Dubai e` un meltin`pot di persone provenienti da innumerevoli paesi, Dubai insegna a conoscere e ad aprirsi a culture diverse. E’ all`avanguardia, costruisce, e` la città del lusso, Dubai e` anche opulenza e superbia. Il design italiano a Dubai ha un luogo particolare. Nel paese degli eccessi, degli sceicchi e del denaro nasce un’azienda tutta italiana Superbia Domus.
Si tratta di un’azienda di design italiano a Dubai, composta da giovani designer che dal mare ligure hanno raggiunto il mare del Golfo Persico. Hanno creato un Hub di alta classe nel settore dell’arredo di lusso, nel cuore degli Emirati Arabi Uniti a Dubai.
“Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, Superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare“ F. Petrarca 1358.
Imponente, Grandiosa ma anche Altera ed Orgogliosa e` Genova la città madre dove Superbia Domus affonda le sue radici. Ed e` da essa che prende il suo nome.
E’ proprio la dinamicità di questa città, unita alla possibilità di crescere che ha attirato l`attenzione di Superbia Domus.
La missione di Superbia Domus nasce , in primis, dall’amore per la terra di origine: l`Italia. L`Italia e` casa , l`Italia e` famiglia.
Il motore che spinge il team di giovani italiani e` far conoscere al mondo le bellezze ed eccellenze Italiane, tramite il design e l`arredo. Portare un po` d`Italia in ogni casa.
Made in Italy in ogni abitazione come obbiettivo finale unito alla soddisfazione del cliente e alla fiducia che ripongono nel team Superbia Domus. Team di persone, persone che rappresentano il design Italiano, gli artigiani, artisti, imprenditori, creativi e Italiani.
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Slitta il Salone, non le novità Ex.t che presenta “virtualmente” due collezioni di carte da parati bagno Nouveau e Frieze
La primavera quest’anno non sarà la stessa senza il Salone del Mobile di Milano. E in una fase di grandi incertezze cerchiamo tutti un po’ di normalità. Anche per questo Ex.t ci offre un assaggio delle anteprime, proprio come fanno di solito in aprile. Questa volta però lo fanno solo virtualmente. In fiera a Rho e nello showroom di Via Tortona avrebbero esposto le collezioni di carte da parati bagno Nouveau e Frieze, lanciate in anteprima a Parigi a gennaio.
Entrambe le collezioni sono realizzabili su tre diversi supporti: vinile, cellulosa e fibra di vetro. Quest’ultimo, grazie alle sue particolari caratteristiche tecniche rende la carta da paratitotalmente impermeabile e dunque perfetta in caso di pareti a contatto con l’acqua come quelle della doccia o della vasca. Due proposte che consentono di cambiare radicalmente l’immagine del bagno, attraverso sperimentazioni estetiche, quasi fosse una zona living.
Nouveau wallpaper
Partendo dalla ricerca sulle forme della collezione Nouveau, le designer Bernhardt & Vella presentano due diverse carte da parati geometriche, ognuna delle quali disponibili in tre diverse colorazioni. La prima esalta la tridimensionalità attraverso un combinarsi di trame strette e larghe e diverse nuances di colore. La seconda invece, caratterizzata da piccoli elementi grafici triangolari, è un omaggio alle atmosfere Déco che caratterizzano tutta la collezione. Nouveau Wallpaper è una carta da parati waterproof, una collezione dedicata alle superfici della stanza da bagno, ma non solo.
Frieze wallpaper
Marcante-Testa disegna una nuova collezione di carte da parati che completa l’omonima linea di lavabi e complementi per il bagno. Una vera e propria “stratigrafia” del muro che, attraverso fasce di colore ed elementi decorativi orizzontali, diventa sia sfondo che elemento decorativo degli ambienti. Il progetto propone tre decori in vari abbinamenti di colore che si integrano perfettamente con la collezione Frieze, per una stanza da bagno d’autore.
In questo loft a Buenos Aires arredato con gusto industrial si mescolano elementi di gusto etnico e di ispirazione Tropical, in un mix decisamente riuscito.
Hugo e Salomé, designer di gioielli, hanno cercato a lungo una casa che incontrasse i loro sogni. Trasferitasi da Parigi a Buenos Aires, la giovane coppia desiderava vivere in un ambiente che ricordasse lo stile europeo.
Quando l’agente immobiliare li portò a visitare questo loft, Hugo e Salomè non ebbero dubbi: avevano trovato casa.
