale a comprarlo.
Certo c’è da dire che le opere per cui è previsto lo sconto in fattura del 100% non costituiscono la totalità di quelle che un’impresa esegue.
Ad esempio, parallelamente all’isolamento delle pareti, saranno verosimilmente necessarie altre opere, per le quali il committente non può chiedere lo sconto in fattura del 100%…
Quindi un’impresa potrebbe ipoteticamente compensare parte dello sconto con i guadagni derivati da quelle opere (anche se abbiamo visto che lo sconto in fattura è esteso a tutte le opere detraibili, seppur con percentuali minori).
…ma a prescindere da queste riflessioni ritengo che lo sconto in fattura del 100% non sia una soluzione sostenibile, soprattutto a fronte della dimensione e della forza finanziaria di imprese e artigiani che lavorano nel settore delle ristrutturazioni.
Qui però viene in soccorso la cessione del credito. Questo è il passaggio che potrebbe far funzionare il tutto.
E a cui tra l’altro possono accedere non solo i committenti ma anche le imprese (girando il credito maturato dallo sconto in fattura).
Infatti intervengono soggetti quali banche e finanziarie che:
Sono delle potenze economiche
Hanno interessi in molteplici settori, non solo in quello edile
Quindi potrebbero trovare convenienza a caricarsi questi crediti, con cui andare a coprire tasse derivate da tutte le attività che svolgono.
E il fatto che la detrazione sia al 110% potrebbe incentivare ulteriormente la cosa: quel 10% in più rispetto a quanto speso effettivamente, potrebbe essere il margine di banche e finanziarie.
Certo c’è la necessità di trasparenza e di controllo sui conti…abbiamo visto che è stato introdotto il soggetto che verifica questi aspetti, ma personalmente ritengo che ci sia ancora un grande punto interrogativo su tale aspetto.
3 – i tempi
C’è un’ultima riflessione da fare: i tempi previsti nel decreto.
Il bonus del 110% vale per le spese sostenute dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021. Sono solo 18 mesi.
Un periodo congruo per interventi già “on the road”. E potrebbe essere congruo anche per interventi di ristrutturazione di appartamenti (che però abbiamo visto essere esclusi), di edifici unifamiliari o piccoli condomini.
Ma per opere condominiali o per interventi che richiedono procedure edilizie complesse (come il permesso di costruire) non sono affatto tempi congrui.
Per approvare i lavori condominiali ci vogliono mesi su mesi di assemblee. Più i tempi di progettazione, recupero delle offerte, preparazione e presentazione delle pratiche edilizie, approvazione (nel caso in cui sia necessaria).
E proprio le pratiche edilizie più complesse, come quelle di permesso di costruire, ci mettono anche più tempo per essere approvate (personalmente la mia esperienza è stata sempre di almeno un anno da quando iniziano i contatti con i clienti).
Invece i tempi dati dal decreto sono stretti…troppo stretti…e costituiscono una grossa incognita per chi deve fare l’intervento.
Se i lavori finiscono dopo il 31 dicembre 2021 che si fa? Niente bonus del 110%? Niente credito di imposta da cedere?
In Italia, se si vuole promuovere interventi importanti, bisogna dare i tempi giusti.
Tra l’altro siamo ancora molto indietro nell’iter: abbiamo un decreto, ma non c’è la legge e non ci sono i decreti attuativi.
In più ci saranno molte domande da porre prima di partire e a cui qualcuno dovrà dare risposta…
Insomma: se so vuole dare forza a queste misure, così come sono attualmente, 18 mesi sono un periodo troppo breve.
Ci sarebbero da fare tante altre riflessioni, decisamente più complesse di quello che ci siamo detto qui.
Lascio ad altri più competenti di me l’arduo compito e mi fermo qui.
Anche perché stiamo parlando di uno schema di decreto…il testo definitivo dovrebbe essere pubblicato in gazzetta lunedì 18 maggio 2020.
Io lavoro seguendo dei principi rigidi. In ogni ristrutturazione che seguo devono essere rispettati, altrimenti ritengo di non fare il mio lavoro nel modo corretto.
E soprattutto di mancare di rispetto ai miei clienti…
Uno di questi principi è: tutte le carte devono essere in regola.
