Hai mai sentito parlare di requisiti igienico sanitari? Tra chi deve ristrutturare casa in pochi ne sanno qualcosa. Eppure sono dei parametri fondamentali che devono essere rispettati ogni volta che decidi di fare delle modifiche in casa.
Se non lo fai ti ritrovi una casa non a norma e per la quale non è possibile dichiarare l’agibilità. E il Comune potrebbe chiederti di adeguarti a questi requisiti (facendoti rifare la ristrutturazione).
COSA SONO I REQUISITI IGIENICO SANITARI?
Una volta ogni ambiente poteva essere utilizzato per abitarci: stanze piccole, basse, senza luce oppure grandi, con soffitti alti e grandi vetrate erano lo stesso. Così come ambienti umidi e sporchi o salubri e puliti. Oppure latrine infilate in un angolo delle camere vicino ai letti o case con stanze da bagno sontuose.
Le condizioni di vita delle abitazioni non erano determinate dalle leggi ma dalla condizione economica. Chi era ricco o benestante poteva permettersi di abitare in ambienti sani e salubri. Chi era povero si accontentava di un posto qualsiasi pur di avere un tetto sopra la testa.
Con la rivoluzione industriale e l’ammassarsi di milioni di persone dentro le città, la questione delle loro condizioni di vita, per lo più operai e le loro famiglie con pochissime possibilità economiche, è diventato un problema.
Infatti la mancanza di regole e il bisogno avevano portato le persone ad accettare condizioni estreme: case piccole e sporche in cui erano ammassate famiglie numerose, senza servizi igienici o con servizi messi vicino a letti e cucine.
Tutto ciò ha portato le città ad essere luoghi sporchi e focolai di epidemie. È stato necessario trovare una soluzione a questa situazione.
Da un lato la soluzione è stata adeguare le infrastrutture impiantistiche delle città alle nuove esigenze, principalmente costruendo ed adeguando acquedotti e fognature.
Dall’altro hanno cominciato ad essere promulgate le prime leggi che definissero i parametri igienico sanitari che le abitazioni dovevano rispettare.
Siamo nell’800 e in questo periodo la legislazione in tal senso era ancora agli albori, demandata principalmente ai governi locali.
Ma i parametri che prendevano in considerazione erano gli stessi normati dalle leggi attualmente in vigore.
In sostanza i requisiti igienico-sanitari sanciscono:
- Le dimensioni minime degli ambienti a seconda dell’utilizzo;
- Le dimensioni minime delle finestre in relazione alla superficie delle stanze e alla loro destinazione d’uso;
- L’altezza minima degli ambienti;
- Le dotazioni igienico-sanitarie minime (i bagni per intenderci).
Ogni volta che ristrutturando si fa una modifica alla distribuzione interna di una casa o si interviene su impianti e servizi igienici, bisogna rispettare i parametri sanciti dalla normativa sui requisiti igienico-sanitari. Che sono inderogabili.
Mi è capitato spesso di vedere progetti, anche molto belli, che però non rispettavano tali requisiti.
Il primo responsabile del rispetto di tale norme è il progettista. Però vedo in giro molti proprietari di casa che si inventano sedicenti progettisti delle proprie ristrutturazioni e con imprese che si prestano pretendono di realizzare lavori (abusivi) senza rispettare alcuna norma.
Mi ricordo che alcuni anni fa sono andato a vedere un appartamento a Napoli di cui dovevo valutare il valore. Gli inquilini (erano in affitto) senza dire nulla al proprietario avevano ristrutturato casa (abusivamente…) abbattendo e ricostruendo muri a caso.
Mi hanno mostrato orgogliosi come avevano diviso gli ambienti quando ad un certo punto aprono la porta di quello che sembrava un corridoio: “qui abbiamo ricavato la stanza per il piccolino”.
Minuscola, stretta e senza finestre. Mentre il disimpegno da cui si accedeva a questa “stanza” era enorme e con una grande finestra che si affacciava su un bel parco.
Questo è un caso estremo ma, fermo restando che il progetto della ristrutturazione deve essere fatto da un tecnico, se vuoi cimentarti a fare qualche ipotesi per la tua ristrutturazione, prima di fare un disastro dovresti almeno essere consapevole di quali sono i requisiti igienico-sanitari da rispettare.