Da vecchia officina a loft confortevole
Il passaggio dalla vecchia officina al loft confortevole nel quale oggi la coppia vive e lavora si deve al lavoro dell’architetto Fernando Valeriani di Estudio 866.
Per uniformare gli ambienti il progettista ha scelto una finitura in cemento grigio chiaro per tutti i pavimenti, a contrasto con porte e battiscopa grigio antracite, e le pareti bianche.
Dall’ingresso, arredato con una panca di recupero in stile “Savonarola” sormontata da una collezione di borse e cappelli in paglia, si imbocca un lungo corridoio che dà accesso al cuore della casa.
Il grande open space, che si affaccia sul cortile interno, accoglie ben 4 zone distinte. Lo spazio è caratterizzato da 4 pilastri in cemento armato sormontato da travi, che l’architetto ha lasciato grezze. La pittura bianca e le strisce LED collocate alla sommità dei pilastri trasformano questi elementi da strutturali a decorativi.
A sinistra trovano spazio un ampio salotto arredato con un grande divano ad angolo bianco, un paio di poltroncine in rattan e la famosa poltrona con poggiapiedi Lounge Chair di Charles Eames. La parete di fondo è stata decorata con una carta da parati panoramica proveniente dalla Francia, con un soggetto tropicale.
Accanto al salotto si trova la zona pranzo, dominata da un grande tavolo con 8 CH24 Wishbone ChairdiHans J. Wegner. Tre lampade a sospensione in stile industrial di Wever e Ducrè illuminano lo spazio pranzo. A destra, vicino alla grande vetrata, è stato attrezzato un piccolo studio luminoso.
La cucina, installata nell’angolo interno a destra, è arredata con soli mobili contenitori bassi neri e piano di lavoro in marmo bianco. Una grande cappa aspirante industriale con tubo a vista, anch’essa nera, è stata collocata sopra l’isola centrale, che accoglie il piano cottura e un piano per servire la colazione o un pasto veloce.
Il grande open space si apre su un cortile interno nel quale le rigogliose piante tropicali e gli arredi in midollino si mescolano con il arredi in stile industrial.
La zona notte
La zona notte comprende una camera che è allo stesso tempo un piccolo studio, collocata tra il corridoio e il soggiorno. Per illuminare questo spazio con luce naturale le pareti sono state realizzate con pannelli vetrati di stile industrial, con telai grigio antracite.
La vetrata in vetrocemento aperta in cucina convoglia la luce dallo spazio centrale al bagno, nel quale, per moltiplicare la luce, è stato utilizzato un rivestimento in cemento lucidato.
La stanza degli ospiti con bagno, cui si accede direttamente dall’ingresso, completa la zona notte.
Foto: Santiago Ciuffo
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And just like that, traveling has become a distant memory, if not impossible. All of a sudden, borders have been closed and our immediate area where we live has became our whole world. Who knows how long for it will be that we won’t be able to take a plane, a train or a boat on a whim, not for work, pleasure or to explore, no matter how big the urge to escape is, no matter how much we want to visit a loved one.
What I like about blogging is that it allows me to make people travel from their desks to somewhere they might not imagine themselves going to, to inspire curiosity, to show readers new exciting things and places.
Galerie Jag is where curator Jessica Barouch displays a carefully selected collection of objects and furniture by artists from all over the world.
The space is a cosy apartment in the 7th Arrondissement, displaying wonderful attention to detail and “beautify” (a word Jessica uses and that I love) by displaying numerous sculptural pieces that are a part of Galerie Jag’s collection.
Colors and materials play an important role in unifying all the artistic elements: warm white, black backgrounds, wood, earthy and mellow hues.
Siamo pronti a ridefinire la nostra concezione di lavoro?
Con l’avvicinarsi della fase 2 in merito all’emergenza sanitaria COVID-19, molte sono le domande riguardo ciò che cambierà nelle nostre vite. Prendendo in considerazione la nostra attuale routine, è oramai difficile pensare ad un ritorno della normalità pre pandemia.
A tal proposito, molte delle norme previste dal DPCM, come il distanziamento sociale ed il lavoro agile o smart working rimarranno pressoché invariate, così da evitare un’alta possibilità di contagio.
Ad oggi, non sappiamo per quanto tempo queste norme verranno prolungate. Per questo motivo dobbiamo essere pronti ad affrontare nuovamente, una ridefinizione del nostro stile di vita.
