Cameretta rettangolare e come arredarla: un S.O.S. lanciato da tutti i genitori alle prese con una stanzetta lunga e stretta da destinare a uno o due bambini e ragazzi.
Un’impresa difficile, ma non impossibile.
L’importante è seguire qualche piccolo accorgimento (ma ricorda che l’aiuto di un arredatore professionista può semplificare la vita) e organizzare lo spazio nel modo migliore, senza sprecare alcun centimetro.
Come fare? Scoprilo con i nostri consigli e con i progetti di camerette per stanze strette che abbiamo selezionato per te.
Consigli per arredare una cameretta rettangolare
Arreda il lato lungo
Va da sé: in uno spazio rettangolare sarà la lunghezza ad avere la meglio sulla larghezza. E perché non trasformare questo vincolo in un vantaggio?
L’ideale sarebbe scegliere arredi non molto ingombranti, che occupino sì lo spazio ma senza rendere la stanza claustrofobica. Via libera ad un letto singolo da disporre parallelamente alla parete più lunga.
Ottimizza il lato corto
Mai dimenticare il potenziale della parete corta, anche se supera di poco i 2 metri.
Quando lo spazio lo consente, puoi pensare di usare il muro più piccolo per mettere una scrivania sotto la finestra, posizione ideale per godere della luce naturale.
Se la cameretta è stretta, ma non strettissima, valuta la possibilità di orientare il letto in posizione perpendicolare, verso il centro stanza.
Sfrutta l’altezza con un soppalco
Noti per la loro anima salvaspazio, i letti a soppalco sono i veri alleati delle camere per ragazzi sviluppate in lunghezza.
Il motivo è intuibile: occupano poco spazio in profondità, sfruttano l’altezza e possono essere attrezzati con armadi o con una seconda rete.
Se invece la superficie della stanza è già occupata ma lo spazio contenitivo non basta, considera le composizioni sospese.
Mensole chiuse, contenitori, cubi e piccoli box sono ottimi per attrezzare porzioni di muro che altrimenti rimarrebbero spoglie.
Non sottovalutare i letti a castello
Cameretta molto stretta e due ragazzi che la occupano? Con un letto a castello si va sempre sul sicuro.
È una soluzione senza tempo, che con l’aiuto di un’adeguata barra di protezione imbottita diventa la scelta adatta anche per i bambini.
Ma non esistono solo i letti a castello. La grande famiglia dei letti sovrapposti annovera lettini a scomparsa e ad estrazione, lettini doppi che slittano l’uno sull’altro e si aprono solo nel momento del bisogno.
Fai tesoro dello spazio sotto il letto
Oltre ad essere stretta, la camera è anche piccola? In questo caso è inutile girarci intorno: bisogna utilizzare lo spazio sottoletto.
Puoi scegliere contenitori su ruote o scatole con coperchio, oppure valutare una soluzione alternativa.
L’idea è di considerare un letto rialzato, che integra cassetti estraibili dove sistemare gli oggetti più diversi.
Biancheria, materiale scolastico e giocattoli troveranno spazio in cassettoni capienti e sempre accessibili (ma attenzione alla profondità della camera).
Limita il disordine
Più lo spazio è ristretto, più diventa indispensabile cercare di tenerlo in ordine. Una volta inseriti letto, armadio e scrivania, vale la pena dedicare un posto speciale a qualche mobiletto contenitore.
Oltre ai classici comodini, se la stanza lo consente potresti valutare soluzioni 2 in 1 come la cassettiera che funge anche da stand appendiabiti.
Scegli i colori chiari per allargare lo spazio
Resta sempre valida la regola dei piccoli ambienti: preferire tonalità chiare e luminose.
Anche nel caso delle camerette lunghe, è meglio evitare finiture scure e sfumature cupe, che rischierebbero di influire negativamente sulla percezione dello spazio.
Tra gli abbinamenti più in voga al momento ci sono il sodalizio tra legno bianco e tortora, tutte le sfumature di azzurro e colori più femminili come il rosa antico e il grigio perla.
Una cameretta di più di 4 metri che occupa un’intera parete. Ridotta al minimo, la profondità maggiore è quella della pedana del letto, che cela 3 pratici cassetti ad estrazione totale.
Piace la soluzione studiata per l’armadio, che in parte sovrasta il letto con moduli a ponte e si fonde in armonia con una piccola libreria destrutturata.
Lunghezza composizione: 440 cm
Cameretta lunga e stretta per due
In questa stanza rettangolare condivisa da due sorelle, protagonista indiscusso è il letto scorrevole posizionato contro la parete più lunga.
La sua posizione orizzontale permette di risparmiare molto spazio in profondità e, allo stesso tempo, di ospitare due fratelli o sorelle.
Armadio e pensili incorniciano la composizione, a sua volta completata da una pratica scrivania con ruote.
Lunghezza composizione: 390 cm
Cameretta lunga con armadio a ponte
Poco più di tre metri e mezzo e una cameretta da arredare. Il progetto dà un’idea di come organizzare uno spazio lungo e ristretto inserendo un grande armadio a ponte e un letto estraibile salvaspazio.
Pensata per la camera di un ragazzo adolescente, questa soluzione può essere adattata anche ad una stanza per gli ospiti.
Lunghezza composizione: 357 cm
Cameretta con soppalco di 380 cm
Un progetto realizzato per una stanza lunga ma non strettissima, che consente di sfruttare anche la parete dietro al letto. La composizione è un castelponte, struttura che integra due lettini singoli e un grande armadio con ante battenti.
Lo spazio è sfruttato fino all’ultimo centimetro grazie a soluzioni intelligenti e moderne: cassetti sotto al letto, scala con gradini contenitore, modulo libreria da usare come comodino.
Senza testiera, il lettino è incorniciato da pannelli di boiserie imbottita che decorano il muro e fungono da protezione.
Come il letto, anche la scrivania si posiziona perpendicolarmente la muro. Questo orientamento permette comunque di sfruttare lo spazio sottoponte e di inserire, accanto al letto, un pratico comodino sospeso.
Il progetto integra una cabina armadio con libreria laterale, da sostituire con un fianco chiuso qualora la cameretta fosse troppo stretta.
La composizione prosegue con un modulo a ponte con letto sotto e un delizioso angolo studio completo di scrivania e mensola con fianco. Ideale per una parete inferiore a 400 cm.
Lunghezza composizione: 390 cm
Cameretta per ragazza di 4×2 mq
Una cameretta per ragazza adolescente, che occupa ben tre pareti. I lati corti ospitano una scrivania e un armadio, elementi che si fondono in totale armonia con la libreria, il ponte e il letto posizionati sul muro più lungo.
I colori proposti, che spaziano dal grigio all’azzurro avio, sono resi ancor più eleganti da moduli sospesi con ante in vetro fumé.
Lunghezza composizione: 420 cm
Cameretta con letti a castello lunga 360 cm
Un’altra cameretta per due, ma questa volta con letti sfalsati. Affascina la divisione spaziale, che prevede accanto al letto a castello una zona studio attrezzata nei minimi dettagli.
Lo spazio è sfruttato al massimo grazie a mensole geometriche fissate sopra al piano da lavoro, progettato in base alle esigenze di studenti di varie età.
Il progetto diventa un ottimo spunto per arredare anche una cameretta singola. Si potrà modificare la composizione sostituendo il letto inferiore con un armadio o uno scrittoio.
“Architetto, per l’impianto di riscaldamento facciamo caldaia a gas e termosifoni vero?”
Questa è una delle frasi che mi sento dire più spesso dai clienti e dagli idraulici.
Ma questa non è quasi mai la soluzione migliore e più efficiente per la tua ristrutturazione.
In questo articolo scoprirai quali sono le principali tipologie di impianti di riscaldamento che puoi installare nella tua ristrutturazione. I loro pro e i loro contro.
Milioni di installazioni fatte nel corso di decenni hanno generato una delle credenze più difficili da sradicare quando si ristruttura (e si costruisce) una casa: che il binomio caldaia a gas + termosifoni sia l’unica soluzione possibile per realizzare l’impianto di riscaldamento.
Spesso chi affronta una ristrutturazione parte da una situazione in cui c’è già un impianto di questo tipo esistente. E ritiene di risparmiare magari recuperando i vecchi termosifoni o utilizzando le vecchie tubazioni (cosa che spesso in corso d’opera si rivela impossibile o non conveniente). Quindi parte già con pregiudizi difficili da scalfire.