LE NORMATIVE CHE REGOLANO I REQUISITI IGIENICO SANITARI
La normativa principale attualmente in vigore sui requisiti igienico sanitari risale al 1975 ed è il cosiddetto decreto sanità.
Questo decreto si chiama “Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, relativamente all’altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione”
Quindi la legge precedente in materia di requisiti igienico-sanitari risaliva alla fine dell’800. Il decreto del 1975 ha inserito requisiti più stringenti e adeguati allo sviluppo sociale e tecnologico avvenuto durante il ‘900.
Però non abolisce le istruzioni ministeriali del 20 giugno 1896, ma solo quelle che vanno in aperto contrasto con le stesse. Pertanto per avere una panoramica completa di quali siano i requisiti igienico sanitari delle case va fatta una lettura combinata dei due dispositivi di legge.
Ma leggere queste due norme non basta.
Pensavi che fosse semplice. E invece l’Italia è il paese del casino al quadrato. Infatti i requisiti igienico-sanitari sono uno degli argomenti su cui le Regioni e le amministrazioni locali possono normare.
Se vai a vederti il regolamento edilizio del tuo Comune probabilmente troverai qualche indicazione proprio in merito a questi requisiti.
Alle volte esistono dei regolamenti di igiene e sanità specifici che riportano anche i requisiti che devono rispettare le abitazioni.
Però è importante sottolineare una cosa: tutte le disposizioni locali, come linea di principio, non possono essere più permissive rispetto alle disposizioni nazionali.
Mi spiego: se la norma nazionale dice che in una casa l’altezza minima deve essere 2,7m non è che il tuo Comune può svegliarsi e dire che bastano 2,4m.
Alcune eccezioni a questa regola possono esserci per casi particolari, ma in linea di principio possiamo ritenerla valida.
I REQUISITI IGIENICO SANITARI SECONDO IL D.M. SANITÀ DEL 1975
Vediamo ora quali sono questi requisiti passando in rassegna tutti gli articoli del decreto sanità.
Art. 1 – altezza minima
L’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in m 2,70 riducibili a m 2,40 per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti ed i ripostigli.
Nei comuni montani al di sopra dei m 1000 sul livello del mare può essere consentita, tenuto conto delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia, una riduzione dell’altezza minima dei locali abitabili a m 2,55.
[…]
Quindi qui parliamo di altezze minime:
- 2,7m per camere, cucine, soggiorni, studi, etc.
- 2,4m per bagni, ripostigli, corridoi
Art. 2 – superfici
Per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq 14, per i primi 4 abitanti, ed a mq 10, per ciascuno dei successivi.
Le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq 9, se per una persona, e di mq 14, se per due persone.
Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq 14.
Le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile.
Questo articolo ci dà in modo indiretto le dimensioni minime di una casa in relazione al numero di abitanti.
Ad esempio un appartamento per 4 persone deve essere grande almeno: 14*4=56mq
Inoltre abbiamo le dimensioni minime delle stanze da letto e dei soggiorni:
- 9mq camera singola
- 14mq camera matrimoniale
- 14mq soggiorno
E vi è inoltre l’obbligo di avere una finestra apribile.
Art. 3 – dimensione mini-alloggi
[…] l’alloggio monostanza, per una persona, deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq 28, e non inferiore a mq 38, se per due persone.
Qui viene data la dimensione minima per i mini-appartamenti, che come vedi sono superiori a quelli di una singola stanza.
Art. 4 – riscaldamento
Gli alloggi debbono essere dotati di impianti di riscaldamento ove le condizioni climatiche lo richiedano.
La temperatura di progetto dell’aria interna deve essere compresa tra i 18 °C ed i 20 °C; deve essere, in effetti, rispondente a tali valori e deve essere uguale in tutti gli ambienti abitati e nei servizi, esclusi i ripostigli.
Nelle condizioni di occupazione e di uso degli alloggi, le superfici interne delle parti opache delle pareti non debbono presentare tracce di condensazione permanente.
In questo articolo vengono affrontati vari temi:
- L’impianto di riscaldamento
- La temperatura minima interna da garantire
- La salubrità delle murature
Ti invito a fare attenzione alla questione dell’impianto di riscaldamento: soprattutto al sud Italia negli anni ’70 era ancora diffuso non installare impianti di riscaldamento, anche qualora fosse necessario per le condizioni climatiche.