Se ad esempio in ambito sociale, il distanziamento potrebbe cambiare radicalmente la nostra percezione dei rapporti interpersonali
la realtà lavorativa potrebbe subire un cambiamento definitivo e perfettamente in linea con la rivoluzione smart working.
Ma cos’è effettivamente lo smart working?
Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività […] pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).
Insomma, da queste poche righe lo smart working sembra essere una tipologia di lavoro appagante e flessibile.
La realtà?
Nonostante la flessibilità del lavoro agile possa esserci d’aiuto, in questi ultimi mesi rivoluzionare la nostra concezione di lavoro è stato estremamente difficile e complicato.
Pensateci: quanti di voi erano pronti a lavorare da casa, tra quattro mura, a distanza ravvicinata con i propri famigliari?
Magari senza il “supporto” di uno studio, dividendo gli spazi tra famiglia e lavoro?
Posso affermare che l’80% di noi non era pronto ad un cambiamento così significativo in ambito lavorativo. Proprio per questa ragione, non conoscendo quale sarà effettivamente il “lavoro del futuro” dobbiamo attrezzarci.
Ebbene si. Se effettivamente il lavoro agile rimarrà un denominatore comune nelle nostre vite, dobbiamo essere pronti a ridefinire la nostra concezione di lavoro ed insieme ad essa le nostre abitudini lavorative.
La creazione di uno spazio lavorativo nella propria abitazione quanto la suddivisione e organizzazione del tempo per il lavoro quanto per sé, dovranno essere degli elementi essenziali da prendere in considerazione per il proprio futuro.
La rivoluzione smart working sembra essere iniziata, sta a noi stare al passo coi tempi.
Vuoi anche tu una piscina in giardino e la vuoi subito? E, se possibile, anche economica e sostenibile? In questo caso le piscine prefabbricate sono la scelta giusta!
Per realizzare una piscina nel proprio giardino ci sono diverse soluzioni tra cui scegliere. La prima domanda è: piscina in muratura o prefabbricata? Se desideri realizzarla in poco tempo e con un budget limitato, la scelta è presto fatta: una piscina prefabbricata.
Questa tipologia di piscine possono essere installate in poco tempo e sono anche più economiche rispetto alle piscine realizzate in muratura. Il costo, naturalmente, dipenderà non solo dalle dimensioni, ma anche dal modello, dagli accessori e dai materiali con cui è realizzata. L’ulteriore vantaggio è dato dal fatto che le piscine prefabbricate non necessitano di alcun tipo di lavoro invasivo per la loro installazione.
Le piscine prefabbricate offrono grandi vantaggi
Innanzitutto, come detto, l’installazioneè molto più veloce rispetto ai modelli in muratura. Possono essere anche semi interrate, oppure interrate mediante uno scavo e livellando il terreno con della ghiaia che funge da isolamento.
La manutenzione è più semplice ed economica, basta effettuare una pulizia regolare prestando particolare attenzione all’impianto di trattamento dell’acqua. Se si opta per una piscina prefabbricatarimovibile, è possibile evitare anche questo, poiché al termine della stagione estiva ti basterà svuotarla, pulirla e riporla fino alla prossima estate.
Un altro grande vantaggio delle piscine prefabbricate è che sono trasportabili. Se in futuro cambi casa, potrai installarla nel tuo nuovo giardino.
Quali materiali puoi scegliere per la tua piscina prefabbricata?
Cemento: le piscine in cemento sono le più costose ma in cambio offrono finiture molto resistenti e durevoli. Puoi permetterti di progettare la tua piscina in cemento adattandola perfettamente ai tuoi gusti, alle tue esigenze di spazio e preferenze.
Acciaio: queste tipologie di piscine sono caratterizzate da una struttura durevole e resistente. Sono completate con un liner in PVC. È un sistema di comprovata efficacia pensato per durare molte stagioni di bagno offrendo una struttura di balneazione con tutte le funzionalità. La maggior parte di questi modelli sono progettate per essere installate sulla superficie e il suo sistema di assemblaggio è molto semplice da fare da soli. Naturalmente esistono anche modelli pensati per essere interrati.
Legno: le piscine in legno hanno una struttura molto simile alle piscine fuori terra in acciaio, ma sono fabbricate in legno. Questo permette di avere delle eccellenti finiture che si integrano perfettamente in tutti i tipi di giardini e possono essere installate sia in superficie, sia interrate o semi-interrate.