Guai a proporre riscaldamenti a pavimento “perché costa troppo” o soluzioni elettriche perché “ma sei pazzo? E se poi salta la corrente? Chissà che bollette poi…”
La realtà è che se l’impianto caldaia+termosifoni è ancora quello più diffuso, non è detto che sia la soluzione più efficiente per rispondere alle tue esigenze di riscaldamento.
Prima di procedere come un treno devi provare a prendere in considerazione anche tutto quello che le moderne tecnologie possono offrirti.
Non sono uno di quelli che sentenziano: “caldaia a gas e termosifoni è un impianto obsoleto”.
Ma il mio scopo, quando progetto la tua ristrutturazione, è trovare la migliore soluzione impiantistica per riscaldare (e anche raffrescare) in modo efficiente, adatta al tuo immobile e che risponda alle tue esigenze di benessere.
In questo articolo voglio darti una panoramica dei sistemi di riscaldamento più diffusi e che possono essere utilizzati in modo efficace nella ristrutturazione di case e appartamenti (anche in condominio).
Non sarà un articolo pieno di tecnicismi (che poi non sarei nemmeno in grado in questo ambito). E non ti voglio convincere ad installare un impianto piuttosto che un altro.
Non è il mio lavoro e non ci guadagnerei nulla.
Il mio unico scopo è farti riflettere su una scelta così importante per la tua ristrutturazione. Non solo dal punto di vista economico ma anche della salute.
L’articolo sarà diviso in due parti:
Vedremo come è fatto un impianto di riscaldamento. Non importa la tipologia…tutti sono composti dagli stessi identici elementi di base.
Vedremo come gli elementi di un impianto si combinano per definire le principali tipologie di impianti di riscaldamento da installare in case e appartamenti.
E alla fine faremo qualche riflessione su come devi muoverti nella scelta del tuo nuovo impianto di riscaldamento.
PARTE 1: COME È FATTO UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO?
Qualche anno fa in rete girava il meme di un commento scritto in qualche gruppo facebook di complottisti che diceva più o meno così:
“oggi ho aperto la valvola di un termosifone e sapete cosa ho scoperto? Dal foro usciva acqua e non metano! Questi ci fanno pagare carissimo il metano e poi in realtà ci stanno dando acqua!”
Come progettista do per scontato quale sia il funzionamento di base di un qualsiasi impianto di riscaldamento. E commetto l’errore di dare per scontato che anche le persone con cui ne parlo lo sappiano.
Ma non è così.
Quello qui sopra è un caso limite, però penso sia utile chiarire quali sono gli elementi basilari di cui è composto un impianto di riscaldamento.
Quello che diremo vale per tutti gli impianti e ci tornerà utile nella seconda parte, quando li approfondiremo uno per uno.
L’elenco che leggerai qui sotto non pretende di essere esaustivo. Ogni impianto prevede uno o più sottosistemi obbligatori o facoltativi. Però questi quattro elementi ci sono sempre:
Il generatore di calore
Il fluido vettore
Il sistema di distribuzione
I Terminali
Riassumendo il funzionamento di un impianto-tipo di riscaldamento:
il generatore di calore (che è la caldaia) utilizza una fonte energetica (tipo il metano) per riscaldare un fluido vettore (ad esempio acqua) che viene messo in circolo attraverso un sistema di distribuzione (una rete di tubazioni) a cui sono collegati i terminali (ad esempio i termosifoni) che cedono il calore del fluido all’ambiente.
Produco caldo, sposto caldo, distribuisco caldo.
Semplice e consolidato.
Già gli antichi romani avevano inventato un sistema di riscaldamento chiamato ipocausto, ed usato principalmente nelle terme, che sfruttava questi quattro passaggi.
Da allora però la tecnologia si è evoluta e i problemi, che all’epoca erano solo non morire di freddo in inverno, sono cambiati.
Ora vogliamo regolare le temperature secondo le nostre esigenze, vogliamo una casa riscaldata uniformemente, una casa salubre.
Poi non c’è più solo l’esigenza di riscaldare in inverno ma anche di raffrescare in estate.
E poi c’è l’esigenza di non svenarsi per pagare bollette salatissime.
E poi ci sono anche esigenze sociali. Sulla terra siamo 7 miliardi e scaldare tutti gli immobili esistenti ha un costo ecologico, sia come consumo di fonti energetiche che come inquinamento. Quindi c’è l’esigenza di non sprecare inutilmente energia e di non inquinare. Si chiama efficienza, ed è un parametro reso obbligatorio dalle normative.
Per capire le tipologie e caratteristiche degli impianti di riscaldamento più diffusi, di cui parleremo nella seconda parte, devi avere prima qualche informazione sui 4 elementi di base che abbiamo appena elencato.
1. I generatori di calore
Quando parliamo di generatori di calore la prima associazione che viene automatica alla maggior parte delle persone è la classica caldaia a gas.
Ed effettivamente è la tipologia di generatore ancora più diffusa, almeno in Italia.
Il generatore è quell’elemento dell’impianto che ha lo scopo di trasformare una fonte di energia primaria in calore, con il quale scaldare il fluido termovettore diretto ai terminali.
Quindi per classificare le caldaie sono due gli elementi fondamentali da considerare:
Quale fonte di energia primaria utilizza
Quale fluido termovettore scalda
Le fonti di energia primaria usate per produrre calore
Le fonti di energia primaria utilizzate per generare calore sono principalmente tre: il gas, l’elettricità e le biomasse.
Se hai una caldaia a gas e ti arriva una bolletta stratosferica è perché la tua caldaia consuma come una piccola centrale nucleare.
Sebbene non sia strettamente necessario al nostro discorso, spendiamo due parole su queste tre fonti di energia primaria.
Gas
Con il gas da riscaldamento solitamente identifichiamo il metano, quello con la famosa fiamma blu. Ma può andar bene anche quello del bombolone che ti porta peppino col suo apecar.
Si tratta comunque di una fonte energetica che viene estratta da giacimenti nel sottosuolo e convogliata in enormi gasdotti lunghi anche decine di migliaia di chilometri, per arrivare fino a casa tua.
In Italia il metano arriva principalmente da Russia, Libia, Algeria, Grecia, Olanda e Norvegia.
Un problema di questa fonte di energia è che, come il petrolio, si va esaurendo. Certo non finirà domani, ma tra alcuni decenni sì.
L’altro problema è che inquina. Infatti per scaldare il gas deve bruciare. E ogni cosa che brucia emette dei fumi inquinanti.
E naturalmente, essendo molto infiammabile, è un potenziale pericolo per eventuali perdite che possono portare ad esplosioni. Sono rare ma ne abbiamo lette molte negli anni tra le notizie di cronaca.
Elettricità
L’elettricità al contrario è una fonte energetica potenzialmente non inquinante.
Ci sono da chiarire un paio di punti però:
Definire l’elettricità una “fonte di energia primaria” non è del tutto corretto. Non esiste elettricità in natura ma deve essere creata. Però per come arriva a noi, cioè attraverso la rete elettrica o autoprodotta con il fotovoltaico, possiamo fare la forzatura di considerarla primaria.
Se l’elettricità di per sé non rilascia inquinamento quando la usiamo, i processi attualmente usati per creare l’elettricità sono ancora in parte inquinanti.
Molta elettricità viene prodotta bruciando carbone, petrolio o derivati. Moltissima viene prodotta nelle centrali nucleari, che sicuramente inquinano di meno ma ci lasciano con il problema delle scorie radioattive da smaltire.
Ci sono poi le fonti di produzione non inquinanti: idroelettrico, geotermico, eolico, fotovoltaico.
L’obiettivo a lungo termine è produrre elettricità esclusivamente con fonti non inquinanti. Siamo in un periodo di transizione.
Ci sono due modi principali per produrre calore con l’energia elettrica:
Facendo passare una corrente elettrica dentro delle serpentine di metallo (“resistenze metalliche”). La corrente eccita gli elettroni che producono innalzamento di temperatura
Attivando un compressore che comprime un gas (fluido refrigerante).
Comprimendosi gli elettroni si eccitano e producono innalzamento di temperatura.
Il secondo processo è quello che vedremo sfruttano le pompe di calore. Ed è quello più economico ed efficiente.
In realtà la questione è molto più complessa di così…ma passami per buona questa estrema semplificazione.
Biomasse
Le biomasse utilizzate per il riscaldamento domestico nella sostanza sono il legno, i pellet e altri derivati del legno.
Per produrre calore devono bruciare.