Che poi in sostanza significa: non commettere un abuso nella tua ristrutturazione…
In questi giorni sto avendo l’ennesima dimostrazione di come questo sia vero: la burocrazia presenta sempre il suo conto.
E adesso lo sta facendo con due sorelle che nel 1974 hanno ereditato un paio di appartamenti in un paese del sud Italia.
Si tratta di appartamenti che appartenevano al padre che a sua volta li aveva ricevuti in donazione dalla madre nel 1952.
La quale a sua volta li aveva acquistati nel 1927.
Quindi stiamo parlando di case con un bel po’ di anni sulle spalle.
Case che arrivano da un periodo in cui oggettivamente gli interventi edilizi si facevano un po’ “alla carlona”.
Però periodi in cui la burocrazia era oggettivamente molto più semplice di oggi.
All’epoca per costruire i palazzi erano sufficienti un foglietto con la domanda e un disegno “tipologico” delle piante, prospetti e sezioni.
Oggi per realizzare una ristrutturazione può essere necessario presentare un plico di un centinaio di pagine…
…ma torniamo a noi e alle arzille vecchiette e ai loro appartamenti…
ABUSI FATTI OLTRE 50 ANNI FA PRESENTANO IL CONTO OGGI
Questi due appartamenti erano affittati alle stesse due famiglie da decenni.
Le due proprietarie, da quando li hanno ereditati, non ci hanno mai fatto nessun intervento.
Quasi cinquant’anni senza una minima ristrutturazione se non opere di manutenzione ordinaria per mantenerli non dico in efficienza…ma quanto meno utilizzabili.
Gli inquilini erano ormai anziani e qualche anno fa è morto uno di loro, seguito dopo poco tempo anche dalla moglie.
In sostanza si è liberato un appartamento.
Verso la fine di gennaio di quest’anno mi contattano le due proprietarie perché vogliono vendere l’immobile.
Io non sono un agente immobiliare, però sono il loro tecnico di fiducia. E come tutti i tecnici naturalmente ho i miei contatti.
Trovo subito un’agenzia di fiducia a cui affidare la vendita.
Nel frattempo comincio a guardarmi le carte di quegli immobili: li conoscevo già per averci fatto una perizia nel 2011 e mi ricordavo che non era proprio tutto a posto…
Comunque mi faccio consegnare tutta la documentazione che avevano e comincio a studiarla da capo dopo quasi dieci anni.
Nel frattempo arriva il COVID (siamo a febbraio 2020) e tutto rallenta.
Dovevo fare degli accessi agli atti al Comune e in conservatoria ma non è più possibile.
L’agenzia immobiliare però lavora bene e riesce a trovare un compratore interessato.
Siamo appena usciti dalla quarantena forzata e devo rimettere in moto tutta la macchina…
Tutti i problemi che ho trovato…
Approfondisco tutte le carte che avevo e i problemi cominciano a fioccare.
Questa la situazione catastale:
Secondo il catasto i due appartamenti non sono due ma in realtà sono quattro unità immobiliari.
Dalle planimetrie di queste quattro unità immobiliari risulta che una è divisa a metà tra i due appartamenti.
Inoltre di una non si trova la planimetria catastale. …all’epoca qualcuno si è scordato di inserirla…
A fronte di tanto caos a livello catastale avevo assolutamente bisogno di vedere se nell’archivio comunale ci fosse qualche pratica edilizia che potesse fare un po’ di chiarezza…
…ingenuamente speravo che fossero stati fatti dei lavori interni regolarmente (oltre 50 anni fa…) e che semplicemente non fossero state aggiornati i dati catastali.
Ma dal Comune arrivano notizie negative: non risulta nessuna pratica edilizia per quell’immobile…
Quindi l’attuale divisione interna è abusiva…
…oppure gli atti sono andati completamente persi.
…di bene in meglio.
Ma non è finita qui. Infatti poi sono passato a guardarmi tutti gli atti di provenienza dell’immobile.
Un disastro…non ce n’è uno che riporti gli stessi dati del precedente: descrizioni diverse, estremi catastali diversi….
Addirittura nelle varie trascrizioni degli atti avvenute nel tempo si sono persi dei pezzi per strada.