Poliestere e Fibra di vetro: si tratta di piscine interrate dove la vasca è costituita da un materiale composto da poliestere rinforzato con fibra. È importante verificare le finiture che presenta. Esistono finiture in resine speciali che conferiscono caratteristiche di grande resistenza ai raggi UV e un’eccellente durata.
PVC: le piscine tubolari hanno una struttura di barre metalliche che si assemblano facilmente in poco tempo e che sostengono un liner in PVC ad alta resistenza. La maggior parte di questi modelli include un sistema di depurazione a cartuccia o a sabbia adattato al volume della piscina.
Piscine prefabbricate realizzate riciclando i conteiner
Sì, proprio così. È una soluzione fattibile, ecologica, economica e decisamente originale. I container, progettati per sopportare grandi quantità di peso, risultano robusti e durevoli, quindi adatti per creare la struttura della piscina.
La società canadese Modpool ha studiato questa possibilità e modificato un container industriale al fine di renderlo anche piacevole dal punto di vista estetico. Oggi Modpool produce piscine di 6 e 12 metri di lunghezza per 2,4 metri di larghezza e una profondità di 1,35 metri. Le piscine dispongono dell’intero sistema di depurazione dell’acqua integrato nella loro struttura e possono essere collocate in giardino in pochi minuti e senza lavori invasivi.
Questa tipologia di piscine container sono adatte per incorporare anche una vasca idromassaggio o addirittura essere dotate di un sistema di riscaldamento per l’acqua.
E' una domanda che tutti ci stiamo ponendo, stiamo leggendo molti interventi, alcuni diametralmente opposta ad altri; ritengo che in qualsiasi caso dovremo cercare di imparare qualcosa, non possiamo permetterci di sprecare questa lezione; forse questa quarantena ci abituerà a pensare non solo più al breve periodo ma cominceremo a programmare anche sul medio e lungo periodo e poche cose lo sono come decidere di affittare o acquistare una casa.
Oggi abbiamo il piacere di intervistare l'architetto Federico Reyneri di LPzR architetti associati di Milano, lo studio ha recentemente realizzato Dom2, un appartamento a misura delle necessità di un disabile motorio, le cui foto vediamo in questo articolo. Dom2 è una abitazione progettata per garantire un'alta qualità della vita anche in caso di lunghe permanenze.
- Federico, pensi che vivremo in una condizione di emergenza permanente? Sarà tanto grave da indurci a cambiare le regole di progettazione degli edifici? Una pandemia come quella che stiamo sperimentando, dura un tempo limitato. Al momento ci siamo dentro, non sono in grado di stimare la sua fine ma da ciò che leggo, non potrà durare più di due-tre anni - nella peggiore delle ipotesi. In edilizia due-tre anni sono meno del tempo di completamento di una operazione immobiliare. Gli edifici hanno una aspettativa di vita superiore ai 30 anni. L'esperienza diretta mi dice superiore ai 50 anni. Quindi gli edifici dovranno essere idonei ad ospitarci e fornirci riparo per un tempo superiore a quello della attuale emergenza.
- Dovranno proteggerci anche dalle emergenze future, sappiamo quali saranno le conseguenze di emergenze future? No, gli edifici dovranno quindi essere flessibili. Mi rendo conto che sia una banalità, ma è meglio ribadire il fatto che il migliore edificio per questa emergenza, non è detto che lo sia per la prossima. O per vivere in tempi di non emergenza, che spero sempre duri più della crisi.
- Quali sono i requisiti che una casa dovrebbe avere per garantire una piacevole permanenza anche in periodi prolungati? Ricordo una battuta di un mio amico spagnolo che mi prendeva in giro perché gli italiani rimangono in casa con mamma e papà fino ai trent'anni. "Sai perché?" mi sfotteva "Perché in Italia le case sono grandi e comode, in Spagna invece sono piccole e buie. Quindi non vediamo l'ora di scappare". Anche i nostri bamboccioni, pur rimanendo a casa di mammà, escono di giorno e di sera. Quando siamo invece costretti 24 ore al giorno per settimane nello stesso ambiente, viviamo l'esperienza degli astronauti. Loro sono preparati per quello. Hanno una preparazione psicologica, una motivazione forte, una data di fine-pena, compiti assegnati continui per passare il tempo. Noi dobbiamo poter ricreare a casa ciò che facciamo anche fuori (o facevamo anche fuori), per avere una esperienza completa.
