Questa casa, chiamata Foresthouse, per ovvi motivi, immersa tra gli alberi in una foresta della Nuova Zelanda è stata progettata come rifugio per il fine settimana per l'architetto Chris Tate, per ottenere il permesso per realizzare questo parallelepipedo di 90 mq nel bel mezzo della foresta è stato necessario ridurre al minimo l'impatto ambientale, la casa è sollevata dal suolo su pali, come una palafitta e può essere raggiunta solo a piedi, con una scala
L'esterno della casa e quasi totalmente vetrato è completamente nero con il rivestimento in legno e colonne in alluminio, l'interno è praticamente tutto bianco.
The house hidden in the forest
This house called the Foresthouse, for obvious reasons, nestled in the trees in a New Zealand forest was designed as a weekend refuge for the architect Chris Tate, to obtain permission to build this 90 sq m parallelepiped in the middle of the forest it was necessary to minimize the environmental impact, the house is raised from the ground on poles, like a stilt house and can only be reached on foot, with a ladder
The exterior of the house is almost completely glazed and completely black with wooden cladding and aluminum columns, the interior is practically all white.
Come stiamo vivendo le nostre case in questi giorni di “quarantena”? Quali sono gli spazi che amiamo delle nostre case? Quali quelli che non avremmo proprio scelto che fossero così? Le consideriamo nostre alleate, la nostra terza pelle? O finiamo per sentirle come delle prigioni? Da qui l’idea di osservare le nostre case in questi giorni di quarantena, di studiare i diversi modi di “abitare le case”.
Tantissime riflessioni, domande e sforzi progettuali sono scaturite a partire dall’analisi di questa situazione attuale, che ci spinge a stare in casa 24h al giorno, quando prima le “abitavamo” poche ore al giorno, giusto il tempo di dormire, fare colazione e tornare la sera per mangiare (alcuni solo per dormire nuovamente).
Molti stanno affrontando da diversi punti di vista la casa, l’abitare e la quarantena e tra tutti anche il mondo dell’architettura! Da Domusweb che ha creato uno speciale ad hoc intitolato “Coronavirus e quarantena: come cambia la vita in quarantena“, alle varie testate giornalistiche, a studenti di architettura del Politecnico di Milano dove è nato il laboratorio Quarantined house-lives. A biography…di cui faccio parte come tutor (qui se volete approfondire) e poi ancora sfide di architettura come Quarantine Archi Challenge.
Modi di abitare: tre progettiste “green”
Sui modi di “abitare le case” in questi giorni di quarantena, ha iniziato a interrogarsi anche lo studio di architettura Archingreen, fondato dall’arch. Emanuela Cacopardo e ing. Roberta Tredici, che stimo molto e che ho avuto occasione di conoscere di persona visitando una casa di paglia progettata da loro (qui l’articolo).
Mi racconta Emanuela: “L’idea è nata da un gioco abbastanza spontaneo, ovvero catturare con il cellulare momenti di quotidianità in cui ci stiamo trovando a usare la casa in modi che mai avremmo immaginato (in questo i bambini sono spunti inesauribili). Però le riflessioni sono andate anche oltre: quali aspetti del nostro appartamento ci stanno aiutando a soddisfare tutte le esigenze che stanno emergendo, e quali invece rappresentano dei limiti? E quali limiti possiamo reinterpretare traducendoli in virtù?
E così ci siamo sentite (con una videochiamata a distanza!) e abbiamo pensato di affrontare questa “ricerca” e questa “osservazione” insieme. A partire dalle nostre case, piene di bambini! Ma chiedendo anche ai nostri amici, colleghi, familiari o studenti di condividere con noi i loro modi di “abitare la casa”. Le loro strategie, la loro capacità di adattarsi agli spazi della casa e la capacità della casa di adattarsi a loro.
Restiamo a casa ma “viviamo” la casa
Tutti (o quasi) a casa in questi giorni, nel pieno rispetto del celebre #iorestoacasa, stiamo facendo i conti con le caratteristiche delle nostre residenze, spesso pensate e, in alcuni casi, strapagate, per essere bellissime dimore dove tornare a casa la sera o dove ospitare gli amici durante le serate dei weekend.