E il loro problema è che quando bruciano producono tantissimo inquinamento. In particolare le tanto vituperate particelle PM10, cioè quel particolato di dimensioni inferiori a 10 micrometri (1 micrometro è pari ad 1 milionesimo di metro). Sostanze cancerogene che le nostre vie respiratorie non sono in grado di filtrare.
Se sei veneto come me sai benissimo tutte le polemiche che puntualmente ogni 6 di gennaio si scatenano per il picco di PM10 prodotte quando “si brucia la vecchia” la sera della befana.
Fino a pochi anni fa in ogni paese c’erano decine di falò e per i bambini era una festa. Ma negli ultimi anni sono stati vietati in molti posti proprio a causa dell’inquinamento prodotto.
Sia chiaro: come si bruciano le biomasse rappresenta un fattore discriminante in relazione all’inquinamento prodotto.
Quindi una caldaia a biomassa (ne parleremo a breve) non inquina come un falò. Ma immette comunque particelle dannose per la salute.
Fluido termovettore
Altro elemento che caratterizza un generatore di calore è il fluido termovettore che deve scaldare.
Il fluido termovettore è quell’elemento che materialmente trasporta il calore prodotto dal generatore fino ai terminali che lo cedono all’ambiente.
Possono essere di tre tipi: acqua, fluido refrigerante, aria.
L’acqua è sicuramente il fluido più comune negli impianti di riscaldamento: circola nei termosifoni, nei fan coli, o nei tubi del riscaldamento a pavimento. Gli impianti che utilizzano l’acqua come fluido termovettore sono detti idronici.
L’aria invece in ambito domestico è meno diffusa. Il motivo è che, a fronte di una disponibilità illimitata e di un basso peso specifico (meno pesa il fluido meno potenza ci vuole per farlo muovere), ha una bassa capacità di immagazzinare il calore. Quindi bisogna scaldare tanta aria per scaldare un ambiente.
E pertanto servono tubazioni molto grosse che mal si sposano con gli spazi ridotti di una casa.
In realtà alcune tipologie di impianti domestici che usano l’aria per riscaldare ci sono, li vedremo più avanti e vedremo però come l’aria sia utilizzata solo nell’ultimo tratto.
Infine i fluidi refrigeranti sono particolari sostanze che in base alla temperatura cambiano di fase (liquida-gassosa) e che sono quelli comunemente utilizzati per i condizionatori.
L’aria di cui parlavamo poche righe fa viene utilizzata in impianti con fluido refrigerante. Per ora segnati il nome VRF e ne riparleremo nella sezione 2 dedicata agli impianti.
Tipologie di generatori di calore
Finora tante parole ma non abbiamo ancora detto nulla di concreto…iniziamo parlando delle caldaie.
La principale distinzione tra i generatori di calore è data dall’energia primaria utilizzata:
Caldaia per il gas
Pompa di calore per l’elettricità
Stufa per le biomasse
Caldaia a gas: ormai è solo a condensazione
Il gas abbiamo detto essere principalmente il metano, ma anche i serbatoi a gpl che possono essere messi nei giardini, se casa tua non è raggiunta dalle linee del metano.
Le caldaie a gas in ambito domestico funzionano con fluidi termovettori ad acqua: cioè bruciando scaldano acqua.
Sono composte sostanzialmente da due elementi: un bruciatore e uno scambiatore.
Nel bruciatore il gas appunto brucia creando calore. A contatto con il bruciatore c’è lo scambiatore che trasferisce il calore all’acqua dei circuiti.
Gli scambiatori sono due (nell’immagine qui sopra ho semplificato) perché i circuiti necessari sono due: lo scambiatore primario scalda l’acqua del circuito di riscaldamento, mentre lo scambiatore secondario scalda l’acqua sanitaria, quella che usiamo per lavarci.
Perché due circuiti? Perché l’acqua dell’impianto di riscaldamento circola in un circuito chiuso. Cioè non viene costantemente presa dall’acquedotto e poi scaricata. Sarebbe un consumo inutile di acqua.
Chiaramente quest’acqua una volta scaldata se ne deve andare dalla caldaia. A noi serve che arrivi ai terminali dell’impianto. Ecco che c’è un terzo elemento: il circolatore. Che è una pompa che spinge l’acqua calda nel circuito di riscaldamento (nei rubinetti ci arriva per pressione quando li apriamo …).
Questo è il funzionamento di base di una caldaia. Però la tecnologia si è evoluta notevolmente negli anni, rendendole sempre più efficienti.
L’evoluzione tecnologica ha portato alle caldaie a condensazione.
Cosa fanno queste caldaie? Semplicemente sfruttano i fumi che vengono prodotti nel processo di combustione del gas per generare altro calore.
Questi fumi infatti sono caldi…perché sprecare questo calore?
In sostanza i fumi, invece di essere dispersi subito nell’aria, vengono riconvogliati verso lo scambiatore dove cedono ancora parte del calore che hanno. Alla fine di questo processo il fumo, che ha perso calore, condensa e si trasforma in goccioline d’acqua che vengono immesse nel sistema di scarico delle acque, mentre i restanti fumi vengono dispersi nell’aria attraverso la canna fumaria. Solo che escono ad una temperatura più bassa di circa 40° rispetto ad una caldaia normale.
Dal 2015 si possono produrre solo caldaie a condensazione, quelle normali sono fuori produzione. Quindi se qualcuno te ne propone una è un fondo di magazzino.
Le caldaie a gas riescono a produrre acqua ad alte temperature (tranquillamente fino a 80°) e sono dei generatori di calore istantanei.
Cioè ti serve acqua calda adesso e subito la producono. A differenza di altri sistemi non hanno bisogno di serbatoi di accumulo dell’acqua calda prodotta.
Pompa di calore: all’inizio erano solo condizionatori…
Se vai in un qualsiasi grande magazzino o in un portale online tipo convienesempre.it troverai una sfilza di condizionatori “a pompa di calore”.
In realtà non sono condizionatori ma climatizzatori e il motivo è proprio l’utilizzo della tecnologia “a pompa di calore”.
Sembra una supercazzola vero?
Ma non è così.
Un vecchio condizionatore ha solo la capacità di estrarre aria calda da un ambiente chiuso e cederlo all’ambiente aperto con lo scopo di raffrescare l’ambiente chiuso. Un frigorifero ti dice nulla? Funziona con questo principio.
La “pompa di calore” è un’evoluzione di questo concetto: infatti oltre a rinfrescare riscalda.
Questo in soldoni. Il funzionamento è molto più complesso e si basa sulla fisica.
Il principio base è estrarre energia termica da una fonte che può essere aria, acqua, terreno, per immetterla nell’ambiente che ci interessa alla temperatura che ci interessa.
La maggior parte delle pompe di calore in commercio estrae energia termica dall’aria esterna. E riesce a scaldare una casa anche quando la temperatura esterna è molto bassa (sicuramente inferiore a quella a cui vogliamo portare la temperatura interna)
Sembra impossibile vero?
Il principio fisico su cui si basa la pompa di calore è che, anche a basse temperature, l’aria/acqua/terreno hanno dell’energia termica da poter sfruttare.
Nel caso dell’aria ad esempio, una buona pompa di calore può funzionare anche con temperature esterne particolarmente basse (le pompe di calore più efficienti riescono a scaldare anche a temperature esterne di -20°).
Chiaramente questa “estrazione di energia” non avviene spontaneamente. Se fosse così ti basterebbe aprire la finestra in inverno e magicamente l’aria esterna gelata diventa calda quando entra in casa.
Per funzionare deve esserci qualcuno che esegue un lavoro allo scopo di estrarre il calore dall’aria e portarlo alla temperatura che ci serve. Questo qualcuno sono i compressori che si trovano nelle pompe di calore.
Il loro lavoro è comprimere un gas (il “fluido refrigerante” di cui abbiamo già parlato) a cui precedentemente abbiamo fatto assorbire l’energia termica esterna.
Hai presente che i climatizzatori hanno un’unità esterna con un grosso ventolone?
Questo ventolone spinge l’aria verso l’evaporatore. Nella sostanza dei tubi in cui passa il fluido refrigerante, che investito da questo flusso d’aria ne assorbe la temperatura.
Il fluido refrigerante a questo punto passa nel compressore. Quando comprimi qualcosa questo si scalda, ed ecco che abbiamo prodotto il calore che ci serve.