Permettere la possibilità di lavorare o studiare da casa garantendo la privacy ai componenti della famiglia o, più in generale, agli abitanti, durante la nostra vita noi abbiamo i momenti famigliari, lavorativi (o di studio), di relazione con gli amici e di intimità con noi stessi. Dovremmo avere in casa un ambiente per ognuno di questi momenti.
Facilitare il rispetto dei criteri di sicurezza per evitare contaminazioni con l’esterno: in Giappone e nei paesi scandinavi, lasciano le scarpe fuori di casa prima di entrare. In famiglia abbiamo adottato questa regola da vent'anni. Negli appartamenti in genere predisponiamo sempre uno spazio ove riporre cappotti e scarpe all'ingresso. Negli appartamenti più grandi vi è un ingresso e se possibile, anche un ripostiglio. Le indicazioni degli esperti ci suggeriscono di cambiare anche i vestiti oltre le scarpe, prima di entrare in casa.
Eventualmente, poter isolare e quindi porre in quarantena alcuni membri della famiglia nel caso in cui si abbia necessità di farlo; anche in questo caso purtroppo è una questione di dimensione o di dimensione per persona. Negli appartamenti con più di una camera da letto, in genere una è dotata di bagno collegato. Un secondo bagno è a disposizione dell'altra camera e della zona giorno. La "suite" può quindi diventare uno spazio per la quarantena.
- In questo periodo di convivenza forzata, quali accortezze andrebbero prese in fase di progettazione per garantire la privacy per ogni membro della famiglia? Quanto si può intervenire nella dimensione degli appartamenti? Sarebbe veramente facile rispondere che si consiglia di dedicare una stanza ad ogni membro della famiglia più uno spazio/studio-lavoro. Il nodo da risolvere è quello degli appartamenti piccoli o densamente popolati, ma non ho ancora una risposta sensata a riguardo.
- Quanto sono importanti gli spazi accessori come ingressi, dispense e ripostigli per una casa salubre in questo particolare momento? Gli ingressi e i filtri sono indispensabili. Per quanto riguarda i disimpegni, non ho mai progettato un bunker, nè al momento ritengo che vi sia necessità in Italia di accumulare scorte per far fronte alle carestie. Spero di non sbagliarmi.
- In questo momento avere uno spazio esterno, anche piccolo è un lusso, come interviene LPzR architetti sugli spazi esterni, giardini e terrazzi per renderli un valore aggiunto dell'abitazione? Gli spazi, tutti gli spazi, devono essere attrezzati. Un balcone deve poter essere un posto dove sostare, quindi avere almeno un tavolo e una sedia. O una sdraio, potendo. Vi deve essere una presa elettrica per poter ricaricare i nostri apparecchi elettronici, una buona illuminazione per leggere, delle piante per rallegrarci la vista. Meglio se sono piante aromatiche che possiamo utilizzare in cucina.
Questa casa, chiamata Foresthouse, per ovvi motivi, immersa tra gli alberi in una foresta della Nuova Zelanda è stata progettata come rifugio per il fine settimana per l'architetto Chris Tate, per ottenere il permesso per realizzare questo parallelepipedo di 90 mq nel bel mezzo della foresta è stato necessario ridurre al minimo l'impatto ambientale, la casa è sollevata dal suolo su pali, come una palafitta e può essere raggiunta solo a piedi, con una scala
L'esterno della casa e quasi totalmente vetrato è completamente nero con il rivestimento in legno e colonne in alluminio, l'interno è praticamente tutto bianco.
The house hidden in the forest
This house called the Foresthouse, for obvious reasons, nestled in the trees in a New Zealand forest was designed as a weekend refuge for the architect Chris Tate, to obtain permission to build this 90 sq m parallelepiped in the middle of the forest it was necessary to minimize the environmental impact, the house is raised from the ground on poles, like a stilt house and can only be reached on foot, with a ladder
The exterior of the house is almost completely glazed and completely black with wooden cladding and aluminum columns, the interior is practically all white.
Come stiamo vivendo le nostre case in questi giorni di “quarantena”? Quali sono gli spazi che amiamo delle nostre case? Quali quelli che non avremmo proprio scelto che fossero così? Le consideriamo nostre alleate, la nostra terza pelle? O finiamo per sentirle come delle prigioni? Da qui l’idea di osservare le nostre case in questi giorni di quarantena, di studiare i diversi modi di “abitare le case”.