Che si tratti di case recenti o di qualche decennio fa, è innegabile che siamo da sempre abituati a vivere le nostre abitazioni solo in determinate fasce orarie, mattina e sera nella media, e nonostante passiamo la maggior parte del nostro tempo chiusi all’interno di qualche edificio (80-90% delle giornate, nei Paesi definiti “sviluppati” da un punto di vista economico), generalmente non si tratta di casa nostra.
Spesso i parametri di giudizio nei confronti di una residenza si limitavano alla ricerca del bello e presentabile agli occhi degli altri. A volte abbiamo sacrificato la personalizzazione dei nostri spazi per rispondere alla domanda: cosa fa tendenza?
A questo aggiungiamo l’approccio ancora oggi estremamente funzionale di noi progettisti al disegno degli spazi abitativi. Le visioni di Le Corbusier e Walter Gropius, maestri dell’architettura del primo ‘900, hanno portato a guardare alla casa come a una macchina per abitare, pensata in termini di superfici minime abitabili e rapporti aeroilluminanti, in risposta alla normativa e agli Existenz Minimum.
Di sicuro il funzionalismo è stato un passo importante per l’architettura ma se non ci si focalizza sulle necessità dei suoi “abitanti”, c’è il rischio che la casa non sia più in funzione dell’uomo ma l’uomo in funzione della casa. Abitare non è solo un aspetto funzionale. E sta venendo fuori ora che non usiamo più le nostre case come semplici dormitori, ma le viviamo incessantemente e in modo intensivo.
Progettiste di case in quarantena
E’ giusto che noi professionisti ci facciamo delle domande e prendiamo il più possibile spunti, da questo periodo di permanenza forzata, su quali dovrebbero essere i nuovi modelli abitativi. Cos’è Casa? Cos’è abitare? In che modo casa nostra rispecchia le nostre esigenze abitative? Come abitiamo ora e come vorremmo “abitare le case” in cui viviamo?
Il benessere dell’individuo nel luogo in cui vive dovrebbe essere l’obiettivo prioritario di noi progettisti.
Con Emanuela e Roberta condividiamo alcuni obiettivi. Da qualche anno ci concentriamo sull’uso di materiali naturali nei nostri progetti, convinte che il benessere e il comfort dipendano dalla qualità dell’aria indoor e quindi dalla salubrità delle nostre abitazioni. Io principalmente nelle ristrutturazioni, loro anche in nuove costruzioni!
Quello che ci accomuna è la stessa visione rispetto a un costruire sostenibile e un confronto, avvenuto qualche giorno fa, proprio rispetto a tutti questi temi: esigenza di una sostenibilità non solo delle scelte tecnologiche ma anche del concept progettuale.
Abitare le case in quarantena
In questo momento più di altri tutte e tre vestiamo contemporaneamente i panni di progettiste, donne, madri, alle prese con famiglie chiuse in casa, e riteniamo stimolante farci delle domande su quali siano i bisogni abitativi emergenti ora, e come gli spazi a nostra disposizione possano rispondere a questi. La casa è per tutti noi diventata un set sul quale vanno in scena gli eventi più disparati, dalle lezioni online, all’educazione motoria, ai laboratori creativi. Stiamo scoprendo che le case si possono adattare alle nostre esigenze e, perché no, anche agli stati d’animo. Sta diventando un gioco individuare le molteplici possibilità che possono offrire un soggiorno o un corridoio, o gli elementi di arredo, ma per giocare dobbiamo uscire dagli schemi ai quali siamo stati da sempre abituati. Ora di sicuro non serve a nessuno che il soggiorno sia in perfetto ordine.
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E’ nata così l’idea di catturare e condividere alcuni di questi momenti in cui la casa si trasforma in un set, perché dalla catalogazione di questi emergeranno molti spunti preziosi per ripensare le case di domani.
Non restiamo a casa, ma viviamo la casa, perché nel gioco dei set stiamo scoprendo che il tempo trascorso nelle nostre abitazioni non è solo una questione di quantità ma principalmente di qualità.