A questo punto il fluido refrigerante ormai caldo passa attraverso uno scambiatore, come quello della caldaia a condensazione, dove lo cede o all’acqua, nel caso degli impianti idronici, o all’aria nel caso di impianto ad aria.
La fonte di energia primaria la useremo soprattutto per far funzionare il compressore.
E solitamente questa energia è quella elettrica. In casi più rari il gas.
Quindi le pompe di calore possono essere idroniche (dette aria/acqua), cioè scaldano dell’acqua che gira all’interno dei circuiti (e che quindi alimenta dei termosifoni o dei fan coil).
Oppure le pompe di calore possono essere a gas refrigerante (dette aria/aria), cioè alimentano delle unità interne che immettono il calore prodotto nell’ambiente tramite delle ventole (i comuni split ad esempio).
Stufa a biomassa
Ho scritto stufa ma in realtà avrei dovuto scrivere caldaia.
Il motivo è che questo tipo di generatori fanno esattamente la stessa cosa delle caldaie a gas di cui abbiamo parlato poco fa: utilizzando una fiamma per scaldare l’acqua che circola nelle tubature dei circuiti sanitari e termici.
Solo che in queste caldaie a bruciare non è gas ma appunto biomassa.
Che, in ambito domestico, sono legno e derivati (pellet, segatura, cippato, etc.).
Non esistendo impianti di distribuzione delle biomasse a cui puoi collegare la tua casa, come per il gas e l’elettricità, devi essere tu a rifornire periodicamente di questi materiali la caldaia.
Motivo per cui generalmente è sconsigliato installare caldaie del genere in appartamenti dentro condomini. Tra l’altro potrebbero esserci problemi anche relativamente allo scarico dei fumi che devono avvenire obbligatoriamente con canna fumaria a tetto.
Detto ciò i pro di una caldaia di questo tipo sono i costi di gestione molto bassi e con ottima efficienza.
I contro invece sono il doversi rifornire di continuamente di materiale da bruciare.
In merito alla questione inquinamento non voglio addentrarmi in questioni delicate. C’è una lunga diatriba in corso tra Unione Europea e produttori di caldaie a biomassa in merito al reale inquinamento di questi sistemi.
Fatto innegabile è che producono fumi pm 2.5, quindi i peggiori per la salute. Bisogna anche dire che le moderne caldaie a pellet ne producono molto pochi.
La mia personale idea è che non siano una buona soluzione per riscaldare casa per troppe criticità che hanno.
2. Il fluido vettore
Su questo spenderemo poche parole perché ne abbiamo già ampiamente parlato nei paragrafi precedenti.
In ambito domestico il fluido vettore maggiormente utilizzato è l’acqua.
Si tratta di un ottimo vettore del calore perché riesce a portarne grandi quantità (di calore) in volumi relativamente piccoli, ed è disponibile in grande quantità.
Viene utilizzata sia con caldaie a gas, che con pompe di calore che con stufe a biomassa.
I gas refrigeranti invece sono appannaggio esclusivo delle pompe di calore: sono presenti sia nei modelli idronici che in quelli che siamo abituati a vedere frequentemente come gli split.
Nei modelli idronici abbiamo un doppio passaggio: il gas refrigerante scalda l’acqua contenuta in un serbatoio di accumulo che è collegato alle linee di riscaldamento e sanitaria.
Nei modelli ad aria il gas refrigerante va direttamente dalla pompa di calore al terminale (nel caso più banale lo split) dove cede il suo calore all’aria.
C’è infine l’aria che, in ambito domestico, viene utilizzata solo nei tratti terminali degli impianti a pompa di calorecanalizzati, dove unità a controsoffitto aspirano l’aria fredda dall’ambiente e la reimmettono calda dopo averla fatta passare attraverso uno scambiatore di calore in cui passa il fluido refrigerante. Questi impianti hanno canalizzazioni e bocchette (sono i VRF di cui parleremo più avanti).
3. Sistemi di distribuzione
I sistemi di distribuzione degli impianti di riscaldamento non sono altro che le tubature che collegano i generatori di calore con i terminali.
Queste tubature possono essere di rame o multistrato. E nei nuovi impianti presentano sempre uno strato isolante per non disperdere inutilmente calore dove non serve.
Nella maggior parte degli impianti a termosifoni o a pavimenti scaldanti, i sistemi di distribuzione sono del tipo a collettore: cioè l’acqua calda dei circuiti va ad un collettore centrale che poi lo distribuisce ai vari terminali.
Alternativa è l’anello: un tubo fa il “giro” della casa, quando arriva nei pressi di un termosifone si fa uno stacco con una mandata e un ritorno di acqua e poi il tubo torna alla caldaia con l’acqua fredda.
Questo sistema ha un inconveniente: rischia di lasciare gli ultimi terminali freddi perché l’acqua ha già ceduto la maggior parte del suo calore lungo la strada.
Nel caso di pompe di calore con liquido refrigerante, dal generatore partono tanti tubi di mandata e di ritorno quanti sono i terminali da fornire. Non ci sono collettori lungo la strada.
4. Terminali
Concludiamo l’analisi degli elementi fondamentali di un impianto di riscaldamento con i terminali, cioè quegli elementi che cedono il calore all’ambiente.
Li dobbiamo dividere in due tipologie: i terminali che cedono calore fornito dall’acqua (sistemi “idronici”) e i terminali che cedono calore fornito da liquido refrigerante (sistemi ad aria).
Tra i primi troviamo:
Radiatori (in tutte le declinazioni: termosifoni, termoarredi, scaldasalviette, etc.)
Riscaldamento a pavimento
Riscaldamento a battiscopa
Fan coil (ventilconvettori)
Tra i secondi:
Split (da terra o parete)
Unità a soffitto (o controsoffitto)
Con le unità a controsoffitto, oltre alle unità vanno considerate anche bocchette di immissione e ripresa dell’aria con le relative tubazioni che le collegano all’unità…sono i sistemi VRF di cui ti ho più volte parlato e che vedremo più avanti.
Con questo abbiamo fatto un rapido excursus dei vari elementi che compongono un impianto di riscaldamento.
Ho dedicato molto spazio ai generatori perché sono il vero cuore di un impianto e perché queste informazioni ci torneranno utili nella sezione 2.
Nella prossima parte vedremo le principali tipologie di impianti che si possono installare durante una ristrutturazione combinando quanto abbiamo descritto qui.
SEZIONE 2: LE PRINCIPALI TIPOLOGIE DI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO UTILIZZATI NELLE CASE
Premessa, che magari ripete quello che ho già scritto a inizio articolo ma dopo oltre tremila parole non fa male.
In questa sezione non ho intenzione di fare una panoramica completa sugli impianti di riscaldamento che puoi installare nella tua ristrutturazione.
Questo è un articolo e non un trattato di impiantistica.
E per lo stesso motivo non entrerò nel dettaglio degli aspetti tecnici. Che sono tanti e sono complessi.
Solo un avvertimento: anche l’impianto più semplice non può essere progettato dall’idraulico o dal venditore. Ci vuole sempre un tecnico che dimensioni e verifichi a monte.
Per quanto mi riguarda, quando devo affrontare un impianto semplice riesco a cavarmela da solo. Ma quando c’è da progettare qualcosa di più complesso mi avvalgo del supporto di un ingegnere specializzato in impiantistica.
Sarà banale dirlo ma troppo spesso un proprietario di casa non si rende conto di quanto sia importante dimensionare e progettare correttamente un impianto di riscaldamento. E di quanto non sia banale.
Detto ciò, ecco di quali impianti ti parlerò:
Impianti idronici (caldaia a gas/pompa di calore/stufa a biomassa + termosifoni/pannelli radianti/fan coil)
Impianti ad “aria” (pompa di calore + split/canalizzati)
Ce ne sarebbero molti altri, come ad esempio l’infrarossi o il radiante elettrico che possono essere presi in considerazione per casi particolari. Ma vorrei fermarmi a quelli più comuni e collaudati.
Impianti idronici
Credo di averti chiarito sufficientemente che gli impianti idronici sono quelli che usano l’acqua come mezzo per trasportare il calore dal generatore ai terminali.
Il più classico degli impianti idronici è quello con caldaia a gas metano e termosifoni in alluminio.
Ma questa tipologia di impianto può prevedere altri tipi di caldaia o di terminali. Approfondiamo.
Tipo 1: caldaia e radiatori
Prima di fare alcune considerazioni sulle caldaie che possono essere abbinate a questi impianti, vediamo quello che succede a valle delle caldaie stesse.
Dalla caldaia, per quanto riguarda il circuito di riscaldamento, parte un tubo con l’acqua calda in uscita e rientra un tubo con l’acqua fredda di ritorno.
Questo tubo va ad un collettore che deve essere installato in zona il più possibile baricentrica rispetto ai terminali, per evitare che alcuni termosifoni siano raggiunti da poca acqua calda.
Infatti dal collettore partono tanti tubi che trasportano acqua calda quanti sono i terminali. E naturalmente altrettanti tubi ritornano per riportare l’acqua fredda.
I terminali sono termosifoni o termoarredi (che non sono altro che termosifoni “fighi”).
I termosifoni sono elementi modulari all’interno dei quali passa l’acqua calda, la quale scalda il metallo (ottimo conduttore) che cede il calore all’ambiente.
Ogni termosifone è composto da un certo numero di elementi collegati tra loro, calcolato in base alla potenza di ogni singolo elemento e alle esigenze di progetto. Teoricamente se in una stanza senti freddo per risolvere il problema puoi semplicemente aggiungere uno o più elementi al termosifone esistente.
Ad ogni modo per riscaldare una stanza i termosifoni devono raggiungere una temperatura elevata: tra i 60° e i 70° (quindi l’acqua deve circolare fino a 80°).
Temperature così alte sono necessarie perché, essendo nella sostanza oggetti piccoli rispetto al volume di aria da scaldare della stanza, hanno bisogno di tanta potenza per riuscire a farlo. Quindi servono temperature alte.
Il riscaldamento a pavimento ha ovviato a questo problema…ma ne parliamo dopo.
Fino agli anni ’60 i termosifoni erano sempre in ghisa, poi sono stati sostituiti dall’alluminio che attualmente la fa da padrone come materiale e in acciaio (meno diffuso).
Concentriamoci su ghisa e alluminio e vediamone i pro e i contro:
I termosifoni in ghisa ci mettono una vita a scaldarsi. Però una volta caldi ci mettono due vite a raffreddarsi (si dice che hanno un’alta inerzia termica).
Quindi non scaldano subito ma scaldano per tanto tempo.
I termosifoni in alluminio invece fanno l’esatto contrario: si scaldano subito e si raffreddano ancora più velocemente (hanno bassa inerzia termica).
Quindi scaldano subito ma appena si spegne la caldaia si raffreddano.
Se con la ristrutturazione di casa tua rifai l’impianto di riscaldamento, e opti per quello classico, con ogni probabilità ti ritroverai ad installare radiatori in alluminio.
Se invece vuoi conservare i vecchi termosifoni in ghisa attento ad una cosa: gli impianti vecchi spesso erano sottodimensionati, quindi potresti aver bisogno di aumentare il numero di elementi scaldanti di ogni termosifone.
Il problema è che i vecchi termosifoni in ghisa, se provi a svitare o avvitare nuovi elementi, potrebbero rompersi.
Soprattutto dove l’acqua è molto calcarea e corrosiva, il metallo si è sicuramente rovinato.
Il risultato, che ho testato in alcune case, è stato quello di dover sostituire l’intero termosifone.
Proseguendo: da alcuni anni, peri rispondere alle prescrizioni di legge sull’efficienza energetica, in ogni termosifone deve essere installata una valvola termostatica.
Chiudiamo questo paragrafo evidenziando i principali problemi di questa tipologia di impianto.
Il principio di funzionamento è la convezione. Cioè scaldare una porzione d’aria fredda nelle vicinanze del termosifone. Quest’aria scaldandosi sale verso l’alto e viene sostituita da aria fredda che viene a sua volta scaldata, creando quelli che sono chiamati “moti convettivi”.
Cioè del vento.
Se ti metti vicino ad un termosifone in una stanza fredda potresti sentire chiaramente questa sorta di venticello.
Niente di sgradevole, però non consente un riscaldamento uniforme dell’ambiente e porta ad avere le parti alte delle stanze più calde delle parti basse. Quando a noi servirebbe esattamente il contrario.
Inoltre, per le persone allergiche, questo continuo ricircolo d’aria può costituire un problema perché può portare polveri varie.
Infine questi impianti hanno il difetto di rendere molto secca l’aria. Infatti spesso sono abbinati a umidificatori.
Non fraintendermi: come sistema di riscaldamento funziona bene, non per niente è stato quello che si è diffuso maggiormente…ma non consente di ottenere elevati livelli di confort termico e ambientale.
Capito in linea generale di cosa stiamo parlando, spendiamo due parole sulle caldaie che possono essere abbinate a questo impianto.
Caldaia a gas
Come abbiamo detto le caldaie a gas sono ormai tutte a condensazione.
Sono sistemi di riscaldamento “istantanei”: cioè producono calore, anche a temperature molto alte, a richiesta.
Non hai bisogno di un serbatoio di accumulo per tenere in caldo una certa quantità di acqua.
La caldaia, a seconda del modello, può essere installata internamente (con la dovuta areazione), oppure esternamente, magari in una nicchia apposita.
Queste caldaie, sebbene molto efficienti, emettono comunque dei fumi.
Questi fumi dovrebbero essere smaltiti attraverso la canna fumaria del condominio. In realtà mi capita frequentemente, negli appartamenti che ristrutturo, di non potermi inserire nelle canne fumarie condominiali. Perché mancano, perché non sono adeguate, spesso perché sono state tappate in copertura…
La norma consente, nel caso in cui non sia possibile intercettare una canna fumaria, di utilizzare la parete esterna più vicina per emettere i fumi (rispettando le dovute distanze dalle finestre limitrofe, prescritte per legge).
La potenza termica di una caldaia per un appartamento di medie dimensioni (tra i 60mq e i 150mq) solitamente varia tra i 23kw e i 28kw (dipende dalle esigenze degli utilizzatori e dalle caratteristiche dell’immobile).
Caldaia a pompa di calore
In questo caso il generatore è elettrico.
Se la caldaia a gas è un oggetto tutto sommato compatto che produce acqua calda istantaneamente, la pompa di calore è più ingombrante e non produce acqua calda istantaneamente.
Un sistema del genere infatti prevede la presenza di:
Un’unità esterna con lo scopo di recuperare l’energia termica dell’aria (oppure dell’acqua del sottosuolo per chi può), trasmetterla al liquido refrigerante e di comprimerlo così da scaldarlo;
Un “modulo idronico” interno, che in sostanza è un grande serbatoio d’acqua a cui il liquido refrigerante cede il calore prodotto.
Il modulo idronico è collegato alla rete dei termosifoni (e anche a quello dell’acqua calda sanitaria) che è identica a quella che ti ho descritto nel paragrafo precedente.
Questa è una descrizione veramente basilare, non esaustiva ed incompleta del sistema a pompa di calore idronica. Tra l’altro ci sono tante di quelle tecnologie in commercio legate alle pompe di calore che si potrebbe scrivere un libro.
Rispetto al classico sistema caldaia a gas + termosifoni, la pompa di calore presenta una soluzione che dovrebbe consentire di ottenere un buon risparmio in bolletta e di eliminare il gas dalla propria casa.
Inoltre sfrutta una fonte energetica pulita e non emette fumi, cioè non inquini.
In sostanza si tratta di un sistema più efficiente ed ecologico rispetto alla caldaia a gas e anche rispetto alla caldaia a biomassa.
C’è un problema però: la temperatura a cui le pompe di calore riescono a scaldare l’acqua.
Abbiamo detto che i termosifoni, se non correttamente dimensionati, possono aver bisogno di temperature dell’acqua molto alte (anche 80°) che una pompa di calore difficilmente riesce a raggiungere.
Nel caso di impianti a termosifoni, come indicazione generale le caldaie a pompa di calore lavorano meglio con terminali in alluminio che richiedono temperature di esercizio più basse e sono più reattivi.
Caldaia a biomassa
Per quanto riguarda le caldaie a biomassa tendenzialmente potrebbero funzionare come una normale caldaia a condensazione: quindi produrre acqua calda istantaneamente.
C’è da fare una riflessione però: abbiamo già accennato al fatto che una delle pecche di queste caldaie è l’inquinamento che producono.
Uno degli accorgimenti per diminuire in modo sensibile questo problema è utilizzare in modo efficiente la caldaia…
Per farlo normalmente alla caldaia a biomassa viene abbinato un sistema di accumulo simile a quello delle pompe di calore idroniche (chiamato puffer).