Tantissime riflessioni, domande e sforzi progettuali sono scaturite a partire dall’analisi di questa situazione attuale, che ci spinge a stare in casa 24h al giorno, quando prima le “abitavamo” poche ore al giorno, giusto il tempo di dormire, fare colazione e tornare la sera per mangiare (alcuni solo per dormire nuovamente).
Molti stanno affrontando da diversi punti di vista la casa, l’abitare e la quarantena e tra tutti anche il mondo dell’architettura! Da Domusweb che ha creato uno speciale ad hoc intitolato “Coronavirus e quarantena: come cambia la vita in quarantena“, alle varie testate giornalistiche, a studenti di architettura del Politecnico di Milano dove è nato il laboratorio Quarantined house-lives. A biography…di cui faccio parte come tutor (qui se volete approfondire) e poi ancora sfide di architettura come Quarantine Archi Challenge.
Modi di abitare: tre progettiste “green”
Sui modi di “abitare le case” in questi giorni di quarantena, ha iniziato a interrogarsi anche lo studio di architettura Archingreen, fondato dall’arch. Emanuela Cacopardo e ing. Roberta Tredici, che stimo molto e che ho avuto occasione di conoscere di persona visitando una casa di paglia progettata da loro (qui l’articolo).
Mi racconta Emanuela: “L’idea è nata da un gioco abbastanza spontaneo, ovvero catturare con il cellulare momenti di quotidianità in cui ci stiamo trovando a usare la casa in modi che mai avremmo immaginato (in questo i bambini sono spunti inesauribili). Però le riflessioni sono andate anche oltre: quali aspetti del nostro appartamento ci stanno aiutando a soddisfare tutte le esigenze che stanno emergendo, e quali invece rappresentano dei limiti? E quali limiti possiamo reinterpretare traducendoli in virtù?
Modi di abitare le case in quarantena. “Quanto siamo disposti a mettere in gioco le nostre case? Se ci proviamo, qualche tiro va a segno! “foto di Archingreen
E così ci siamo sentite (con una videochiamata a distanza!) e abbiamo pensato di affrontare questa “ricerca” e questa “osservazione” insieme. A partire dalle nostre case, piene di bambini! Ma chiedendo anche ai nostri amici, colleghi, familiari o studenti di condividere con noi i loro modi di “abitare la casa”. Le loro strategie, la loro capacità di adattarsi agli spazi della casa e la capacità della casa di adattarsi a loro.
Restiamo a casa ma “viviamo” la casa
Tutti (o quasi) a casa in questi giorni, nel pieno rispetto del celebre #iorestoacasa, stiamo facendo i conti con le caratteristiche delle nostre residenze, spesso pensate e, in alcuni casi, strapagate, per essere bellissime dimore dove tornare a casa la sera o dove ospitare gli amici durante le serate dei weekend.
Che si tratti di case recenti o di qualche decennio fa, è innegabile che siamo da sempre abituati a vivere le nostre abitazioni solo in determinate fasce orarie, mattina e sera nella media, e nonostante passiamo la maggior parte del nostro tempo chiusi all’interno di qualche edificio (80-90% delle giornate, nei Paesi definiti “sviluppati” da un punto di vista economico), generalmente non si tratta di casa nostra.
Spesso i parametri di giudizio nei confronti di una residenza si limitavano alla ricerca del bello e presentabile agli occhi degli altri. A volte abbiamo sacrificato la personalizzazione dei nostri spazi per rispondere alla domanda: cosa fa tendenza?
A questo aggiungiamo l’approccio ancora oggi estremamente funzionale di noi progettisti al disegno degli spazi abitativi. Le visioni di Le Corbusier e Walter Gropius, maestri dell’architettura del primo ‘900, hanno portato a guardare alla casa come a una macchina per abitare, pensata in termini di superfici minime abitabili e rapporti aeroilluminanti, in risposta alla normativa e agli Existenz Minimum.
Di sicuro il funzionalismo è stato un passo importante per l’architettura ma se non ci si focalizza sulle necessità dei suoi “abitanti”, c’è il rischio che la casa non sia più in funzione dell’uomo ma l’uomo in funzione della casa. Abitare non è solo un aspetto funzionale. E sta venendo fuori ora che non usiamo più le nostre case come semplici dormitori, ma le viviamo incessantemente e in modo intensivo.