Allora rivolgiamo a tutti queste domande: La tua casa è veramente per te? Che modifiche stai attuando per renderla tua?
A cura di Chiara Baravalle con Emanuela Cacopardo e Roberta Tredici (Archingreen)
Mai come nell’ultimo decennio la ristorazione ha iniziato a far parte della nostra quotidianità. Sebbene l’Italia possa vantare un patrimonio costituito da un bagaglio di esperienze familiari e, comunque, una tradizione alle spalle di tipo regionale, l’avvento del settore sulla scena mediatica ne ha amplificato esponenzialmente la portata, non solo sul territorio nazionale.
Ogni paese e nazione ha dimostrato apertura sul tema e, paradossalmente, un fenomeno mondiale ha finito per esaltare ancor di più la territorialità. Nulla è più distintivo del tradizionale; tradizionale è ciò che per un abitante del posto è la norma, ma diventa qualcosa di sorprendente per chi come norma ha altri canoni.
Tecniche, piatti, personalità spiccate si fondono con l’intorno, ovvero gli ambienti, il modo di presentare, la degustazione, il clima, l’architettura, il design, la musica. Ogni aspetto, curato nel dettaglio, contribuisce alla finalità del ristoratore o dello Chef: creare un’esperienza unica per il cliente. Nulla può essere tralasciato, perché nella galassia dell’offerta distinguersi è tutto, specializzarsi e rendere unico il tempo trascorso al tavolo è l’unico mezzo per poter durare. Viene a mente la frase del celebre poeta-filosofo francese Paul Valery: “chi vuole fare grandi cose deve pensare profondamente ai dettagli”.
ATIproject ha un team multidisciplinare che nel tempo ne ha costituito uno dei principali punti di forza. Professionisti esperti di acustica indoor certificati, lighting designer e daylight designer prendono parte al team di progettazione architettonica dedicato alla creazione di spazi unici nel suo genere. Il tratto comune è uno: la sostenibilità, delle scelte progettuali e dei materiali. Il ristorante Salza di Pisa ne è un esempio.
Sostenibile, nel senso largo del termine, include anche tutti gli aspetti di comfort interno che i clienti sperimenteranno. Finiture naturali, spazi proporzionati e caratteristici, mescolano le nuove tendenze allo stile industriale di un edificio che testimonia una diversa destinazione d’uso precedente. La personalizzazione la fa da padrone.
Modelli freestanding e da appoggio, ecco le vasche da bagno più attuali pensate per adattarsi a ogni tipo di ambiente valorizzandone l’impatto estetico.
Negli ultimi tempi la stanza da bagno ha subito grandi trasformazioni e, da luogo funzionale, è diventato l’ambiente della casa dedicato al nostro benessere e relax, dove non può assolutamente mancare la vasca da bagno.
Rettangolari, ovali, ad angolo, ecco per voi una selezione delle vasche da bagno più attuali per arredare un bagno contemporaneo.
Vasche freestanding BELT e PANIER di Arbi
Le vasche da bagno freestanding rappresentano una tendenza sempre più attuale in tema di arredo bagno poiché, oltre a garantire il massimo relax, sono in grado di donare all’ambiente quel tocco di elegante originalità.
Belt e Panier sono i due modelli disegnatida Meneghello Paolelli Associati che uniscono linee dinamiche, design esclusivo e massima funzionalità.
Belt è la vasca freestanding caratterizzata da geometrie essenziali, tratti morbidi e arrotondati. Realizzata in tekno – materiale durevole, resistente e di elevato pregio – è contraddistinta da un’elegante superficie opaca, enfatizzata da un’estetica rigorosa e minimale.
Il nome della linea “Belt” nasce dalla particolarità del bordo esterno che appare avvolto e strizzato da una “cintura”; questo particolare formale determina una variazione di profondità materica che scaturisce un interessante gioco di luci e ombre. Il volume si alleggerisce e si staglia così verso l’alto, trasmettendo una sensazione di leggerezza e di raffinata pulizia estetica.