In realtà in tutto il territorio italiano le condizioni climatiche richiedono la necessità del riscaldamento, la precisazione deve essere pensata ad esempio per le case vacanze che vengono usate solo in estate e per cui oggettivamente installare un impianto di riscaldamento è superfluo.
Art. 5 – illuminazione e aerazione
Tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d’uso.
Per ciascun locale d’abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2%, e comunque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento.
[…]
Questo articolo introduce una questione importantissima: l’illuminazione e l’aerazione naturali.
È una delle cause per cui molte ristrutturazioni non sono a norma.
Sono due i parametri da rispettare per i locali di abitazione (che ricordiamo essere camere da letto, soggiorni, studioli e assimilabili a questi):
- Fattore medio di luce diurna pari al 2%
- Superficie finestrata apribile maggiore o uguale a 1/8 della superficie di pavimento (per intenderci 1/10 non va bene…)
Il fattore medio di luce diurna è un parametro abbastanza complesso da spiegare e anche da calcolare (ci sono programmi che lo fanno in modo automatico), quindi non ci dilunghiamo qui a spiegarlo.
Ad ogni modo una volta rispettato il secondo parametro (1/8) quasi sempre risulta rispettato anche il fattore medio di luce diurna.
Art. 6 – ventilazione
Quando le caratteristiche tipologiche degli alloggi diano luogo a condizioni che non consentano di fruire di ventilazione naturale, si dovrà ricorrere alla ventilazione meccanica centralizzata immettendo aria opportunamente captata e con requisiti igienici confacenti.
È comunque da assicurare, in ogni caso, l’aspirazione di fumi, vapori ed esalazioni nei punti di produzione (cucine, gabinetti, ecc.) prima che si diffondano.
Il “posto di cottura”, eventualmente annesso al locale di soggiorno, deve comunicare ampiamente con quest’ultimo e deve essere adeguatamente munito di impianto di aspirazione forzata sui fornelli.
Di questo articolo è importante la parte centrale. Qui la legge ci sta dicendo che se le cucine e i bagni non sono finestrati (quindi non si può garantire la ventilazione naturale) è obbligatorio inserire un sistema di aspirazione collegato con l’esterno (una ventola).
Attenzione ad una cosa: sebbene qui non sia scritto chiaramente, nei regolamenti locali per la cucina viene sempre richiesta la presenza di una finestra (a meno che non faccia parte di un open-space dove è già obbligatoria la finestra).
Art. 7 – bagni
La stanza da bagno deve essere fornita di apertura all’esterno per il ricambio dell’aria o dotata di impianto di aspirazione meccanica.
Nelle stanze da bagno sprovviste di apertura all’esterno è proibita l’installazione di apparecchi a fiamma libera.
Per ciascun alloggio, almeno una stanza da bagno deve essere dotata dei seguenti impianti igienici: vaso, bidet, vasca da bagno o doccia, lavabo.
L’articolo 7, oltre a chiarire meglio il concetto espresso nell’articolo precedente, ci dice che se il bagno non ha finestra non si può installare un generatore a fiamma libera (generatore = caldaia o boiler).
In realtà questa disposizione possiamo considerarla superata perché per legge ormai tutti i generatori di calore a gas sono a camera stagna, quindi non a fiamma libera.
Art. 8 – acustica
I materiali utilizzati per le costruzioni di alloggi e la loro messa in opera debbono garantire un’adeguata protezione acustica agli ambienti per quanto concerne i rumori da calpestio, rumori da traffico, rumori da impianti o apparecchi comunque installati nel fabbricato, rumori o suoni aerei provenienti da alloggi contigui e da locali o spazi destinati a servizi comuni.
All’uopo, per una completa osservanza di quanto sopra disposto occorre far riferimento ai lavori ed agli standards consigliati dal Ministero dei lavori pubblici o da altri qualificati organi pubblici.
Questo articolo è oggettivamente aleatorio: cosa vuol dire adeguata protezione acustica?
In realtà oggi bisogna interpretare questo articolo in relazione al DPCM del 1997 sulle prestazioni acustiche degli edifici.
Nel decreto del 1997 vengono stabiliti dei requisiti di isolamento acustico che devono essere garantiti se si interviene sugli elementi edilizi.
Così se sostituisci un infisso devi rispettare i parametri del DPCM e allo stesso modo se sostituisci un pavimento.
Questo secondo aspetto viene spesso disatteso anche dai tecnici: di frequente vengono realizzate nuove pavimentazioni senza i necessari accorgimenti. Che poi si riducono ad un semplice tappetino fonoassorbente…
Altri requisiti
Questi erano i requisiti igienico-saniari sanciti dal decreto Sanità del 1975. Però abbiamo detto che questo decreto modifica le istruzioni ministeriali del 1896 senza abrogarle. Vengono abrogate solo le parti in conflitto ma le altre no.
Vediamo quali sono gli altri requisiti che ci interessano e che rimangono validi.
In realtà sarebbero molti ma a noi ne interessano principalmente due:
- La non possibilità di utilizzare ambienti interrati come locali di abitazione a meno del verificarsi di determinate condizioni (artt. 58-61)
- La necessità di dotare i bagni di antibagno se affacciano in locali di abitazione (cucina, soggiorno) (art. 71)
Su questo secondo punto chiariamo un aspetto: sono considerati locali di abitazione anche le camere da letto, però in questi casi è accettato aprire il bagno direttamente in camera senza antibagno.
Ma cos’è un antibagno? Un locale “filtro” tra quello dove è presente il wc e il locale di abitazione. In tale ottica anche un corridoio può essere considerato un antibagno.
CONSEGUENZE DEL MANCATO RISPETTO DEI REQUISITI IGIENICO-SANITARI
Le conseguenze di non rispettare i requisiti igienico-sanitari non sono tante, ma potrebbero essere scoccianti.
La prima è l’impossibilità di dichiarare l’agibilità della casa.
Infatti l’agibilità sancisce:
1. La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità sono attestati mediante segnalazione certificata.
(d.pr. 380/2001, art. 24)
Quindi le condizioni igienico-sanitarie sono essenziali ai fini dell’agibilità.
E qui permettimi di fare una riflessione: molti colleghi sostengono che, in seguito ad una ristrutturazione, non sia necessario rifare l’agibilità.
Giustificano la cosa col fatto che il d.pr. 380/2001 parlando di agibilità riporta un refuso (uno dei tanti sparsi nelle leggi): cioè che l’agibilità vada fatta solo in seguito a pratiche di SCIA o permesso di costruire. Mentre la maggior parte delle ristrutturazioni si fanno con CILA…siccome questa pratica non è citata allora non è necessario rifare l’agibilità.
Ma la CILA consente di cambiare le condizioni di igiene e salubrità di una casa: posso rifare impianti e cambiare le dimensioni e la disposizione delle stanze.
Secondo il ragionamento di questi tecnici con la CILA potrei fare una camera da letto di 5mq senza finestre e la casa continuerebbe ad essere agibile.
Purtroppo non è così: proprio perché con la CILA posso modificare le condizioni di igiene e salubrità (e tutte le altre sancite dall’agibilità), nel caso ciò succeda è necessaria una nuova agibilità.
La seconda conseguenza è che l’immobile non rispetta dei requisiti imposti per legge. In caso di controllo della pratica edilizia o di qualsiasi altro tipo potrebbe essere richiesto di far rispettare tutti i requisiti. In sostanza la pratica diverrebbe non lecita e sarebbero da rifare i lavori.
È sicuro che la pratica venga controllata? No. Anzi la maggior parte delle pratiche non viene mai controllata, quindi probabilmente anche se non è tutto a posto non avrai problemi.
È sicuro che la pratica non venga controllata? No. I comuni più piccoli di solito controllano tutto, i più grandi una percentuale minima delle pratiche. Però i controlli ci sono.
Quindi rispettare questi requisiti è essenziale.
POSSO DEROGARE AI REQUISITI IGIENICO-SANITARI?
Ci sono alcuni casi in cui è possibile derogare ai requisiti igienico-sanitari.
Come abbiamo visto le due leggi nazionali che regolano tali requisiti risalgono al 1896 (istruzioni ministeriali) e al 1975 (decreto sanità). Quindi abbiamo tre regimi:
- Ante 1896
- Ante 1975
- Post 1975
Tutte le case costruite dopo il 1975 devono essere state progettate rispettando il decreto sanità. Tutte le case costruite tra il 1896 e il 1975 devono essere state progettate rispettando le istruzioni ministeriali. Tutte le case costruite prima del 1896…non devono rispondere a nulla.
Naturalmente tutto ciò vale se non ci sono, o c’erano all’epoca di costruzione, altri regolamenti locali in vigore.
Quindi abbiamo una prima deroga: non posso pretendere che una casa costruita un secolo fa rispetti le norme attuali. Le leggi non possono essere retroattive.
Però è il caso di capire in che termini funziona questa deroga.
Facciamo un esempio.
Hai una casa costruita negli anni ’60 in cui le camere da letto sono più piccole di 9mq e le finestre non bastano per raggiungere la superficie aeroilluminante minima di 1/8.
Quindi non rispetta il decreto sanità del 1975.
Tale decreto però negli anni ’60 non esisteva.
Quindi come prima cosa devi verificare se rispetta almeno le istruzioni ministeriali del 1896 (anche lì si parla di dimensione degli ambienti e superfici aeroilluminanti).
Se non rispetta nemmeno questa non c’è deroga che tenga: devi adeguarti.
Se invece rispetta tali istruzioni ministeriali puoi tenerti la casa com’è. Ma nel caso di ristrutturazione devi adeguarti.
O meglio: se cambi solo le finiture (pavimenti, porte, infissi, pitturazioni, sanitari), cioè se fai una manutenzione ordinaria, non hai l’obbligo di adeguarti.
Però se modifichi le dimensioni e la distribuzione delle stanze (manutenzione straordinaria) allora devi adeguarti. Completamente: sia la superficie delle camere deve rispondere ai requisiti igienico-sanitari del 1975 sia la superficie aeroilluminante. E se gli ambienti sono più bassi del minimo di legge (2,7m per gli ambienti di abitazione) dovresti adeguare pure le altezze.
Allo stesso modo se decidi di rifare gli impianti devi farli adeguati alla normativa attuale.
Questo secondo punto sembra più scontato (faresti mai un impianto elettrico come si faceva nel 1960?). Mentre per le questioni geometriche (dimensioni, superfici, altezze…) spesso le persone non se ne capacitano.
Il fatto è che se decidi di intervenire e non è possibile adeguare tali parametri, la casa non è abitabile. O almeno non lo sono le parti della casa che non rispettano questi parametri.
In questo caso dovresti provare a chiedere una specifica deroga per continuare ad utilizzare quegli ambienti come abitazione (non l’ho mai fatto quindi non saprei come aiutarti).
Visto questo caso che è abbastanza tipico, vediamo in quale altro caso puoi fare delle deroghe.
Mi riferisco agli edifici vincolati, quindi stiamo parlando di palazzi storici.
Se la soprintendenza architettonica/paesaggistica ha messo un vincolo sull’edificio e questo vincolo interviene anche sulla distribuzione interna degli ambienti e/o sulle facciate…evidentemente non è possibile adeguare.
In questo caso si può derogare proprio in virtù del vincolo. Anche se non è prevista una deroga totale. La questione è stata affrontata recentemente con il decreto semplificazioni, il n. 77 del 2021, che riguarda la governance del piano nazionale di rilancio e resilienza (quello post-covid).
Nella conversione in legge di questo decreto, all’articolo 51, comma 1 è stata aggiunta la lettera f-bis:
«f-bis) all’articolo 10, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
“2-bis. In deroga alle disposizioni del decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, con riferimento agli immobili di interesse culturale, sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42:
a) l’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in 2,4 metri, riducibili a 2,2 metri per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti e i ripostigli;
b) per ciascun locale adibito ad abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore all’1 per cento e, comunque, la superficie finestrata apribile non deve essere inferiore a un sedicesimo della superficie del pavimento;
[…]»
Altre deroghe non sono concesse.
Anzi: ove possibile lo stato incentiva ad adeguare anche edifici che sono stati realizzati con la normativa in vigore prima del 1975.
Infatti, ad esempio, vi è stata una recente modifica al testo unico dell’edilizia (il d.pr. 380/2001) con cui gli adeguamenti alle facciate ai fini dell’agibilità (quindi la modifica delle dimensioni delle finestre in sostanza) possono essere realizzati con una semplice procedura di CILA (quella che si usa per la maggior parte delle ristrutturazioni) se non riguarda parti strutturali, invece che con le più complesse SCIA o Permesso di Costruire.
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