In questo modo la caldaia deve solo tenere in caldo la massa d’acqua del puffer e non deve accendersi e spegnersi ad ogni richiesta dell’impianto di riscaldamento.
In questo modo: inquini meno, risparmi, hai un riscaldamento più efficiente.
Con questo abbiamo detto tutto sugli impianti idronici a radiatori.
Passiamo ad un sistema più evoluto, rimanendo sempre nell’idronico.
Tipo 2: Caldaia e pannelli radianti
I pannelli radianti sono detti anche riscaldamento a pavimento.
Il funzionamento è semplice: vengono montate delle serpentine (tubi) in cui passa l’acqua calda sotto al pavimento.
Il calore viene ceduto prima al massetto che ricopre i tubi e poi all’intero ambiente da scaldare.
Immagina il calore prodotto da questa tipologia di impianti come una massa compatta di calore che sale dal pavimento.
Non hai aree fredde e aree calde. Tutto è esattamente alla temperatura che vuoi tu.
In realtà esistono anche i pannelli radianti a parete e a soffitto, anche se quello a pavimento è decisamente il più diffuso.
Sebbene il funzionamento di base di questo impianto sia identico a quello con i termosifoni, il principio con cui il calore viene immesso in ambiente è molto diverso.
Se per i termosifoni parliamo di convezione (ti ricordi che ti ho detto che scaldano l’aria nelle loro prossimità creando una sorta di vento?), per i pannelli radianti parliamo di riscaldamento ad irraggiamento.
Cioè una massa compatta di calore che scalda uniformemente l’aria. Un po’come fa il sole.
Questo fenomeno si ha quando la fonte di riscaldamento è molto grande rispetto al volume d’aria da riscaldare. L’intero pavimento è molto più grande di un singolo termosifone…
Questo sistema ha alcuni benefici:
L’ambiente è uniformemente riscaldato (l’abbiamo già detto)
Non si formano moti convettivi (quindi niente polvere in sospensione…)
La fonte di calore non deve essere ad elevate temperature
Questo terzo punto è fondamentale: l’acqua calda che passa dentro le tubazioni sotto al pavimento solitamente non supera i 35°.
Questo significa che la tua caldaia, qualunque essa sia, consumerà di meno.
Però bisogna mettere in evidenza anche gli aspetti negativi.
Non è un impianto che genera calore istantaneo. Il termosifone lo accendi e scalda. Il pannello radiante nel pavimento no…deve scaldare il massetto (ci vuole tempo) e poi deve scaldare uniformemente l’aria (ci vuole tempo).
Per questo motivo tali impianti sono “modulanti”, cioè stanno accesi costantemente (durante il periodo invernale) e viene modulata la temperatura dell’acqua per alzare o abbassare la temperatura interna.
Nonostante questo sono decisamente più economici di un impianto tradizionale perché scaldare l’acqua per tante ore a basse temperature richiede molta meno energia che scaldarla ad alte temperature per periodi brevi.
C’è da dire che negli ultimi anni sono stati messi a punto impianti molto più reattivi rispetto a prima (detti “a bassa inerzia”).
Detto ciò questi impianti funzionano bene anche in estate per raffrescare gli ambienti, se abbinati ad un generatore a pompa di calore: infatti facendo circolare acqua fredda al loro interno raffrescano gli ambienti.
In questo caso però è necessario installare anche un deumidificatore perché altrimenti si corre il rischio di formazione di condensa sul pavimento…rendendolo scivoloso!
Battiscopa radianti
Tra i sistemi idronici, come sotto-categoria dei pannelli radianti, troviamo il riscaldamento a battiscopa.
Si tratta di un tipo di impianto che non ho mai fatto installare e di cui posso parlare solo in virtù della documentazione tecnica che ho potuto leggere negli anni.
Intanto il funzionamento.
All’interno di un battiscopa largo 3cm e alto 15 cm (un battiscopa classico è 1,5×7) passano due tubi di rame in cu scorre l’acqua calda proveniente dalla caldaia e l’acqua fredda di ritorno.
Questi tubi sono inseriti in un sistema di lamelle metalliche che si scaldano e rilasciano il calore.
Questo calore fuoriesce da una sorta di griglia sopra il battiscopa stesso. In parte si diffonde direttamente nella stanza e in parte riscalda le pareti su cui è installato il battiscopa.
Queste pareti si scaldano uniformemente fino a circa 2 metri di altezza (poi si raffreddano) e rilasciano il calore nell’ambiente.
Si trasformano in sostanza in enormi pannelli radianti. Per questo è considerato simile a quello a pavimento (cioè radiante).
L’acqua all’interno dei tubi deve scorrere a circa 50° di temperatura, superiore a quella del riscaldamento a pavimento ma inferiore a quella dei termosifoni.
Però serve veramente poca acqua per scaldare i battiscopa, rendendolo un sistema efficiente ed economico.
Di buono ha che:
Riscalda in modo uniforme
Non necessità di grandi opere murarie per essere installato
Asciuga le pareti
Di negativo ha che:
Non puoi mettere mobili alle pareti (almeno dove esce l’aria calda)
Un battiscopa 3x15cm in una casa moderna è un pugno in un occhio…
Tipo 3: Caldaia e fan coil
Ho vissuto quasi quindici anni in una camera riscaldata con un ventilconvettore.
Tutto il resto della casa era scaldata con termosifoni normali. Siccome la mia stanza era molto più fredda di tutte le altre, i miei genitori, invece di prendere un termosifone più grande, hanno preso un ventilconvettore.
Per questo motivo l’acqua dentro i tubi girava a temperature più alte rispetto a quelle per cui sono previsti i ventilconvettori circa 50°).
Mi ricordo che quando era acceso, la camera diventava un inferno di fuoco in dieci minuti. Al ché io spegnevo (il termostato non andava un granchè bene…) e la camera diventava un ghiacciolo in cinque minuti.
Il fan coil, o ventilconvettore in italiano, detto in parole povere non è altro che un termosifone con una ventola.
Quindi è un sistema idronico.
[ATTENZIONE! Non confondere i ventilconvettori con le console a pompa di calore, che sono climatizzatori, e le stufette elettriche]
Perché installare un sistema di questo tipo al posto dei normali radiatori?
Scalda più velocemente
La temperatura dell’acqua è più bassa (circa 50°), quindi si risparmia
L’aria è più pulita perché le bocchette di ripresa ed emissione hanno dei filtri
Se abbinati al generatore giusto possono fare anche aria fredda
Perché non installare un sistema di questo tipo?
Le polveri circolano comunque proprio perché le ventole creano dei moti convettivi
Le ventole sono rumorose. Magari poco ma fanno rumore.
Non hanno capacità termica. Cioè appena li spegni diventano subito freddi (e di conseguenza anche la casa se non è isolata bene)
Impianti ad aria
Fatte le nostre riflessioni sugli impianti idronici vediamo l’alternativa: quelli ad aria.
Cerchiamo di capirci quando parliamo di impianti ad aria…perché non è proprio la definizione giusta.
Infatti anche un fan coil potrebbe essere considerato un impianto ad aria, visto che in qualche modo immette forzatamente aria riscaldata nell’ambiente (con la ventola). Ma non è così.
Potremmo parlare di impianto ad aria se dalla caldaia fuoriuscisse un flusso di aria calda che, attraverso delle tubazioni, viene diretto direttamente all’interno degli ambienti da riscaldare.
Questa cosa non è diffusa in ambito domestico (diverso in ambito terziario, commerciale e industriale).
Ad ogni modo comunemente si chiamano impianti ad aria quelli che associano una pompa di calore elettrica ad unità interne (per ora chiamiamoli split anche se è riduttivo).Per la precisione vengono chiamati impianti Aria-Aria (per distinguerli da quelli idronici Aria-Acqua), perché utilizzano l’aria esterna per creare calore che viene immesso sotto forma di aria calda all’interno.
La realtà è che questi impianti sono aria-liquido refrigerante-aria.
Non ti ripeto tutto il funzionamento della pompa di calore ma vorrei concentrarmi sulla parte “finale” di questa tipologia di impianti.
Che in realtà può fare tutta la differenza del mondo tra un impianto efficiente e uno non efficiente.
Infatti nella versione “banale” vengono installati semplicemente degli split interni.
Non metto in dubbio che in circolazione ci siano condizionatori di altissima qualità ed efficienza…ma raramente uno split per stanza può essere considerato un impianto di riscaldamento efficiente (anzi…raramente può essere considerato un impianto di riscaldamento).