Ad esempio nella trascrizione del primo atto di donazione (quello dalla nonna al padre dell’attuale proprietaria per intenderci…) è scomparsa la particella di una stanza…
…e questo errore si è trascinato in tutti gli atti successivi…quindi, secondo l’ultimo atto esistente una porzione di immobile…non è di nessuno!
Cosa significa tutto questo caos?
Che l’appartamento così com’è non può essere venduto!
Con un potenziale acquirente che sta bussando fuori dalla porta con i soldi in mano…
Fortunatamente le due vecchiette sono realmente arzille e non si sono perse d’animo.
Mi hanno detto subito: “sistemiamo tutto e poi vendiamo”
…Come risolvere i problemi!
[spoiler: spendendo un sacco di soldi]
Cosa devono fare adesso le due proprietarie per sistemare i “lavori allegri” fatti da loro padre oltre cinquant’anni fa?
Devono pagare un tecnico che predisponga tutte le pratiche edilizie necessarie (quel tecnico sarebbe il sottoscritto…). Fortunatamente sono “abusi” che possono essere riportati in regola senza grossi problemi. Se non fosse che…
Devono pagare anche una multa di 1.000€
Devono pagare un geometra che faccia tutte le necessarie variazioni al catasto (frazionamenti, accorpamenti, nuovi inserimenti in mappa…)
Insomma: devono investire parecchie migliaia di euro per riuscire a vendere un immobile che, a conti fatti, vale pochi soldi…
Mi ricordo che, ormai oltre dieci anni fa, in uno dei primi progetti a cui ho collaborato con lo studio di cui poi sarei diventato socio, un cliente voleva fare un abuso.
Dopo averci fatto penare le pende dell’inferno per ottenere il permesso di costruire della sua nuova villa…voleva raddoppiare il piano interrato abusivamente.
Così…perché voleva togliersi lo sfizio…
Mi ricordo che all’epoca tentammo in tutti i modi di dissuaderlo ma la risposta fu:
“che me ne frega…poi se la vedranno i miei figli quando muoio”
La mentalità di questo signore era: adesso faccio quello che voglio per poi scaricare i problemi a chi verrà dopo…
…non lo so: io ho un figlio e onestamente non mi sembra una gran cosa scaricargli dei sicuri problemi futuri per fare “un po’come ca**o mi pare” (per chi ha colto è una citazione da un programma televisivo di circa venti anni fa…).
Naturalmente in quel caso abbiamo scaricato il cliente (peccato perché la villa era veramente bella e vederla realizzata sarebbe stato motivo di orgoglio…).
I suoi figli si troveranno con un abuso che probabilmente sarà insanabile…in bocca al lupo…
…invece le arzille vecchiette non le scarico. Loro non hanno nessuna colpa ed aiutarle è il minimo che posso fare.
E poi fortunatamente si ritrovano tra le mani un abuso che può essere sistemato.
Però si tratta pur sempre di spendere soldi per sistemare un problema che non hanno causato loro.
Quando affermo che bisogna fare sempre le cose in regola intendo proprio questo.
La legge prima o poi presenta il conto…fare le cose in regola adesso significa risparmiarsi spese e scocciature domani (tu o i tuoi eredi…).
ABUSIVISMO NON E’ SOLO COSTRUIRE EDIFICI ABUSIVI…
L’abusivismo edilizio in Italia è un problema grave: nel 2015 il 19,7% degli edifici realizzati era abusivo (nella regione in cui vivo addirittura il 50,6%).
È un vizio che noi italiani non riusciamo a toglierci.
E se pensi che nelle ristrutturazioni la situazione cambi di molto ti sbagli: le ristrutturazioni senza pratiche edilizie probabilmente hanno percentuali ancora maggiori (purtroppo è molto complesso farne un censimento…).
Ma, anche se sono abusi “minori” (cioè che è quasi sempre possibile regolarizzare pagando solo una multa), si tratta sempre di opere irregolari…con tutte le conseguenze del caso.
Ristrutturare casa in modo regolare è un processo quasi matematico…e come farlo è l’argomento che tratto nel mio libro che trovi su Amazon a questo indirizzo: