29 Dicembre 2021 / / Le Galosce Gialle

Due giornate di benessere nella cornice di Gressoney.

Nel weekend dell’11 e 12 Settembre 2021, si è tenuto un incontro sul tema dell’abitare naturale e del benessere, nella bellissima cornice di Gressoney, dove ormai vivo da più di un anno.

Era da tanto tempo che avevo a cuore l’idea di condividere insieme a colleghi e amici una giornata in cui poter parlare, raccontare e toccare con mano i materiali naturali, che sempre più stanno diventando per me una risorsa importante nei miei progetti.

Così insieme ad Anab, Associazione Nazionale di Architettura Bioecologica, abbiamo organizzato due giorni, anzi tre, in cui a partire da Milano dove si è affrontato il tema dei Materiali Naturali e del Design in occasione della Design Week 2021 e del Terramigaki all’interno del bellissimo Studio Museo Francesco Messina (di cui vi invito ad approfondire qui), siamo arrivati a Gressoney La Trinité ospiti del B&B Alchemilla dove abbiamo affrontato il tema della relazione tra benessere abitativo e benessere psico-fisico, declinato nel campo della bioarchitettura e dell’impiego dei materiali naturali per la costruzione. Infine nella giornata di Domenica insieme a Giulia di Forest in giupiter, abbiamo concluso il week-end con una pratica di Forest Therapy per approfondire il tema del benessere attraverso tutti i sensi.

La giornata di Sabato: benessere abitativo

La giornata di Sabato si è suddivisa in una parte più teorica e di dibattito per la mattinata, e una parte poi dimostrativa con gli artigiani nel pomeriggio.

Nella mattina si sono affrontate tematiche legate alla Bioarchitettura e ai Materiali Naturali. Insieme all’arch. Simone Andreis, abbiamo parlato di che differenza ci sia tra Bioarchitettura e Bioedilizia, dei benefici di una casa sana, dei materiali naturali e della loro energia grigia ovvero dell’energia utilizzata per la loro realizzazione. Gli altri concetti che abbiamo affrontato nella mattinata, sono stati il tema del benessere, di salubrità, di qualità dell’aria e degli ambienti indoor, dell’edificio come “terza pelle”. Sono concetti di cui spesso sentiamo parlare e che spesso noi architetti usiamo, ma è stato interessante rileggerli rapportati proprio all’utilizzo dei materiali naturali. Vi riporto alcune definizioni che spero possano stimolarvi nell’approfondire queste tematiche e nell’approcciarvi al progetto.

Bioarchitettura e Bioedilizia

Alla base della bioarchitettura c’è l’idea di “costruire per rispettare l’uomo e l’ambiente“, attraverso alcuni principi derivanti dalla conoscenza del luogo e della natura.

Soprattutto in questo periodo in cui sta diventando sempre più diffuso parlare di architettura “green” ed ecologica, è importante capire effettivamente di cosa si stia parlando, senza cadere vittime del cosiddetto green-washing che purtroppo sta investendo anche il mondo delle costruzioni. Non tutto ciò che viene progettato o raccontato come bioedilizia, utilizza materiali e approcci progettuali coerenti a quanto abbiamo definito prima come “bioarchitettura”. E per questo diventa sempre più importante maturare un approccio critico nella selezione dei materiali, così come in questi ultimi anni abbiamo imparato a fare quando il cibo “biologico” è arrivato nei nostri supermercati. Così come per il cibo, dove non basta un etichetta per far sì che un prodotto sia di qualità, così anche per i materiali da costruzione e per gli interventi che si definiscono “bio”…. è importante non fermarsi alla sola etichettatura, ma approfondire e domandare per conoscere veramente quale prodotto stiamo facendo entrare nelle nostre case!

Benessere

ben – essere = “stare bene” o “esistere bene”
salute fisica + aspetti dell’essere (fisico, emotivo, mentale, sociale, spirituale)

Già nel 1948 l’OMS dichiarava infatti che la salute è qualcosa di più dell’assenza di malattia: è uno stato di completo benessere fisico, mentale e ambientale/sociale.

Ognuno di noi può associare alla parola “benessere” diverse immagini che derivano dalle esperienze che viviamo, così come quando facciamo una passeggiata o ammiriamo un paesaggio, siamo abbastanza consapevoli che la nostra sensazione di benessere è intimamente connessa alle nostre sensazioni corporee, a quanto viene percepito dai nostri sensi. Quando entriamo però all’interno di un edificio, tutto ciò facciamo più fatica a ricordarlo.

Comfort indoor

“Le caratteristiche che determinano il comfort indoor si dividono in quantitative, poiché misurabili tramite specifica strumentazione, e qualitative, perché misurabili solo tramite un’esperienza diretta e personale. Quelle quantitative sono la qualità dell’aria, l’elettromagnetismo, l’illuminazione naturale ed artificiale e l’acustica. Innanzi tutto la qualità dell’aria è influenzata non solo da proprietà fisico- tecnici ma anche da percezioni sensoriali provenienti da aspetti materici e olfattivi presenti all’interno di un ambiente. Infatti la scelta dei materiali e dei rivestimenti deve essere fatta in funzione alle loro qualità tattili e olfattive. Il tatto, insieme alla vista, è una fonte indispensabile di informazioni circa la qualità dell’ambiente, il primo fornisce indizi immediati e personali, la seconda dà indicazioni più generali su forma e colore dello spazio. I nostri sensi sono colpiti da stimoli che riconosciamo tramite il processo della percezione, la quale ci permette di interpretare l’ambiente intorno a noi. ” (Chiara Pollano)

Ad esempio la qualità dell’aria è influenzata non solo da proprietà fisiche (temperatura, umidità, ecc..) ma anche da percezioni sensoriali provenienti da aspetti materici e olfattivi presenti all’interno di un ambiente.

E’ importante allora che anche la SCELTA DEI MATERIALI E DEI RIVESTIMENTI che utilizziamo all’interno delle nostre abitazioni o dei luoghi di lavoro, sia fatta IN BASE ALLE LORO QUALITA’ TATTILI E OLFATTIVE.

Questo è un qualcosa che mi sta molto a cuore, soprattutto in questo periodo dove si da molto peso al senso della VISTA. Siamo inondati da immagini, sui social sui blog, quanto è “bello” o meno questo progetto? Troppo poco spesso ci chiediamo invece “che sensazioni ci da questo spazio?” “come mi fa sentire?” “che cosa provo?”

Mi sono innamorata dei materiali naturali non solo perchè sono salubri e sani e sostenibili…ma perchè sono vivi e parlano ai nostri sensi.

Che sensazioni proviamo quando tocchiamo un pavimento in cemento o un pavimento in legno? Un muro in cemento o un muro in terra cruda? E se ci immaginassimo di vivere per 24 ore all’interno di un cubo di cemento e poi in un cubo di terra cruda…cosa proveremmo? Come cambierebbero le nostre sensazioni all’interno di questo spazio durante l’arco di una intera giornata? Quale sarebbe lo sfasamento termico? Quali sarebbero gli odori o i profumi che sentiremmo?

Con i materiali naturali è forse più facile portare un po’ di quelle sensazioni che viviamo all’esterno anche all’interno delle nostre abitazioni!

L’edificio come terza pelle

La prima pelle: È quella umana. Permeabile e perfettamente traspirante, che consente gli scambi termici tra il corpo e l’esterno e permette l’evaporazione, è elastica e ci difende contro le aggressioni da agenti esterni. La seconda pelle: Sono i vestiti che comunemente indossiamo e che posti a diretto contatto con la nostra pelle hanno lo scopo di ripararci e isolarci dall’ambiente esterno e devono garantire la traspirabilità. La casa rappresenta la nostra “Terza pelle”, che, oltre ad avvolgerci e proteggerci, deve essere capace al pari delle prime due di “respirare”, di avere cioè continui interscambi con l’ambiente esterno al fine di fornire un ambiente interno salubre.

Sabato Mattina incontro sul Benessere Abitativo, presso il B&B Alchemilla.

La dimostrazione pratica dei materiali naturali: calce-canapa, argilla, pastellone, cocciopesto e tadelakt.

Durante la mattina ci siamo soffermati su alcuni concetti importanti relativi al tema del Benessere Abitativo, e ci siamo chiesti “quanto pesa la scelta dei materiali nel nostro progetto?” Nel pomeriggio, grazie agli artigiani abbiamo potuto vedere e toccare con mano alcuni dei materiali naturali che possiamo utilizzare per un progetto.

Insieme all’artigiano Andrea Motto Ros abbiamo sperimentato un termointonaco in calce-canapa. Con gli artigiani Devis Di Stasio e arch. Marta Sorrentino abbiamo parlato di Cocciopesto, Tadelakt e Pastellone. Con Angelo Fresc e Grazia della Casa di Terra, abbiamo visto le finiture in argilla.

Vi riporto brevemente qui di seguito le qualità di ogni materiale.

CALCE E CANAPA: la calce insieme al canapulo, guadagna le proprietà isolanti e la leggerezza della canapa. Viene spesso usato quindi come termo-intonaco soprattutto all’interno delle abitazioni. Ma può essere utilizzato anche all’esterno.

Proprietà:

• antibatterica(calce)

• traspirabilità (calce e canapulo entrambi materiali naturali)
• durabilità
• igroscopico (migliora livello di umidità relativa degli ambienti)

• Elasticità

Campi di applicazione: intonaco (principalmente interno)

PASTELLONE

Il pastellone è un’antica tecnica, di origine veneziana, tradizionalmente utilizzata per rivestire in superficie continua i pavimenti delle case. Si presenta color avorio o rosa chiaro, e può essere colorato con l’aggiunta di pigmenti naturali.

E’ costituito da una miscela di grassello di calce, sabbie, leganti naturali e polvere di cocciopesto ottenuta da coppi e laterizi frantumati che ne intensificano la resistenza meccanica.

Proprietà:
traspirabilità ed elasticità (calce)

• adatto a ricoprire grandi superfici
• durabilità
• impermeabilità(se trattato con olio di lino cotto)

Campi di applicazione: pavimenti (interno e esterno?), rivestimento di pareti, cucine e bagni

COCCIOPESTO

Il cocciopesto: frammenti di terracotta di diversa dimensione, è stato utilizzato in ambito edilizio fin dall’antichità, nelle malte, nei pavimenti e nelle finiture.

L’intonaco in cocciopesto è costituito da grassello di calce, sabbia e polvere di laterizio.
Il cocciopesto conferisce all’impasto ottime proprietà idrauliche, formando un intonaco resistente all’umidità.

Proprietà:
• traspirabilità

• adatto a ricoprire grandi superfici

• durabilità
• impermeabilità
• idrauliche

Campi di applicazione: pavimenti(interno e esterno), rivestimento di pareti, cucine e bagni, saune, spa.

TADELAKT

Il Tadelakt è un’antica tecnica di intonacatura di origine marocchina, che permette di realizzare finiture uniche di grande prestigio. Il Tadelakt è il rivestimento originale degli hammam, delle fontane, delle stanze da bagno, dei riad e dei palazzi nobiliari del Marocco. Il Tadelakt originale si ottiene artigianalmente da una calce speciale proveniente dalle cave di Marrakech. La calce da Tadelakt è ottenuta dalla calcinazione di calcare impuro, cotto in fornaci alimentate a legna di ulivo e palma per circa 30 ore. La calce da Tadelakt all’uscita del forno viene spenta e setacciata con vaglio di 2 mm e insaccata per l’uso.

Proprietà:
• traspirabilità

• adatto a ricoprire grandi superfici

• durabilità

• impermeabilità (è adatto ad ambienti umidi e a contatto con acqua)

Campi di applicazione: pavimenti (interno e esterno), rivestimento di pareti, cucine e bagni, saune, spa.

ARGILLA

L’argilla ha un ruolo determinate sulla possibilità di impiegare la terra come materiale da costruzione.

È infatti questa frazione che esercita le proprietà leganti determinanti per le prestazioni sia allo stato fresco, in termini di fluidità, coesione e plasticità (che consente quindi l’impasto, l’omogeneizzazione e la formatura), che allo stato indurito (a secco) agendo da fase legante alla stregua di un cemento.

Proprietà:
• traspirabilità

• igroscopicità (regolazione umidità ambiente)

• capacità di accumulo termico

Campi di applicazione: intonaco da interni.

Preparazione del termo-intonaco a cura di Andrea Motto Ros e Beatrice Pignataro.

Preparazione del cocciopesto con Devis Di Stasio e Marta Sorrentino.
Prove di Cocciopesto e Tadelakt con Marta Sorrentino e Devis Di Stasio di Opus Naturale.

Bibliografia o siti di riferimento:

Chiara Pollano, Il comfort indoor, Rel. Mario GrossoGianni Cagnazzo. Politecnico di Torino, Corso di laurea in Architettura, 2005

Principali inquinanti Indoor e le loro fonti dal sito del Ministero italiano, qui il link.

Energia grigia dei materiali dal sito di Legnolego, qui il link.

Schede divulgative di La Banca della Calce

Costruzioni Naturali, Tecniche e Ricette, William Montanaro, 2018.

Il manuale tematico della terra cruda, a cura di Maddalena Achenza Ulrico Sanna, Dei.

Piccolo compendio sull’uso della calce naturale per intonaci e pitture, Danilo Dianti e Daniela Re; Rete solare per l’Autocostruzione.

Ringraziamenti:

Un ringraziamento speciale ad Anab che ha supportato l’evento, l’arch. Simone Andreis referente territoriale Anab Piemonte e Valle d’Aosta, i colleghi di Atelier Green Think che hanno partecipato attivamente all’evento, il B&B Alchemilla che ci ha ospitato, e infine tutti gli artigiani Andrea Motto Ros, Devis Di Stasio, Marta Sorrentino, Angelo Fresc, La Casa di terra di Grazia Lacchini, la guida Giulia di Forest in giupiter e i fotografi Clemente De Muro e Beatrice Pignataro.

1 Aprile 2021 / / Architettura

Sono sempre più convinta che lo spazio che ci circonda abbia una forte influenza sul nostro benessere. E quando ho scoperto l’esistenza di “Scuole Naturali“, non ho potuto che appassionarmi a questo progetto. Per questo quando Stefania mi ha contattato per avere alcuni suggerimenti su come progettare e “autocostruire” il giardino della scuola di suo figlio insieme ad altri genitori e maestre, non ho esitato a risponderle.

Da quel momento è nato un piacevole scambio di idee, non solo sulla realizzazione pratica ma più in generale sul tema dell’ambiente e della scuola, soprattutto grazie all’intervista all’insegnante della loro scuola, Luisa Catucci, referente regionale di Scuole Naturali per l’Associazione Manes.

Scuola dell’Infanzia di Vallenoncello (rete di Scuole Naturali).

Scuola di Vallenoncello a Pordenone. Progetto di autocostruzione realizzato da genitori ed educatrici.

Ma partiamo dall’inizio. Durante l’estate scorsa sono stata contattata da Stefania, mamma di un bambino che frequenta la Scuola dell’Infanzia di Vallenoncello, un quartiere del comune di Pordenone. Stefania mi ha chiesto alcuni suggerimenti per allestire gli ambienti della scuola di suo figlio. In particolare lo spazio esterno, il giardino, con l’utilizzo di materiali di recupero, in autocostruzione insieme agli altri genitori e alle insegnanti.

Sono stata molto contenta di poter contribuire con alcuni consigli pratici sull’utilizzo di materiali naturali o di recupero. Io e Stefania ci siamo conosciute sul web, attraverso il profilo pinterest dove raccolgo alcune ispirazioni. In particolare una bacheca sul “parco giochi naturale“. Mi ha tenuto aggiornata sulle proposte e le loro realizzazioni, e per approfondire la loro realtà mi ha messo in contatto con una insegnante della loro scuola, Luisa Catucci.

Intervista a Luisa Catucci: referente regionale di Scuole Naturali.

Luisa è referente regionale di Scuole naturali, una rete che vuole connettere esperienze, persone e organizzazioni che stanno cambiando il sistema educativo per renderlo più felice, sostenibile e outdoor. Se volete approfondire potete leggere questo toolkit.

E’ stato davvero un piacere conoscerla e sentire il racconto di come organizzi la giornata all’interno della sua classe con i bambini, e quali sono gli obiettivi e il suo metodo educativo.

Scuola di Vallenoncello a Pordenone. Foto di Luisa Catucci referente regionale delle Scuole Naturali.
Laboratori del fare e uscite in natura:

Nella sua scuola si predilige l’utilizzo di materiali di riciclo o naturali, quali ad esempio le canne di bambù, con le quali ha realizzato degli strumenti musicali per il laboratorio del fare. Il suo obiettivo era di creare un parco naturale al cui interno “fare insieme”, impegnarsi insieme.

Durante le giornate scolastiche, Luisa organizza spesso delle uscite in natura: per accompagnare i bambini a riappropriarsi degli aspetti naturali, come l’argine di un fiume, i boschi, i campi. “Orientarli sull’aspetto scientifico di come sono fatte le cose, associando l’aspetto emozionale della bellezza del Creato.”

Le sue parole da educatrice sono state per me molto importanti per accrescere la mia consapevolezza di genitore e anche di architetto: “Una nuova avventura nasce da una esigenza di cambiamento rispetto ai bisogni dei bambini. I bambini hanno sempre meno occasioni di vivere in un mondo dell’immaginario, di bellezza. E’ tutto sempre strutturato, deciso, pensato dall’adulto.”

Scuola di Vallenoncello a Pordenone. Foto di Luisa Catucci referente regionale delle Scuole Naturali.

Gli spazi interni delle Scuole Naturali.

Così come per l’esterno, anche gli spazi interni della scuola di Vallenoncello sono stati modificati, a partire dalla sensibilità e dalla formazione di Luisa e della direttrice scolastica. Si è deciso ad esempio di eliminare ogni giocattolo di plastica, introducendo materiali naturali o di riciclo. Inoltre per quanto riguarda l’arredamento, hanno scelto di eliminare tutto quello che poteva essere invadente (colori sgargianti) e il disordine. Puntando sull’ordine, la cura all’essenzialità, la semplicità, lasciando visibili le cose che sottolineano la cura dell’ambiante e trasmettono messaggi semplici e chiari.

Esempio dall’architettura di Herman Hertzberger.

Per quanto riguarda lo spazio interno, mi piace citare qui l’esempio di una scuola progettata dall’architetto Herman Hertzberger: la Scuola Montessori di Delft progettata a partire dal 1960. La sua architettura è chiamata architettura della partecipazione, in quanto H. ha sempre posto in primo piano il ruolo sociale dell’architetto e la sua capacità di generare organismi funzionali e stimolanti per la partecipazione dell’utente. Trovo molto interessante la sua ricerca nell’architettura, che come descrive Chiara Baglione nell’approfondimento dedicato a Hertzberger da Casabella, era – centrata sull’idea di “opera aperta”, in grado di favorire un processo di identificazione e di appropriazione da parte degli abitanti e degli utenti– in questo caso i bambini.

Hertzberger, il quale aveva lui stesso frequentato scuole montessori dall’infanzia al liceo, in questo progetto cerca di sviluppare soluzioni spaziali in funzione di un metodo basato sulla fiducia nell’interesse spontaneo dei bambini e sul lavoro autoeducativo di ciascun allievo.

Hall della Scuola Montessori di Delft, progettata da Hertzberger. Fonte immagine qui.
Hall della Scuola Montessori di Delft, progettata da Hertzberger. Fonte immagine: AHH.nl.
La Hall della Scuola Montessori di Delft.

In particolare vorrei soffermarmi sullo spazio comune, la hall, a cui H. assegna particolare importanza, in quanto diventa il luogo dove i bambini possono impegnarsi in attività individuali o in piccoli gruppi.

Chiara Baglione descrive questo spazio comune come un insieme di luoghi: Lo spazio comune tra le aule si è sviluppato in modo sempre più articolato, intorno ad alcuni “luoghi”: il podio in mattoni, che grazie a elementi di legno, si trasforma in un vero e proprio palcoscenico; una sorta di “vasca” occupata da sgabelli di legno che i bambini possono spostare autonomamente.

In questo modo il bambino può dare la sua interpretazione di quello spazio o oggetto o elemento d’arredo, stabilendo un rapporto personale con ciascuno di essi. Hertzberger progetta spazi dove il bambino può diventare davvero il protagonista, lasciandolo libero di decidere come fruire di quello spazio o quell’oggetto. Il “grande buco” nel pavimento può diventare il luogo di una lezione informale, un nascondiglio o un fosso per saltare. L’immaginazione e la fantasia del bambino sono guidate (dalla presenza di quello spazio, vuoto) ma allo stesso tempo lasciate libere di esprimersi. E in questo contesto, in questo specifico ambiente, il bambino sperimenta e impara.

I principi delle Scuole Naturali.

Dalla chiacchierata con Luisa sono emersi alcuni aspetti che provo a riassumere per punti:

  • Lavoro sulla relazione dei bambini con materiali, con il contesto.
  • Aspetto della cura, come coccola a se stessi ma anche all’ambiente, ai materiali che sono delicati (come ad esempio le foglie secche): per manipolare le foglie secche c’è bisogno di cura.
  • Esperienze: creare vari contesti di apprendimento con angoli in cui possono relazionarsi e interagire con il materiale.
  • Ordine: Mettere in ordine il disordine li aiuta sia a livello cognitivo e affettivo.
  • Semplicità: presentare materiali naturali e proporre esperienze semplici.