La vasca freestanding Panier è disponibile in finitura tekno oppure in mineralguss; il profilo superiore dalla forma tondeggiante si unisce alla base squadrata, generando un delicato morphing e ricordando il classico “panier” da cui deriva il nome. Gli eleganti bordi dagli spessori ultrasottili ne esaltano lo stile, donando alla stanza da bagno un tocco di fascino e raffinatezza, senza tralasciare l’aspetto funzionale grazie all’ampio bacino. Panier predilige un’estetica morbida che annulla gli spigoli e gli angoli vivi a favore delle curve, la soluzione ideale per l’arredo bagno in stile contemporaneo.
Vasca Slim Edge di Grandform
Slim Edge di Grandform è la vasca dal design moderno ed elegante che impreziosisce l’ambiente bagno in cui è inserita donando forte personalità allo spazio e regalando un’oasi di relax in cui lasciarsi abbandonare dopo una giornata pesante.
Alla classica versione rettangolare con bordi arrotondati, ideale per soluzioni a centro parete, sono presenti anche Slim Edge asimmetrica, Slim Edge rettangolare con spigoli e Slim Edge rettangolare pannellabile in legno.
Slim Edge centro parete si caratterizza per gli angoli smussati, ideali per conferire alla vasca un aspetto elegante ed estremamente raffinato. I bordi sottili conferiscono leggerezza e permettono di sfruttare al massimo lo spazio interno, il bordo più ampio accoglie la rubinetteria e i tasti per l’attivazione del sistema idromassaggio, ma fornisce anche una base d’appoggio. L’abbinamento del pannello frontale con i pannelli laterali crea angoli morbidi e smussati, all’insegna del comfort. Dimensioni disponibili: 170×70 e 180×80 cm.
Slim Edge asimmetrica riassume in sé l’essenzialità di un design dalle linee sottili, reinterpretato in una forma insolita e non convenzionale. Anche in questa versione, i bordi sottili rendono la silhouette leggera; mentre il bordo più ampio accoglie la rubinetteria e la pulsanteria per l’idromassaggio. Slim Edge asimmetrica è la soluzione perfetta per chiunque desideri creare un ambiente bagno diverso dal solito e che sappia creare un’atmosfera unica e ricercata. Dimensioni: 160×90 cm.
Slim Edge rettangolare conquista con le sue linee rigorose, i profili decisi e il design pulito. Grazie agli angoli definiti è perfetta per inserimenti ad angolo per sfruttare al meglio gli spazi dell’ambiente bagno. Gli interni della vasca sono spaziosi e comodi per offrire un vero momento di relax. I bordi sottili rendono ancora più elegante l’estetica, donando un effetto finale moderno e di tendenza. Dimensioni: 170×70 cm.
Slim Edge rettangolare pannellabile in legno cattura gli sguardi con le sue finiture ricercate e particolari. Il legno è da sempre sinonimo di calore, comfort e ritorno alle origini. Un materiale molto apprezzato nell’ambiente bagno, soprattutto se abbinato con altri materiali quali il metacrilato, il solid surface, le resine, per creare giochi di contrasti materici. Le finiture disponibili per i pannelli sono: Rovere, Rovere Nature, e Tabacco. Dimensioni: 170×70 cm.
Tutte le versioni di Slim Edge sono disponibili con tre diversi sistemi idroterapici.
Vasca FREE di Planit
Grazie allo spazio abbondante e alle linee morbide che ricordano quelle del corpo, la vasca FREE è perfetta per accogliere chiunque con naturalezza. Le curve eleganti e sinuose di questo modello consentono posizioni comode sia con le ginocchia flesse sia distese.
La possibilità di inserire uno schienale coordinato, dotato di scanalature per tre diverse inclinazioni da un tocco aggiuntivo di relax che completa e porta alla perfezione questa ogni momento. Non ci sono limiti alla progettazione. Questo il mantra che spinge PLANIT a sfidarsi costantemente cercando sempre soluzioni diverse attraverso la sua specializzazione ventennale nella lavorazione del Corian® e cioè nella tecnica della termoformatura.