Di base queste unità sono autonome, non hanno grande possibilità di programmazione, non sono associate a sonde interne ed esterne di rilevamento della temperatura, non sono coordinate tra di loro (cioè ne accendi uno e un altro no…scaldando la casa in modo non uniforme).
Poi, rispetto agli ambienti da scaldare, hanno bocchette piccole, quindi devono immettere molta aria, creando correnti che movimentano polvere con tutte le conseguenze che abbiamo già detto.
Non è questa la soluzione ideale per creare un clima confortevole in casa.
La soluzione migliore per i sistemi ad aria è il VRF (detti anche VRV) che sta per “flusso refrigerante variabile” (Variable Refrigerant Flow).
Impianti VRF
Sono sistemi nati per grandi spazi (negozi, uffici, fabbriche…) che però negli ultimi anni stanno avendo buona diffusione anche nel residenziale.
Il funzionamento di base non è molto diverso da quello di uno split. Solo che le unità interne solitamente sono incassate nel controsoffitto, totalmente invisibili, e immettono aria in ambiente attraverso delle bocchette che possono essere situate anche a molti metri di distanza dalla macchina stessa.
Per collegare le bocchette alla macchina interna si utilizzano dei tubi coibentati in cui circola l’aria calda (o fredda in estate).
Oltre alle bocchette di immissione dell’aria, devono essere presenti anche delle bocchette di ripresa dell’aria (il concetto è che tanta aria immetti in ambiente e tanta aria estrai dall’ambiente), le quali dovrebbero essere posizionate a dovuta distanza dalle prime per non recuperare subito l’aria appena climatizzata (uno dei problemi degli split…).
Per la presenza di queste tubazioni questi impianti si dicono anche canalizzati.
In sostanza il funzionamento delle unità interne è questa:
Una ventola nella macchina aspira l’aria dall’ambiente attraverso le bocchette;
L’aria passa attraverso la macchina dove il liquido refrigerante cede il calore (o il freddo in estate) – questa macchina è detta “evaporatore”;
Un’altra ventola spinge l’aria dentro le tubazioni fino alle bocchette per reimmetterla in ambiente alla temperatura richiesta.
Questo il funzionamento di base.
I pro di questo sistema sono:
Non vedi nulla se non le bocchette
Il sistema è completamente programmabile tramite sonde di temperatura interne all’ambiente (tipo i termostati delle caldaie) quindi puoi gestire in modo efficace la climatizzazione di tutta la casa
Le bocchette, se correttamente dimensionate, possono garantirti un flusso d’aria veramente minimo, quindi vengono limitate in modo sostanziale i problemi di circolazione delle polveri
I contro di questo sistema sono:
Devi realizzare controsoffitti per nascondere le unità interne (solitamente si cerca di posizionarle nei corridoi o in zone di passaggio) e tutte le tubazioni necessarie;
Va progettato e dimensionato correttamente per essere efficiente.
IMPIANTO DI RISCALDAMENTO PER LA TUA RISTRUTTURAZIONE: RIASSUNTO DEI PUNTI PRINCIPALI
Ci fermiamo qui. Ho scritto anche troppo…
Ricapitoliamo però i punti principali che abbiamo affrontato.
Abbiamo visto che un impianto di riscaldamento è composto da:
Un generatore di calore
Un fluido termovettore che trasporta il calore
Un sistema distributivo (dei tubi) che trasportano il fluido
Dei terminali che trasferiscono all’ambiente il calore del fluido
Abbiamo anche visto che i generatori di calore si possono dividere in base al tipo di energia che utilizzano per produrre calore:
Gas (caldaie)
Elettricità (pompe di calore)
Biomasse (stufe a legna, pellet, etc.)
E abbiamo anche visto che le pompe di calore sono le uniche che consentono di produrre contemporaneamente caldo e freddo.
In merito ai fluidi termovettori abbiamo visto essere sostanzialmente due:
Acqua
Liquido refrigerante
L’aria in ambito domestico è utilizzata solo nell’ultimo tratto di impianti canalizzati (VRF).
Gli impianti che usano l’acqua sono detti idronici, quelli che usano il liquido refrigerante spesso vengono chiamati aria-aria (i motivi non te li ripeto).
Per quanto riguarda i terminali abbiamo visto che possono essere:
Unità nascoste a controsoffitto (nei sistemi VRF)…
…queste abbinate a bocchette di mandata e di ripresa dell’aria
Combinando tutti questi elementi abbiamo i tipi di impianto maggiormente diffusi:
Idronici
Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + radiatori/fan coil -> acqua ad alta temperatura
Caldaia a gas/pompa di calore/caldaia biomassa + pannelli radianti -> acqua a bassa temperatura
Ad “aria” (liquido refrigerante)
Unità esterna + split
VRF (canalizzato)
Ti ribadisco che questi sono le tipologie principali di impianti che puoi installare.
Poi a seconda dei casi a loro puoi integrare fotovoltaico, solare termo, geotermico…tutti sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili.
E infine devi considerare che è buona cosa cercare di integrare anche la produzione di acqua calda sanitaria nel tuo generatore.
QUAL È IL MIGLIOR IMPIANTO PER LA TUA RISTRUTTURAZIONE?
Se trovi qualcuno che ti da una risposta a questa domanda senza aver attentamente valutato sia la tua casa che le tue esigenze…caccialo.
Un venditore di pompe di calore…ti dirà che quella è la soluzione migliore.
Un venditore di caldaie a condensazione…ti dirà che quella è la soluzione migliore.
Quindi il primo consiglio è: affidati ad un tecnico che abbia a cuore solo i tuoi interessi.
Personalmente, quando un cliente mi contatta per un progetto, se vedo che c’è un reale interesse verso ottenere impianti efficienti e che creino vero benessere…mi affido ad un collega specializzato per la loro progettazione.
(NB: Diffida anche dai tecnici tuttologi…)
Detto ciò alcune riflessioni possiamo farle.
Al giorno d’oggi tutti vogliono caldo in inverno e fresco in estate.
A fronte di questa considerazione, quando fai installare un nuovo impianto di riscaldamento durante la ristrutturazione, puoi rispondere in due modi:
Cerchi di risparmiare, non hai grandi pretese estetiche e ti accontenti di una qualità del caldo e del freddo non eccezionali
In questo caso opti per un classico impianto con caldaia a condensazione, termosifoni e qualche split sparso per casa.
La versione estrema di questo approccio è usare solo split per fare caldo e freddo.
Opti per sistemi integrati che possano produrre sia caldo che freddo e che siano il più possibile nascosti.
Quindi vai verso sistemi radianti con pompa di calore oppure Vrf (quindi sempre con pompa di calore).
Non ti dico che ci sia un approccio giusto e uno sbagliato, ogni persona deve fare i conti con tanti fattori che non sono solo legati ad aspetti economici.
Ricordati anche che un impianto di riscaldamento si inserisce sempre in un ambiente confinato, e le caratteristiche di questo ambiente sono determinanti per decidere quale sia il miglior sistema da installare.
In sostanza: un impianto efficiente dentro un involucro poco efficiente non darà mai un buon benessere interno e non ti consentirà di ottimizzare i consumi.
Dove possibile cura anche l’isolamento delle pareti, degli infissi e dei solai. Ti assicuro che anche se vivi in un condominio popolato da vecchietti che non accetteranno mai di spendere i loro soldi in un cappotto termico perché “io ho sempre passato l’inverno con quattro maglioni in casa e la mia stufetta elettrica e non ho mai avuto problemi”…in molti casi puoi realizzare un ottimo isolamento senza rompere le scatole a loro e senza perdere spazio interno tu.
Molto spesso basta poco per dare un nuovo look alla casa. Dalle pareti ai mobili, vediamo come personalizzare la casa utilizzando stickers e carta adesiva.
La parola d’ordine per una casa davvero unica e originale è – personalizzazione – e un nuovo strumento per lavorare su questo aspetto è l’uso degli stickers. Non confondiamo i semplici adesivi che utilizzavamo per decorare il diario di scuola. Lo sticker negli ultimi anni si è evoluto e ha raggiunto le grandi dimensioni per andare a rivestire anche pareti intere, oggetti e persino gli arredi.