Scuole Naturali: una rete di persone e organizzazioni.

La Scuola Naturale è l’ecosistema rigoglioso in cui ogni bambino può far sbocciare i propri talenti.

In una Scuola Naturale si pone attenzione all’ambiente che educa, con un dentro caratterizzato da semplicità e qualità dei materiali, delle esperienze e delle proposte educative che sia congruente alla ricerca di un ritmo che alterna indoor ed outdoor e di un equilibrio tra online e offline. Una scuola in cui si ricerca l’artisticità e la bellezza come qualità da portare nei vari aspetti.

Qui potete leggere meglio la mission di Scuole Naturali, che condivido pienamente e sono felice di aver incontrato. In particolare ho apprezzato l’attenzione alla sostenibilità e ad un abitare naturale: Una scuola che si interroga sulla sostenibilità e sul rapporto con la natura, andando a costruire un sentimento di legame profondo/appartenenza con essa.

Perché vi ho parlato delle Scuole Naturali e di questo esempio?

Vi ho parlato di questo incontro, perché ci tengo molto a raccontare questi piccoli progetti, che nascono dal basso, dalle nostre realtà, storie di persone di tutti i giorni che si interessano di come migliorare poco alla volta il mondo che ci circonda. Quello dei propri bambini nel caso dei genitori, e in particolare quello della scuola nel caso delle insegnanti.

Tutti noi possiamo essere partecipanti attivi alla progettazione e alla costruzione della nostra casa, delle scuole dei nostri figli, con la consapevolezza che ogni piccolo passo è come un seme che poi germoglierà. E’ importante confrontarsi con dei professionisti che possano darci dei consigli concreti, ma è importante anche studiare e approfondire e iniziare a fare azioni concrete per rendere un po’ più bello lo spazio in cui viviamo, che siano le nostre case, le scuole o le nostre città.

Progettazione, autocostruzione e collaborazione sono alla base di questo progetto! Grazie a Stefania e Luisa per avermi dato la possibilità di approfondire e conoscere qualcosa in più sulle Scuole Naturali, e aver avuto l’occasione di riportare un esempio concreto di progettazione degli spazi incentrato sulla collaborazione, l’ “architettura della partecipazione” di Herman Hertzberger.

Ora non ci resta che iniziare a ripensare e a “progettare” gli spazi che sono affidati alla nostra cura!

Bibliografia e Riferimenti:

Fonte Immagini Scuola Montessori di Hertzberger: AHH.nl.

Chiara Baglione, Pedagogia dello spazio, Casabella 750, pg. 56-60.

Gioconda Cafiero, Abitare i luoghi della formazione per il Festival Architettura, luglio-settembre 2016.

Scuola Costituente

Scuole Naturali

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22 Febbraio 2021 / / Le Galosce Gialle

10 Febbraio 2021 / / Design

Avete mai pensato di cercare per la vostra casa arredi ecosostenibili? E di utilizzare l’argilla per i vostri arredi? Quando ho visto il progetto realizzato dal mio collega architetto Stefano Mori, ne sono rimasta affascinata. E così ho pensato di chiedergli una descrizione del lavoro svolto e raccontarvelo! Per farvi sapere che sì, si possono fare arredi ecosostenibili e si può arredare anche con l’argilla!

Arredi ecosostenibili in argilla

L’arredo realizzato da Stefano e il suo team è una cucina in argilla, Lehmküche: un progetto che è nato dalla necessità di ristrutturare una vecchia cucina di famiglia e dall’obiettivo di usare solo materiali locali.

Per prima cosa, tutti i vecchi mobili sono stati smontati e rimossi, lasciando intatta solo la stufa in ceramica originale sul lato della zona pranzo.

Attorno alla vecchia stufa è stata poi progettata e realizzata una nuova cucina personalizzata. Caratterizzata da un design minimale e realizzata in legno di abete locale, intonaco di terra e inserti di rame.

Lehmküche” foto di Stefano Mori.

Come realizzare un arredo ecosostenibile?

In questo caso, si può parlare di arredo ecosostenibile in quanto tutti i materiali impiegati per la realizzazione di questa cucina sono materiali naturali (legno, argilla), locali (terra e canapa del luogo), o riciclabili (rame).

Dopo aver realizzato la struttura in legno e aver montato tutti i suoi elementi (cassetti, ante), è stato applicato uno spesso strato di intonaco di argilla attorno alla nuova isola della cucina.

Lehmküche” foto di Stefano Mori.

Argilla: utilizzo di materiali locali.

Come già accennato, in questo caso si può parlare di arredo ecosostenibile non solo per l’utilizzo di materiali naturali, ma anche perché sono stati utilizzati alcuni materiali locali.

Infatti la materia prima per l’intonaco è stata reperita in loco, scavando direttamente nel giardino di casa e raccogliendo il terreno ricco di argilla, che si trova a circa 50 cm sotto la superficie. Successivamente all’argilla sono state aggiunte fibre di canapa della vicina fattoria, sabbia e acqua nella giusta proporzione.

Se siete curiosi di capire come, vi suggerisco di guardare il video, realizzato sempre da FAR-MS, dove vedrete l’intera realizzazione della nuova cucina: dallo scavo della terra, il suo successivo impasto, la preparazione del fondo a cui far aggrappare l’intonaco, e infine la sua decorazione.

Arredo in argilla: le fasi di realizzazione.

Quando la parte di falegnameria si era conclusa. E dopo aver preparato l’impasto di terra, questo è stato poi applicato in due strati successivi su una rete in canniccio di bambù, ​​precedentemente fissata alla superficie del legno.

Infine, l’ultima fase nella realizzazione di questa cucina è stata quella della decorazione. In continuità con le cucine tradizionali austriache, durante l’asciugatura, l’intonaco di terra è stato modellato con un motivo a bassorilievo che ricorda le antiche stufe in maiolica.

Lehmküche” foto di Stefano Mori. Fase 1: base di legno e canniccio di bambù.
Lehmküche” foto di Stefano Mori. Fase 2: Stesura di intonaco in argilla sul canniccio di bambù.
Lehmküche” foto di Stefano Mori. Fase 3: decorazione.

Perché utilizzare l’argilla in cucina?

L’utilizzo dell’intonaco di argilla in uno spazio cucina non è solo estetico ma è anche una forte scelta strategica. L’argilla infatti è capace di regolare l’umidità in uno spazio chiuso, ma anche di assorbire le particelle inquinanti e neutralizzare gli odori dell’ambiente. Ad esempio quelli rilasciati proprio mentre si sta cucinando!

Ringrazio Stefano per avermi dato la possibilità di raccontare un diverso tipo di arredo. Un progetto in cui la figura dell’architetto si fonde con quello di artigiano. Il mondo più astratto del disegno con quello più concreto del fare e del realizzare.

Sono contenta di aver potuto raccontare la storia di un progetto di ristrutturazione e design che diventa l’occasione per sperimentare, a partire dai materiali locali e naturali.

Vi suggerisco di sbirciare dentro la pagine di FAR-MS per conoscere altri progetti!

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9 Gennaio 2021 / / Design

Per tinteggiare le pareti di casa, un modo naturale che, pian piano, sta avendo un crescente riscontro soprattutto tra chi predilige un arredamento più naturale sano e sostenibile, è la tinteggiatura a calce.

