Come è nata la lampada Pipistrello, indiscussa icona del design ideata quasi 60 anni fa da Gae Aulenti. Dall’ideazione fino alla difficile ma geniale realizzazione.
Siamo nel 1965, e un giovane architetto che risponde al nome di Gaetana Emilia Aulenti, detta Gae, ha un’idea da realizzare. Il famoso marchio di macchine da scrivere e calcolatori Olivetti l’ha incaricata di progettare il nuovo show room di Parigi e Buenos Aires. Gae immagina uno spazio che richiami la piazza, uno dei luoghi simbolo delle città italiane. Costruisce quindi una sorta di architettura fatta di gradini e piani a diversi livelli, distribuiti attorno ad un nucleo centrale. L’illuminazione dello show room è affidata ad un sistema di proiettori, ma l’architetto, aggiungere dei lampioni. Cerca quindi a una lampada che possa svolgere questa funzione, ma non la trova, se non nella sua immaginazione. La lampada Pipistrello comincia a delinearsi negli schizzi, dapprima solo degli abbozzi, poi sempre più precisi, fino all’esecutivo. Non resta che trovare un produttore, ma non sarà facile.
La lampada Pipistrello, un’idea geniale difficile da realizzare
L’idea della lampada Pipistrello è senza dubbio geniale, ma la realizzazione presenta alcune difficoltà tecniche. Inoltre, nelle intenzioni della Aulenti, la lampada deve essere pensata come un oggetto da produrre in serie. Un prodotto di disegno industriale, dunque, destinata ad un mercato che, in quell’epoca, reclamava con forza “cose nuove”. Le criticità del progetto riguardavano sia il fusto telescopico che il diffusore, dalla forma particolarmente complessa. All’epoca la Aulenti collaborava con Poltronova, un’azienda toscana all’avanguardia, fondata dal visionario Sergio Camilli. Le designer mostra i disegni della lampada Pipistrello al Camilli, forse nella speranza che l’imprenditore potesse aiutarla a realizzarla. Camilli ci pensa, e si sovviene di un’azienda di Lucca che si era lanciata nello stampaggio del metacrilato, una première per l’epoca.
Si trattava della Martinelli Luce di Elio Martinelli, un designer visionario che aveva investito tutto in costosi macchinari per creare lampade in plastica. Camilli accompagna la Aulenti da Martinelli, dicendogli queste parole: “Gae avrebbe questa lampada da fare…”1. L’imprenditore raccoglie l’ardua sfida e riesce, dopo diversi tentativi, a costruire gli stampi e una macchina apposita. Decine di lampade Pipistrello finalmente illuminano gli show room Olivetti come tanti lampioncini, e il successo fu immediato. Tanto che Martinelli la mise in produzione e la lanciò sul mercato nel 1967. Il resto è storia. Vi basti sapere che oggi si trova nelle maggiori collezioni del mondo: Museum of Modern Art e Metropolitan Museum of Art – New York; Museum des Arts Decoratives – Montreal; Centre Pompidou – Parigi.
Uno stile moderno, ma non troppo
Il fascino che ancora oggi esercita questa icona del design forse sta nel suo stile particolare. Anche in questo caso dobbiamo capire le origini dell’idea che sta alla base del progetto. All’inizio degli anni 60, in ogni campo, dall’architettura al design, imperversava il Razionalismo. Come sempre, quando una tendenza diventa onnipresente, alla lunga stanca il pubblico, ma anzitutto i progettisti, che inevitabilmente cercano qualcosa di nuovo. Un gruppo di architetti, tra i quali Vittorio Gregotti, lanciano il movimento Neoliberty, allo scopo di scardinare lo strapotere del Razionalismo. Gae Aulenti vi aderisce con slancio, e in questo contesto possiamo capire come nascono alcuni suoi progetti, come l’allestimento del Museo d’Orsay o la nostra lampada. La pipistrello si ispira alle lampade Tiffany, i cui diffusori evocavano forme floreali o animali. Dunque, oltre alle forme sinuose tipiche dello stile liberty, la Aulenti ne mutua anche il riferimento faunistico, immaginando ali di pipistrello.
Come è fatta la lampada Pipistrello e i modelli
Premetto che questa lampada fu realizzata in modo davvero impeccabile, prova ne è che, a parte le nuove finiture della base e i LED, è rimasta la stessa. La caratteristica che salta subito all’occhio è il paralume, per la sua forma insolita e inedita. Esso è realizzato ancora oggi in metacrilato opalino, o plexiglass, una plastica più trasparente del vetro. Ma la genialità e l’unicità della lampada risiede nel fusto in acciaio inox satinato, regolabile con movimento telescopico. Da un’altezza di 66 cm, può passare a 86 cm, trasformandosi da lampada da tavolo a modello da terra. Grande versatilità.
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Oggi la lampada Pipistrello, prodotta sempre da Martinelli Luce, è disponibile nella dimensione originale con diametro di 55 cm e altezza massima di 86 cm, cui si aggiungono altre versioni: la Pipistrello Med (40 x 62 cm), la Mini Pipistrello (27 x 35 cm), quest’ultima anche in versione cordless. Alla versione originale, con la base bianca e testa di moro, si sono aggiunte nel tempo l’ottone satinato, il rame e l’alluminio verniciato in verde agave, rosso porpora, titanio e nero lucido. Una versione speciale, prodotta esclusivamente nel 2015 in occasione dei 50 anni della lampada, la vede vestita con un prezioso abito d’oro.
Note: 1-dal volume “Elio Martinelli e la Martinelli Luce”, 2018, edizioni Electa.