Modi di abitare le case in quarantena. “Porte a misura di abitante. Cos’è lo standard?” foto di Archingreen
Progettiste di case in quarantena
E’ giusto che noi professionisti ci facciamo delle domande e prendiamo il più possibile spunti, da questo periodo di permanenza forzata, su quali dovrebbero essere i nuovi modelli abitativi. Cos’è Casa? Cos’è abitare? In che modo casa nostra rispecchia le nostre esigenze abitative? Come abitiamo ora e come vorremmo “abitare le case” in cui viviamo?
Il benessere dell’individuo nel luogo in cui vive dovrebbe essere l’obiettivo prioritario di noi progettisti.
Con Emanuela e Roberta condividiamo alcuni obiettivi. Da qualche anno ci concentriamo sull’uso di materiali naturali nei nostri progetti, convinte che il benessere e il comfort dipendano dalla qualità dell’aria indoor e quindi dalla salubrità delle nostre abitazioni. Io principalmente nelle ristrutturazioni, loro anche in nuove costruzioni!
Quello che ci accomuna è la stessa visione rispetto a un costruire sostenibile e un confronto, avvenuto qualche giorno fa, proprio rispetto a tutti questi temi: esigenza di una sostenibilità non solo delle scelte tecnologiche ma anche del concept progettuale.
Abitare le case in quarantena
In questo momento più di altri tutte e tre vestiamo contemporaneamente i panni di progettiste, donne, madri, alle prese con famiglie chiuse in casa, e riteniamo stimolante farci delle domande su quali siano i bisogni abitativi emergenti ora, e come gli spazi a nostra disposizione possano rispondere a questi. La casa è per tutti noi diventata un set sul quale vanno in scena gli eventi più disparati, dalle lezioni online, all’educazione motoria, ai laboratori creativi. Stiamo scoprendo che le case si possono adattare alle nostre esigenze e, perché no, anche agli stati d’animo. Sta diventando un gioco individuare le molteplici possibilità che possono offrire un soggiorno o un corridoio, o gli elementi di arredo, ma per giocare dobbiamo uscire dagli schemi ai quali siamo stati da sempre abituati. Ora di sicuro non serve a nessuno che il soggiorno sia in perfetto ordine.
Modi di abitare le case in quarantena. Tavolo da “biglie” con noccioline. Foto di chiara baravalle.
…
E’ nata così l’idea di catturare e condividere alcuni di questi momenti in cui la casa si trasforma in un set, perché dalla catalogazione di questi emergeranno molti spunti preziosi per ripensare le case di domani.
Non restiamo a casa, ma viviamo la casa, perché nel gioco dei set stiamo scoprendo che il tempo trascorso nelle nostre abitazioni non è solo una questione di quantità ma principalmente di qualità.
Allora rivolgiamo a tutti queste domande: La tua casa è veramente per te? Che modifiche stai attuando per renderla tua?
A cura di Chiara Baravalle con Emanuela Cacopardo e Roberta Tredici (Archingreen)
Modelli freestanding e da appoggio, ecco le vasche da bagno più attuali pensate per adattarsi a ogni tipo di ambiente valorizzandone l’impatto estetico.
Negli ultimi tempi la stanza da bagno ha subito grandi trasformazioni e, da luogo funzionale, è diventato l’ambiente della casa dedicato al nostro benessere e relax, dove non può assolutamente mancare la vasca da bagno.
Rettangolari, ovali, ad angolo, ecco per voi una selezione delle vasche da bagno più attuali per arredare un bagno contemporaneo.
Vasche freestanding BELT e PANIER di Arbi
Le vasche da bagno freestanding rappresentano una tendenza sempre più attuale in tema di arredo bagno poiché, oltre a garantire il massimo relax, sono in grado di donare all’ambiente quel tocco di elegante originalità.
Belt e Panier sono i due modelli disegnatida Meneghello Paolelli Associati che uniscono linee dinamiche, design esclusivo e massima funzionalità.
Belt è la vasca freestanding caratterizzata da geometrie essenziali, tratti morbidi e arrotondati. Realizzata in tekno – materiale durevole, resistente e di elevato pregio – è contraddistinta da un’elegante superficie opaca, enfatizzata da un’estetica rigorosa e minimale.