Alcune domande derivano dall’intervista uscita sulla pagina Tempo Libero Casa del Giornale di Sicilia del 1 dicembre 2019. A cura di Cosima Ticali, esperta di interior design.

Di cosa si tratta la tinteggiatura a calce e in cosa si differenzia rispetto alle altre tinteggiature presenti in commercio?

Mi piace ricordare che la tinteggiatura a calce era quella tradizionale delle case dei nostri nonni, prima che arrivasse l’avvento dei cosiddetti “premiscelati” a base cementizia, che hanno velocizzato le tempistiche dei cantieri compromettendo però la qualità dell’ambiente indoor. Le pitture a calce sono 100% naturali, biodegradabili e atossiche perché realizzate senza additivi chimici. Tra i vantaggi della tinteggiatura a calce ci sono la sua particolare traspirabilità, la proprietà antibatterica della tinteggiatura a calce, e ovviamente la salubrità degli spazi  in quanto prive di composti organici volatili (VOC).

tinteggiatura a calce
La calce può avere infinite texture a seconda dei leganti che si aggiungono. Tinteggiatura con calce e lavanda e calce e paglia.

Come hai conosciuto la tinteggiatura a calce?

Ho conosciuto alcuni materiali naturali quali la calce e il cocciopesto grazie ai corsi organizzati dall’Associazione Rete Solare per l’Autocostruzione di Torino, in particolare nei workshop sull’intonaco e la tinteggiatura a calce e sul cocciopesto. Così ho scoperto che è possibile tinteggiare le nostre case in modo naturale, sano per l’ambiente e soprattutto per chi le abita.

Da quel momento mi si è aperto un mondo, un mondo naturale, che profuma, che accoglie, che ti fa sentire bene, che ti fa sentire a casa!

Intonaco in cocciopesto
Stesura intonaco in cocciopesto su muratura esterna, durante corso organizzato dall’Associazione Rete Solare per l’Autocostruzione di Torino.

Da quel giorno ho trasformato il mio blog “Legaloscegialle” in cui volevo parlare a tutti di architettura, in un blog in cui parlo di architettura naturale e sostenibile. Attraverso il blog “Legaloscegialle, piccoli passi per un abitare naturale”, vorrei far conoscere il più possibile l’esistenza dei materiali naturali per ristrutturare la propria casa, o il proprio luogo di lavoro. Vorrei che nel mondo ci fossero case sempre più sane e libere dai materiali inquinanti (VOC, formaldeide, ecc..) dannosi per le persone e per l’ambiente.

La tinteggiatura a calce è sicuramente il primo passo e anche quello più semplice che possiamo fare per avere una casa più sana e naturale.

Quali colori scegliere in base agli ambienti della casa e alle tendenze che ci accompagneranno nei prossimi mesi?

È importante scegliere un colore in base alla sua destinazione, all’esposizione dell’ambiente e all’illuminazione naturale, infatti, la luce influenza molto la percezione che abbiamo di un colore. La cosa ottimale sarebbe fare le prove colore direttamente in cantiere sulla parete scelta. A me piacciono molto i colori caldi, perché rendono l’ambiente più accogliente e più ampio.

Non mi piace però parlare di tendenza, perché ogni casa è diversa e solo in base alle sue caratteristiche, alla sua esposizione solare, al numero delle aperture e finestre che permettono di far entrare i raggi di sole, e soprattutto in base ai gusti e alle esigenze di chi la abiterà, si potrà scegliere il colore giusto per lei!

pavimento in cocciopesto
Pavimento e rivestimenti in cocciopesto a cura di Opus Naturale.
È possibile preparare la tinteggiatura a calce senza ricorrere all’intervento di un esperto? Se sì, in che modo?

In commercio ci sono molte tinteggiature a base di calce già pronte o comunque di facile utilizzo. Bisogna verificare che tutti gli ingredienti siano veramente naturali, facendosi consigliare magari da un esperto o verificando i componenti attraverso l’etichetta.

Inoltre in Italia stanno aumentando le pratiche in autocostruzione. Ci sono imprese e professionisti che propongono consulenze e organizzano percorsi formativi specifici per ogni cantiere.


Se volete un consiglio pratico potete contattarmi direttamente e sarà per me un piacere consigliarvi l’artigiano o la ditta che produce tinteggiature qualificate che possa fare al caso vostro. O se volete cimentarvi nell’autocostruzione, consigliarvi il professionista o l’impresa più vicina a voi.

Trovate qui i miei contatti!

Potete scrivermi una mail, un messaggio o chiamarmi. Sarà per me un piacere accogliere la vostra domanda e contribuire a costruire case sane e naturali!

Parte delle domande sono tratte dall’intervista uscita sulla pagina Tempo Libero Casa del Giornale di Sicilia del 1 dicembre 2019. A cura di Cosima Ticali, esperta di interior design.

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31 Dicembre 2020 / / Design

La casa giapponese è per me una fonte infinita di ispirazione. La filosofia orientale e in particolare l’architettura giapponese tradizionale, è molto vicina alla mia idea di abitare naturale. Oggi vi propongo quindi un “tour” nella casa tradizionale giapponese, tra tatami, stanze del tè e pannelli divisori scorrevoli.

Caratteristiche della casa tradizionale giapponese

Nella casa giapponese tradizionale il telaio ligneo portante poggia a terra a mezzo di brevi palafitte, le pareti esterne e i pannelli divisori interni non sono portanti. Da questa breve descrizione deduciamo la caratteristica di temporaneità che ha la casa giapponese: «oggetto lievemente e temporaneamente appoggiato sul terreno, ma facilmente smontabile e trasportabile altrove»[1].

Già questa temporaneità, così opposta alla visione occidentale, può aiutarci a capire come per gli orientali “abitare” sia un qualcosa di transitorio, e le loro costruzioni siano per questo motivo più leggere, flessibili e trasformabili.

Per usare le parole di Francesca Chiorino, le case giapponesi sono case “fragili, transitorie e intensamente umane”!

L’ingresso

Se esaminiamo la pianta di una casa tradizionale borghese dell’800, possiamo dedurre alcune caratteristiche importanti sul modo dell’abitare e del vivere uno spazio della cultura giapponese.

Foto di shell_ghostcage da Pixabay.

L’ingresso avviene quasi sempre mediante un cancello esterno e poi, attraversato il giardino, ci si trova davanti alla porta di casa. Se invece il giardino è più ristretto o manca del tutto, la porta di casa può dare direttamente sulla strada. All’interno della casa, un primo ambiente (genkan), si trova a livello della strada al quale ci si accede con le scarpe. Questo spazio rappresenta il passaggio dal mondo esterno (pericoloso, impuro, sporco) a quello interno (dominio della sicurezza, pulizia e purità rituale). Passaggio enfatizzato dalla differenza altimetrica tra quest’ultimo e lo spazio dell’abitazione vera e propria, corrispondente all’altezza dei pilastrini su cui poggia la casa, e dal passaggio da materiali del mondo esterno (pietra, laterizio o cemento del genkan) a quelli nobili della casa (legno, tatami).

«L’atto di “salire” in casa è così significativo che uno dei primi saluti rivolti all’ospite non è “prego entrate”, bensì “prego salite” (o-agari-nasai): molti elementi fanno pensare che in tempi remoti questo “salite” fosse davvero impegnativo e si riferisse al superamento di un metro e più di dislivello»[2].