Infatti, oggi possiamo scegliere di acquistare la carta adesiva per mobili utilizzandola per rivestire superfici intere dai piani d’appoggio ai frontali di ante e cassetti per cambiare volto ai complementi della casa. Gli sticker rivestono anche piccoli oggetti di uso quotidiano e il campo non si concentra solo sul mondo giovanile: rivestire il pc o la playstation può essere divertente ma anche ricoprire porte, specchi, testate del letto diverte e stimola la fantasia anche dei più grandi. E non solo. Via libera agli stickers in camera da letto, in soggiorno e in cucina, ricopriamo ante rovinate, frontali di un colore ormai superato oppure dettagli di un arredo che pensavamo quasi di sostituire.
La nuova lavagna
La proposta della carta adesiva effetto lavagna è ideale per chi desidera inserire un tocco industriale in cucina o per creare un angolo gioco in cameretta con il quale il bambino può interagire. Infatti, il kit a scelta può includere anche i gessetti per scrivere direttamente sulla superficie e può avere altri elementi abbinabili in coordinato.
Un buon risveglio
Motivare di prima mattina, ecco l’obbiettivo dello sticker -pretty- applicato sullo specchio, un dettaglio che mette il buon umore! Gli stickers anche di piccole dimensioni possono diventare un dettaglio accattivante del pezzo d’arredo che lo distingue dagli altri. Si adatta alle dimensioni desiderate per aderire perfettamente alle misure del supporto.
Neo-vintage
Recuperate una vecchia cassettiera dalla cantina e ricoprite i frontali con la carta adesiva per mobili: il risultato sarà un sorprendente arredo vintage unico nel suo genere, basta scegliere delle tonalità che vadano a richiamare gli arredi attuali della casa e il gioco è fatto.
Frigorifero d’arte
Forse vi è già capitato di vedere dei frigoriferi personalizzati ma solo a livello cromatico. Allora perché non scegliere in una casa completamente pop uno sticker a tema anche per il frigorifero? È una buona superficie da sfruttare per osare con le immagini e aggiungerà carattere alla cucina.
Jugle style
Questa volta passiamo dagli stickers alla carta da parati e nello specifico proponiamo una soluzione di carta da parati per la camera da letto. Ebbene si, perché nel grande gruppo delle personalizzazioni non possiamo dimenticare quella che era una grande tendenza ormai ritornata e riconfermata della carta da parati. La moda del momento ci suggerisce una scelta fatta di foliage e natura che entra nella stanza e circonda il letto.
La casa ha vissuto negli ultimi mesi un ruolo strategico e da semplice luogo in cui si tornava solo la sera è diventato un luogo in cui vivere H24, un luogo di protezione, di lavoro, di studio e anche un luogo in cui fare piccole feste; visti i cambiamenti nelle abitudini sociali, molti hanno ripensato alle funzionalità e all’estetica della propria casa, con una gran voglia di cambiamento e di miglioramento. Molte famiglie vivono nel dubbio se ristrutturare la casa in cui abitano o rivenderla per comprarne una nuova o già ristrutturata, a seconda del budget. L’eventuale esecuzione dei lavori edili ed impiantistici è fonte di grande preoccupazione, vuoi per gli aspetti logistici ( “Dove andiamo a vivere nel frattempo che facciamo i lavori?”), vuoi per gli aspetti economici ( “Quanto mi costerà?” “Dovremo spendere tutti i nostri risparmi?”).
Per risolvere gli aspetti economici molti hanno la necessità di affidarsi ad un finanziamento erogato dalle banche per ristrutturare internamente o esternamente la propria abitazione. Altri, pur avendo un gruzzoletto da parte, preferiscono non sprovvedersene e decidono di prendere un prestito per far fronte ai lavori di ristrutturazione. Le banche mettono a disposizione un vero e proprio mutuo denominato “mutuo ristrutturazione”, con dei tassi di interesse vantaggiosi rispetto ad un finanziamento tradizionale e anche i tempi di erogazione sono più brevi rispetto ad altri tipi di mutuo. E’ una possibilità da prendere seriamente in considerazione, perchè di fatto dà la possibilità di pagare l’impresa per i lavori di ristrutturazione svolti e di restituirli alla banca con delle rate mensili.
E’ un occasione per riqualificare il proprio immobile con delle ripercussioni positive sulla qualità della vita futura di tutta la famiglia.
Come ottenere il mutuo ristrutturazione
L’iter per richiedere un mutuo per la ristrutturazione della casa non è molto diverso da quello richiesto per l’acquisto della casa. La banca chiederà a chi intende usufruire di questo mutuo una serie di documenti tra i quali:
documenti anagrafici dei richiedenti
documenti catastali dell’immobile
i documenti relativi alla situazione reddituale dei richiedenti, per valutarne la capacità di capienza
il computo metrico estimativo.
i documenti comprovanti la ristrutturazione in corso, come S.c.i.a. o Permesso di costruire, a seconda del tipo di intervento che si andrà ad effettuare.
Per poter avere la documentazione comprovante la ristrutturazione in corso, bisognerà prima essersi affidati ad un tecnico competente, che redigerà un progetto per definire gli interventi da fare; il tecnico redigerà la pratica da presentare agli enti per ottenere i permessi per realizzare l’opera.
Sempre il tecnico redigerà il computo metrico estimativo, ovvero l’elenco delle lavorazioni da svolgere e il relativo prezzo sulla base del Prezziario regionale.
Con il computo metrico estimativo ci si rivolgerà ad un’impresa edile che eseguirà i lavori di ristrutturazione. L’impresa redigerà un preventivo proprio sulla base del computo metrico presentato. Se i lavori comprendono anche lavori impiantistici bisognerà contattare anche un idraulico e un elettricista per avere un loro preventivo.
Bisogna saper leggere il preventivo delle imprese edili e degli artigiani perché molte imprese, per tenere i prezzi bassi, omettono alcune lavorazioni e poi alla fine dei lavori il conto presentato è molto più alto del preventivo, quindi bisogna affidarsi ad un’impresa seria e professionale, in grado di svolgere lavori di alta qualità. Ci sono delle imprese di costruzioni che offrono il servizio chiavi in mano, ovvero seguono l’iter della ristrutturazione dalla fase progettuale a quella esecutiva sia delle opere edili che impiantistici, facendo risparmiare al committente tempo, energie e permettendogli di avere un controllo più facile dei costi.
Caratteristiche del mutuo ristrutturazione
In base alle proprie esigenze, il richiedente potrà scegliere tra tasso variabile o fisso (o misto), mentre sulla durata del mutuo incideranno l’entità della ristrutturazione e la situazione economica del richiedente. L’entità dell’importo che si può ottenere varia in base alle condizioni offerte dalle banche e può giungere sino all’80% del valore dell’immobile.
Rispetto ad altri tipi di finanziamento, nel mutuo ristrutturazione variano i tempi di erogazione delle somme: il credito potrà essere messo a disposizione in un’unica soluzione, all’inizio o al termine dei lavori, oppure in più tranche in base allo stato di avanzamento dei lavori (SAL).
Come usufruire del bonus ristrutturazione
La legge prevede che i contribuenti che ristrutturano le abitazioni possono beneficiare di una detrazione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) di una parte delle spese sostenute per i lavori. Questa agevolazione, nota come bonus ristrutturazione, è rivolta a una serie di soggetti, tra cui tra cui i proprietari degli immobili oggetto dell’intervento, ma anche i titolari di diritti reali/personali di godimento sugli immobili, oppure gli inquilini, che sostengono le spese per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati dall’art. 16-bis, comma 1, del TUIR.
Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2020 si potrà di beneficiare di una detrazione dall’Irpef del 50% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare.
Inoltre, se l’immobile da ristrutturare è abitazione principale, il mutuatario potrà anche portare in detrazione, ai fini Irpef, il 19% degli interessi passivi e degli oneri accessori, limitatamente all’importo del mutuo, sino a un massimo di 4.000 euro ogni anno.
In fase di dichiarazione dei redditi, bisognerà portare al al commercialista o agli sportelli dedicati le fatture e le distinte di bonifico pagate per poter usufruire della detrazione fiscale. Quando si predispone il bonifico all’impresa di costruzione per i lavori svolti bisogna avere l’accortezza di flaggare l’apposita causale “ristrutturazione edilizia”, in questo modo l’impresa riceverà un pagamento dal quale detratto l’8% dell’importo bonificato.
E’ vero, alla fine ci si ritroverà una rata in più da pagare a fine mese, ma ci si ritroverà anche con un’immobile riqualificato e il cui valore di mercato sarà sicuramente aumentato. Ma il vero valore sarà di vivere in una casa che profuma di nuovo e che migliorerà la qualità della vita di chi lo abita.