Il nome della linea “Belt” nasce dalla particolarità del bordo esterno che appare avvolto e strizzato da una “cintura”; questo particolare formale determina una variazione di profondità materica che scaturisce un interessante gioco di luci e ombre. Il volume si alleggerisce e si staglia così verso l’alto, trasmettendo una sensazione di leggerezza e di raffinata pulizia estetica.
La vasca freestanding Panier è disponibile in finitura tekno oppure in mineralguss; il profilo superiore dalla forma tondeggiante si unisce alla base squadrata, generando un delicato morphing e ricordando il classico “panier” da cui deriva il nome. Gli eleganti bordi dagli spessori ultrasottili ne esaltano lo stile, donando alla stanza da bagno un tocco di fascino e raffinatezza, senza tralasciare l’aspetto funzionale grazie all’ampio bacino. Panier predilige un’estetica morbida che annulla gli spigoli e gli angoli vivi a favore delle curve, la soluzione ideale per l’arredo bagno in stile contemporaneo.
Vasca Slim Edge di Grandform
Slim Edge di Grandform è la vasca dal design moderno ed elegante che impreziosisce l’ambiente bagno in cui è inserita donando forte personalità allo spazio e regalando un’oasi di relax in cui lasciarsi abbandonare dopo una giornata pesante.
Alla classica versione rettangolare con bordi arrotondati, ideale per soluzioni a centro parete, sono presenti anche Slim Edge asimmetrica, Slim Edge rettangolare con spigoli e Slim Edge rettangolare pannellabile in legno.
Slim Edge centro parete si caratterizza per gli angoli smussati, ideali per conferire alla vasca un aspetto elegante ed estremamente raffinato. I bordi sottili conferiscono leggerezza e permettono di sfruttare al massimo lo spazio interno, il bordo più ampio accoglie la rubinetteria e i tasti per l’attivazione del sistema idromassaggio, ma fornisce anche una base d’appoggio. L’abbinamento del pannello frontale con i pannelli laterali crea angoli morbidi e smussati, all’insegna del comfort. Dimensioni disponibili: 170×70 e 180×80 cm.
Slim Edge asimmetrica riassume in sé l’essenzialità di un design dalle linee sottili, reinterpretato in una forma insolita e non convenzionale. Anche in questa versione, i bordi sottili rendono la silhouette leggera; mentre il bordo più ampio accoglie la rubinetteria e la pulsanteria per l’idromassaggio. Slim Edge asimmetrica è la soluzione perfetta per chiunque desideri creare un ambiente bagno diverso dal solito e che sappia creare un’atmosfera unica e ricercata. Dimensioni: 160×90 cm.
Slim Edge rettangolare conquista con le sue linee rigorose, i profili decisi e il design pulito. Grazie agli angoli definiti è perfetta per inserimenti ad angolo per sfruttare al meglio gli spazi dell’ambiente bagno. Gli interni della vasca sono spaziosi e comodi per offrire un vero momento di relax. I bordi sottili rendono ancora più elegante l’estetica, donando un effetto finale moderno e di tendenza. Dimensioni: 170×70 cm.
Slim Edge rettangolare pannellabile in legno cattura gli sguardi con le sue finiture ricercate e particolari. Il legno è da sempre sinonimo di calore, comfort e ritorno alle origini. Un materiale molto apprezzato nell’ambiente bagno, soprattutto se abbinato con altri materiali quali il metacrilato, il solid surface, le resine, per creare giochi di contrasti materici. Le finiture disponibili per i pannelli sono: Rovere, Rovere Nature, e Tabacco. Dimensioni: 170×70 cm.
Tutte le versioni di Slim Edge sono disponibili con tre diversi sistemi idroterapici.
Vasca FREE di Planit
Grazie allo spazio abbondante e alle linee morbide che ricordano quelle del corpo, la vasca FREE è perfetta per accogliere chiunque con naturalezza. Le curve eleganti e sinuose di questo modello consentono posizioni comode sia con le ginocchia flesse sia distese.
La possibilità di inserire uno schienale coordinato, dotato di scanalature per tre diverse inclinazioni da un tocco aggiuntivo di relax che completa e porta alla perfezione questa ogni momento. Non ci sono limiti alla progettazione. Questo il mantra che spinge PLANIT a sfidarsi costantemente cercando sempre soluzioni diverse attraverso la sua specializzazione ventennale nella lavorazione del Corian® e cioè nella tecnica della termoformatura.