A questo proposito potete leggere qui, un articolo che ho scritto sulla stanza del tè, in particolare le case del tè di Teronobu Fujimori, e il loro essere sospese!

Semplicità e percezione dello spazio

«Quando si entra in una casa, la prima cosa che colpisce sono le dimensioni minuscole delle stanze. […] Inoltre sono visibili dappertutto elementi strutturali scoperti: pilastri, sostegni, traverse e così via in legno massiccio»[3].

Una delle caratteristiche principali di una casa giapponese è la totale semplicità, «l’assenza quasi assoluta di mobili, la precarietà dei pannelli divisori tra stanza e stanza, le differenze tra le varie superfici sulle quali ci si muove»[4].

Foto di shell_ghostcage da Pixabay.

L’architettura di una casa giapponese e la sua semplicità nelle forme ma anche nell’arredo, si basa su una diversa concezione che gli orientali hanno del vuoto, inteso non come mancanza o aspetto negativo ma come un’altra parte del pieno. In particolare un aspetto a mio avviso fondamentale è proprio il loro considerare il vuoto né una parte del pieno, né qualcosa di separato dal pieno, ma una sua “funzione costitutiva”. Se volete approfondire il tema del vuoto vi consiglio la lettura di questo articolo di Ilaria Vasdeki che ritrovate qui.

Oltre alla semplicità, l’intera estetica della casa giapponese è fondata sul fatto che il punto di vista privilegiato non si trova all’altezza dell’uomo, bensì a circa un metro da terra, altezza degli occhi di una persona seduta. Questo aspetto pone in risalto l’importanza dello stare seduti, del percepire lo spazio da terra. Infatti se analizziamo la terminologia giapponese per indicare l’atto di sedersi, si hanno diversi termini: agura wo kaku (sedersi a gambe incrociate comodamente), suwaru (sedersi a gambe raccolte, più formalmente), za-suru (più formale ancora), zazen (atto di sedersi con le gambe strettamente incrociate, per la meditazione).

E questo influisce molto l’aspetto architettonico della casa giapponese, dove l’esterno, la natura, è sempre presente all’interno delle case attraverso visuali che sono possibili grazie ai pannelli scorrevoli o aperture che collegano visivamente la casa con la natura che la circonda.

Flessibilità

Proprio le caratteristiche strutturali della casa giapponese fanno sì che la sua caratteristica principale sia la flessibilità. Infatti «l’interno della casa giapponese ha partizioni assai meno rigide di quelle che ci sono abituali; e questo perché le pareti non sono portanti. Portante è solo il telaio di legno dell’edificio»[5].

Inoltre nella casa giapponese con la sua quasi totale assenza di mobili e arredi, lo spazio, le attività e le relazioni diventano gli elementi più importanti. Tutto questo riporta di conseguenza al tema della flessibilità e totale adattabilità delle stanze giapponesi: «nella casa tradizionale giapponese non si vedono letti in quanto qualsiasi stanza a tatami della casa può servire come stanza da letto – come può servire per mangiare. In teoria le stanze sono a destinazione neutra, sono “uno spazio” che di volta in volta viene adattato all’uso più opportuno»[6].

Gerarchicità

Interessante infine l’uso di pavimenti diversi, che invece definisce una certa gerarchicità nella casa giapponese. Ovvero la differenziazione della pavimentazione a seconda della funzione e dell’uso di scarpe, pantofole, calzari specifici per i bagni, i geta per il giardino, calzini (o meglio scalzi) per i tatami.

Un esempio dalla tradizione giapponese

La villa imperiale di Katsura_La zona della cerimonia del tè del Gepparo.

La villa imperiale di Katsura, Giappone. Foto di Hidden Architecture.

I cambiamenti della natura, il passaggio del tempo, il riconoscere un valore maggiore alle qualità effimere piuttosto che a quelle legate alla permanenza, che viene riassunto nel termine utsuroi, “momento in cui la natura si trasforma”, viene spesso tradotto nello spazio architettonico, dove ritroviamo la leggerezza mediante l’uso di superfici scorrevoli e opache degli shoji.

La villa imperiale di Katsura possiamo dire che sia uno dei massimi esempi di questo concetto, oltre ad essere uno dei modelli principali dell’architettura tradizionale giapponese. Vi riporto qui due stanze. La prima caratterizzata da pannelli scorrevoli e i tatami e dove si vede il collegamento diretto tra interno ed esterno, tra la casa e la natura.

La villa imperiale di Katsura_La stanza del tè dello Shokintei.

Nel secondo esempio, la stanza del tè, possiamo esprimere un secondo concetto: quello della bellezza e dell’asimmetria.

L’asimmetria deriva dalla filosofia Zen, secondo cui la perfezione della bellezza risiede nella sua imperfezione. La natura, la quale non è simmetrica, viene presa inoltre come modello e canone di bellezza.

Villa Katsura. Foto di Marie-Louise Høstbo.

Conclusioni

In questo breve viaggio attraverso la casa giapponese e alcune sue principali caratteristiche, spero abbiate trovate degli spunti interessanti per riguardare alla vostra casa con occhi diversi.

Se volete modificare alcuni angoli della vostra casa, e ri-abitarla in maniera più consapevole, o volete chiedermi qualche consiglio trovate i mie contatti qui.


Note:

[1] Fosco Moraini, Introduzione all’architettura giapponese in AA.VV. Architettura islamica e orientali, Alinea editrice, Firenze, 1986. p.154

[2] Ivi p.156

[3] Edward S. Morse, La casa giapponese, Introduzione e traduzione di Giovanna Baccini, Bur, Milano, 1994. p. 116.

[4] Fosco Moraini, Introduzione all’architettura giapponese in AA.VV. Architettura islamica e orientali, Alinea editrice, Firenze, 1986. p.156

[5] Ibidem

[6] Ibidem

Articolo tratto dalla Tesi di Laurea in Scienze dell’Architettura, PASSI IN EQUILIBRIO SUL ROJI. UN PERCORSO NELL’ARCHITETTURA GIAPPONESE CONTEMPORANEA, Chiara Baravalle, 2010.

Bibliografia:

Katsura. La villa Imperiale, Mondadori Electa, 2015

Case in Giappone, Francesca Chiorino, Mondadori Electa, 2017. Di cui possibile scaricare un estratto qui.

Immagine di copertina foto di FranckinJapan da Pixabay.


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7 Novembre 2020 / / Idee

La canapa è un materiale naturale impiegato in tantissimi settori, quello più antico è sicuramente quello tessile, ma negli ultimi anni è aumentato il suo impiego anche in edilizia. Qualcuno di voi magari ha ancora in casa dei lenzuoli della nonna in canapa! Ma qual è l’uso della canapa in edilizia?

In questi anni di formazione sui materiali naturali, il materiale che forse mi ha stupito più di tutti è proprio lei, la canapa. Si può usare in tantissimi ambiti dal settore tessile, alimentare, a quello edile. Inoltre in edilizia, sia in progetti di nuova costruzione o ristrutturazioni, la canapa viene utilizzata in differenti modi, ad esempio come materiale isolante, oppure per le pareti con i mattoni in calce-canapa, oppure ancora come massetto (strato sotto la pavimentazione) in calce-canapa, o negli intonaci insieme alla calce.

E questo per me è davvero affascinante. Dalla stessa pianta, a seconda che si usi il canapulo (nucleo interno legnoso), o il seme, o la fibra, possono essere realizzati diversi prodotti per differenti ambiti. Dai semi nascono alimenti. Dalle fibre i tessuti. Dal legno (o canapulo) i mattoni naturali. Dai fiori olii essenziali o medicinali.

E all’interno delle abitazioni può essere utilizzato in diverse “parti” della casa, dal pavimento, al tetto, ai muri. La canapa in edilizia a 360°!

Rappresentazione della Cannabis sativa L. di W. Müller.

Origine della canapa

Quando studio i materiali naturali in edilizia mi piace scoprire la loro storia. La canapa ad esempio era usata fin dagli antichi romani, per costruire vele e corde per le imbarcazioni, ma è una pianta originaria dell’Oriente. Quando la canapa arriva in Italia (era presente già nel 600 d.C) e si sviluppa principalmente nelle regioni settentrionali, in Piemonte (nella zona di Carmagnola e del Canavese) dove si può andare a visitare l’Ecomuseo della Cultura della Lavorazione della Canapa, e poi nella pianura padana, in Emilia Romagna. E con grande gioia ho scoperto che esisteva anche in Valle d’Aosta, dove la canapa era coltivata soprattutto nella zona di Chambave e in altre località della bassa Valle d’Aosta. Nella località di Chardonney ancora oggi esiste l’Ecomuseo della canapa!

La canapa in edilizia

La canapa in edilizia è comparsa intorno agli anni ’80/’90. Ma già nei secoli passati il canapulo, detto anche “legno di canapa”, mescolato insieme all’argilla o alla calce, è stato impiegato come materiale da costruzione. Anche gli steli della canapa, ad esempio, venivano utilizzati per realizzare strutture leggere per soffitti o tramezze poi intonacate. Più recentemente, l’uso del biocomposito di canapa e calce si è diffuso in Francia, nelle regioni di Troyes, per la conservazione di edifici medioevali con struttura in legno.

Si cominciò a sperimentare l’uso di questo materiale grazie a Charles Rossetti, un muratore italo-francese che dedicò la sua vita a migliorare
le mancanze dell’edilizia tradizionale ed ebbe l’intuizione di usare il canapulo come materiale da costruzione.

Il canapulo ha un potere di assorbimento dei liquidi circa 12 volte superiore alla paglia e 3,5 volte superiore al truciolo di legno e pari a 5 volte il suo peso.
Mescolato con acqua e calce il canapulo, essendo molto ricco di silice, subisce un processo di “carbonatazione” nel quale il legno viene mineralizzato (trasformato in pietra).

Applicazioni

Possiamo dire che la canapa in edilizia sia utilizzata nelle nuove costruzioni (ad esempio pareti esterne) ma anche nei risanamenti specialmente come isolamento esterno. In entrambi i casi può essere usata per le pareti divisorie, per riempimenti e per sottopavimenti.

In sintesi per:

  • Muri di tamponamento
  • Blocchi di canapa e calce
  • Isolante per tetti
  • Termo-intonaco (intonaco isolante)
  • Massetto isolante
  • Intonaco di calce-canapa
Intonaco di canapa e calce

L’intonaco calce-canapa ha un effetto simile all’intonaco di argilla, ha una facile lavorabilità e si può applicare anche con un macchinario. Ha una buona resa estetica e sembrerebbe anche un minore rischio di crepe.

Leggete qui se volete approfondire come sono gli intonaci naturali a base di calce.

Mattone calce-canapa

In estate i mattoni di canapa hanno un naturale effetto refrigerante, in inverno un effetto riscaldante. Questo perché quando il mattone di canapa e calce assorbe il vapore acqueo dell’aria ambiente, si libera l’energia di condensazione, provocando un aumento della temperatura. Quando l’acqua viene rilasciata nell’aria ambiente, l’energia richiesta dal processo di evaporazione viene sottratta dall’acqua stessa, causando un abbassamento della temperatura.

Muri di tamponamento

Nei muri di tamponamento, la miscela di calce e canapa viene versata e pressata all’interno. Si parla in questo caso di Canosmose, una tecnica di costruzione che consiste nel mescolare direttamente e in giusta proporzione in una betoniera calce, acqua e canapulo e gettare direttamente nelle casseforme.

  • Struttura della parete esterna
  • Hempcrete in canapa pressata
  • Telaio in legno strutturale
  • Malta di calce
  • Strato di finitura opzionale

Ecco alcune foto della preparazione di un muro in calce-canapa con struttura in legno, durante il workshop a Canapa Expo 2019 a Milano insieme a Olver Zaccanti e Alessandro Beber, referenti del progetto Canapalea di ANAB.

Preparazione della miscela di calce e canapa e riempimento struttura in legno durante il Seminario – Workshop “Usi Della Canapa in Edilizia” durante Canapa Expo 2019 di Novegro. Photo credits @Canapa Expo Milano.

Proprietà e benefici della canapa in edilizia

Vediamo infine in modo sintetico quali sono le caratteristiche della canapa e perché usarla nelle ristrutturazioni o nelle nuove costruzioni.

Proprietà principali:

  • Isolamento termico ed inerzia termica
  • Traspirabilità ed edifici salubri
  • Isolamento acustico
  • Protezione dalle infestazioni

Alcune curiosità:

  • isola anche quando è umida
  • non è infiammabile
  • regola il tasso di umidità
  • ionizza l’aria
  • previene la formazione di muffe
  • resiste a roditori e parassiti
  • ha un bilancio di CO2 negativo
  • è compostabile e riciclabile al 100%

La magia dei materiali naturali

Ciò che ogni volta mi attrae dei materiali naturali è che non esistono “ricette” preconfezionate, ma si tratta sempre di progettazione e sperimentazione. Viene enfatizzato l’aspetto di ricerca e di esperimento che dovrebbe esserci sempre alla base di un nuovo progetto. Ci si avvicina al mondo artigianale fatto di prove, di misure e di sperimentazione!

Mi viene in mente la celebre frase del designer e grafico A.G. Fronzoni:

“PROGETTARE VOCE DEL VERBO AMARE”

Perché quando si progetta e si costruisce con i materiali naturali, c’è di per certo un amore smisurato per l’ambiente, l’architettura e soprattutto l’uomo che la abita!


Bibliografia e siti di riferimento:

  1. Tesi Politecnico di Torino: La canapa in edilizia, Relatore: Gianfranco Cavaglià – Candidato: Matthieu Narducci.
  2. Tesi Politecnico di Torino: L’integrazione di materiali compositi a base di canapa e calce nell’edilizia nepalese, Relatrice arch. Daniela Bosa, candidato Enrico Caiolo.
  3. Quaderni Quarneti: Il canapulo.

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27 Ottobre 2020 / / Idee

21 Aprile 2020 / / Le Galosce Gialle

Come stiamo vivendo le nostre case in questi giorni di “quarantena”? Quali sono gli spazi che amiamo delle nostre case? Quali quelli che non avremmo proprio scelto che fossero così? Le consideriamo nostre alleate, la nostra terza pelle? O finiamo per sentirle come delle prigioni? Da qui l’idea di osservare le nostre case in questi giorni di quarantena, di studiare i diversi modi di “abitare le case”.

Tantissime riflessioni, domande e sforzi progettuali sono scaturite a partire dall’analisi di questa situazione attuale, che ci spinge a stare in casa 24h al giorno, quando prima le “abitavamo” poche ore al giorno, giusto il tempo di dormire, fare colazione e tornare la sera per mangiare (alcuni solo per dormire nuovamente).

Molti stanno affrontando da diversi punti di vista la casa, l’abitare e la quarantena e tra tutti anche il mondo dell’architettura! Da Domusweb che ha creato uno speciale ad hoc intitolato Coronavirus e quarantena: come cambia la vita in quarantena, alle varie testate giornalistiche, a studenti di architettura del Politecnico di Milano dove è nato il laboratorio Quarantined house-lives. A biography…di cui faccio parte come tutor (qui se volete approfondire) e poi ancora sfide di architettura come Quarantine Archi Challenge.

Modi di abitare: tre progettiste “green”

Sui modi di “abitare le case” in questi giorni di quarantena, ha iniziato a interrogarsi anche lo studio di architettura Archingreen, fondato dall’arch. Emanuela Cacopardo e ing. Roberta Tredici, che stimo molto e che ho avuto occasione di conoscere di persona visitando una casa di paglia progettata da loro (qui l’articolo).

Mi racconta Emanuela: “L’idea è nata da un gioco abbastanza spontaneo, ovvero catturare con il cellulare momenti di quotidianità in cui ci stiamo trovando a usare la casa in modi che mai avremmo immaginato (in questo i bambini sono spunti inesauribili). Però le riflessioni sono andate anche oltre: quali aspetti del nostro appartamento ci stanno aiutando a soddisfare tutte le esigenze che stanno emergendo, e quali invece rappresentano dei limiti? E quali limiti possiamo reinterpretare traducendoli in virtù?

Modi di abitare le case in quarantena. “Quanto siamo disposti a mettere in gioco le nostre case? Se ci proviamo, qualche tiro va a segno! “foto di Archingreen

E così ci siamo sentite (con una videochiamata a distanza!) e abbiamo pensato di affrontare questa “ricerca” e questa “osservazione” insieme. A partire dalle nostre case, piene di bambini! Ma chiedendo anche ai nostri amici, colleghi, familiari o studenti di condividere con noi i loro modi di “abitare la casa”. Le loro strategie, la loro capacità di adattarsi agli spazi della casa e la capacità della casa di adattarsi a loro.

Restiamo a casa ma “viviamo” la casa

Tutti (o quasi) a casa in questi giorni, nel pieno rispetto del celebre #iorestoacasa, stiamo facendo i conti con le caratteristiche delle nostre residenze, spesso pensate e, in alcuni casi, strapagate, per essere bellissime dimore dove tornare a casa la sera o dove ospitare gli amici durante le serate dei weekend.

Che si tratti di case recenti o di qualche decennio fa, è innegabile che siamo da sempre abituati a vivere le nostre abitazioni solo in determinate fasce orarie, mattina e sera nella media, e nonostante passiamo la maggior parte del nostro tempo chiusi all’interno di qualche edificio (80-90% delle giornate, nei Paesi definiti “sviluppati” da un punto di vista economico), generalmente non si tratta di casa nostra.

Spesso i parametri di giudizio nei confronti di una residenza si limitavano alla ricerca del bello e presentabile agli occhi degli altri. A volte abbiamo sacrificato la personalizzazione dei nostri spazi per rispondere alla domanda: cosa fa tendenza?

A questo aggiungiamo l’approccio ancora oggi estremamente funzionale di noi progettisti al disegno degli spazi abitativi. Le visioni di Le Corbusier e Walter Gropius, maestri dell’architettura del primo ‘900, hanno portato a guardare alla casa come a una macchina per abitare, pensata in termini di superfici minime abitabili e rapporti aeroilluminanti, in risposta alla normativa e agli Existenz Minimum.

Di sicuro il funzionalismo è stato un passo importante per l’architettura ma se non ci si focalizza sulle necessità dei suoi “abitanti”, c’è il rischio che la casa non sia più in funzione dell’uomo ma l’uomo in funzione della casa. Abitare non è solo un aspetto funzionale. E sta venendo fuori ora che non usiamo più le nostre case come semplici dormitori, ma le viviamo incessantemente e in modo intensivo.

Modi di abitare le case in quarantena. “Porte a misura di abitante. Cos’è lo standard?” foto di Archingreen

Progettiste di case in quarantena

E’ giusto che noi professionisti ci facciamo delle domande e prendiamo il più possibile spunti, da questo periodo di permanenza forzata, su quali dovrebbero essere i nuovi modelli abitativi. Cos’è Casa? Cos’è abitare? In che modo casa nostra rispecchia le nostre esigenze abitative? Come abitiamo ora e come vorremmo “abitare le case” in cui viviamo?

Il benessere dell’individuo nel luogo in cui vive dovrebbe essere l’obiettivo prioritario di noi progettisti.

Con Emanuela e Roberta condividiamo alcuni obiettivi. Da qualche anno ci concentriamo sull’uso di materiali naturali nei nostri progetti, convinte che il benessere e il comfort dipendano dalla qualità dell’aria indoor e quindi dalla salubrità delle nostre abitazioni. Io principalmente nelle ristrutturazioni, loro anche in nuove costruzioni!

Quello che ci accomuna è la stessa visione rispetto a un costruire sostenibile e un confronto, avvenuto qualche giorno fa, proprio rispetto a tutti questi temi: esigenza di una sostenibilità non solo delle scelte tecnologiche ma anche del concept progettuale

Abitare le case in quarantena

In questo momento più di altri tutte e tre vestiamo contemporaneamente i panni di progettiste, donne, madri, alle prese con famiglie chiuse in casa, e riteniamo stimolante farci delle domande su quali siano i bisogni abitativi emergenti ora, e come gli spazi a nostra disposizione possano rispondere a questi. La casa è per tutti noi diventata un set sul quale vanno in scena gli eventi più disparati, dalle lezioni online, all’educazione motoria, ai laboratori creativi. Stiamo scoprendo che le case si possono adattare alle nostre esigenze e, perché no, anche agli stati d’animo. Sta diventando un gioco individuare le molteplici possibilità che possono offrire un soggiorno o un corridoio, o gli elementi di arredo, ma per giocare dobbiamo uscire dagli schemi ai quali siamo stati da sempre abituati. Ora di sicuro non serve a nessuno che il soggiorno sia in perfetto ordine.

abitare le case in quarantena
Modi di abitare le case in quarantena. Tavolo da “biglie” con noccioline. Foto di chiara baravalle.

E’ nata così l’idea di catturare e condividere alcuni di questi momenti in cui la casa si trasforma in un set, perché dalla catalogazione di questi emergeranno molti spunti preziosi per ripensare le case di domani.

Non restiamo a casa, ma viviamo la casa, perché nel gioco dei set stiamo scoprendo che il tempo trascorso nelle nostre abitazioni non è solo una questione di quantità ma principalmente di qualità.

Allora rivolgiamo a tutti queste domande: La tua casa è veramente per te? Che modifiche stai attuando per renderla tua?

A cura di Chiara Baravalle con Emanuela Cacopardo e Roberta Tredici (Archingreen)

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